"Quell'emozione carica di quasi 1700 anni di storia"

Chiesa e archeologia: intervista all’archeologo Paolo Lorizzo

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di Nicola Rosetti

SAN BENEDETTO DEL TRONTO, sabato, 17 novembre 2012 (ZENIT.org).- Abbiamo intervistato Paolo Lorizzo, che scrive su ZENIT articoli che fanno conoscere al grande pubblico l’archeologia cristiana.

Molte chiese di Roma nascondono beni archeologici di grande valore storico e religioso. A che punto si trova la conoscenza da parte del grande pubblico di questi beni? Sono sufficientemente visitati dai fedeli e dai turisti, oppure necessitano di essere maggiormente pubblicizzati?

La maggior parte di essi sono conosciuti, ma a Roma sono presenti anche piccoli angoli, nicchie, veri e propri “gioiellini” che il grande pubblico purtroppo  ignora. E uno degli obiettivi principali della mia collaborazione con ZENIT è proprio quello di far conoscere questi beni per rendere lo spettatore ancora più vicino a queste aree che, pur non essendo incluse negli itinerari classici, sono di grande interesse.

Qual è lo scavo archeologico che lei ha visitato che maggiormente l’ha colpita?

Ci sono molti contesti ecclesiali che sono di grandissima rilevanza, potrei citare qualche catacomba  e in particolare quella dei santi Marcellino e Pietro, una delle realtà veramente più interessanti dal punto di vista  della fede e una delle più vaste. Mi sento particolarmente attratto dalle piccole chiese dimenticate come per esempio quella di San Bernardo alle Terme, alla quale ho recentemente dedicato un articolo su ZENIT, che si trova dietro alle terme di Diocleziano: ogni volta che ci entro, pur non avendo nulla di così appariscente dal punto di vista archeologico, mi trasmette quell’emozione carica di quasi 1700 anni di storia. La trasformazione in spazio religioso non ha cancellato del tutto, anzi ha conservato, la forma del precedente spazio termale.

L’archeologia cristiana può essere una via di catechesi? La vista a qualche scavo archeologico può toccare l’ambito della fede?

Sì certamente, l’importante è che si apprezzi l’aspetto artistico integrandolo con quello storico spirituale. Quando noi vediamo una bella statua, un bel monumento, o qualsiasi cosa che trasmette emozione, riusciamo a percepire  il vero significato della parte storica artistica, vivendolo con il nostro sentimento, quindi con l’anima. Questa integrazione dell’aspetto spirituale con quello artistico è necessaria per poter cogliere in modo completo quelle strutture che sono state costruite per celebrare i sacramenti della Chiesa.

Secondo lei nella scuola statale è abbastanza approfondito il discorso religioso che c’è dietro a certi beni archeologici oppure si deve lavorare ancora molto in tal senso? C’è una lettura superficiale delle testimonianze archeologiche presenti a Roma?

Sicuramente la scuola si adopera molto per far conoscere i beni archeologici, storici e religiosi presenti a Roma.  Io credo però che questo slancio debba partire dalla famiglia. Le scuole fanno molto per avvicinare i ragazzi a queste realtà, per esempio  approvano dei progetti, ma se non c’è quella spinta, quella forza che viene dalla famiglia, molto spesso non si riesce a far capire l’essenza di un bene archeologico o artistico.

[Per gentile concessione de L’Àncora, il giornale online della diocesi di San Benedetto del Tronto]

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ZENIT Staff

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