Quei "sì, ma…" che diciamo davanti alla salvezza di Dio

Il Papa, a Santa Marta, augura che la Settimana Santa liberi i cristiani dai “capricci spirituali” e dalle “mormorazioni” in cui spesso incorrono perché non comprendono lo “stile divino”

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Basta con questi “sì, ma…” davanti alle richieste di Dio. Basta pure con quei “capricci spirituali” che facciamo quando “lo stile divino” non combacia con il nostro. E basta anche con quella “mormorazione” che, come il popolo di Israele, porta a “sparlare” di Dio e ad avvelenare il cuore.

Sono immagini efficaci quelle che usa Papa Francesco nella Messa di oggi a Santa Marta, per descrivere l’atteggiamento critico e polemico in cui spesso scadono i cristiani dinanzi alla salvezza che Dio offre loro la salvezza gratuitamente. Il Pontefice auspica pertanto che la grazia che porta con sé la Settimana Santa possa donare a tutti un atteggiamento di umile accettazione della volontà di Dio, qualsiasi essa sia.

Prima però fa un salto indietro nel tempo e individua le radici di questi “capricci” e “mormorazioni” che spesso caratterizzano i cristiani già al tempo del popolo d’Israele. Lo testimonia il Libro dei Numeri, raccontando di come gli ebrei, appena salvati dalla schiavitù d’Egitto, si lamentassero delle fatiche della fuga nel deserto, del cibo della manna un po’ troppo “leggero”, e cominciano così “a sparlare di Dio”. Tanto che molti di loro finiscono morsi e uccisi da serpenti velenosi. È sempre un serpente, però, a salvarli: quello innalzato da Mosè su un bastone – simbolo della Croce di Cristo – che chi guarderà non resterà ucciso dal veleno.

Millenni dopo ci ritroviamo in una situazione analoga: “Anche noi fra i cristiani – osserva Papa Francesco – quanti, quanti troviamo anche noi, ci troviamo noi un po’ avvelenati per questo scontento della vita. Sì, davvero, Dio è buono, ma cristiani sì, ma… Cristiani sì, ma… Che non finiscono di aprire il cuore alla salvezza di Dio, sempre chiedono condizioni. ‘Sì, ma così!’. ‘Sì, sì, sì, io voglio essere salvato, ma per questa strada’…  Così il cuore diviene avvelenato”.

Tante volte, infatti – prosegue – “diciamo che siamo nauseati dello stile divino”. E “non accettare il dono di Dio col suo stile: quello è il peccato, quello è il veleno, quello ci avvelena l’anima, ti toglie la gioia, non ti lascia andare”.Ma Gesù, rimarca il Santo Padre, “prende su di sé” questo veleno del peccato e lo innalza sulla Croce. Perciò “questo tepore dell’anima, questo essere cristiani a metà, ‘cristiani sì, ma…’, questo entusiasmo all’inizio nel cammino del Signore e poi diventare scontenti, soltanto si guarisce guardando la Croce, guardando Dio che assume i nostri peccati: il mio peccato è lì”.

Allora, incoraggia il Pontefice, “guardiamo il serpente, il veleno, lì, nel corpo di Cristo, il veleno di tutti i peccati del mondo e chiediamo la grazia di accettare i momenti difficili. Di accettare lo stile divino di salvezza, di accettare anche questo cibo così leggero del quale si lamentavano gli ebrei, di accettare le cose… Di accettare le vie per le quali il Signore mi porta avanti”.

“Che questa Settimana Santa che incomincerà domenica, – è l’augurio conclusivo del Papa – ci aiuti ad uscire da questa tentazione di diventare ‘cristiani sì, ma…’”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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