Quando il Natale fermò la grande guerra

Gli umani illuminati dalla nascita del Salvatore sono capaci di fermare anche le guerre più atroci. Introduzione al libro “La tregua di Natale – Lettere dal fronte” edito da Lindau

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25 dicembre 1914, Belgio, settore settentrionale del fronte occidentale, trincee delle Fiandre, sud di Ypres: è il primo Natale della prima guerra mondiale. Nelle trincee contrapposte si affrontano tedeschi da una parte e francesi e inglesi dall’altra. Sono passati cinque mesi dall’inizio della guerra.

I combattimenti si sono rapidamente trasformati in una logorante guerra di posizione, ma molti sperano ancora che il conflitto si possa risolvere in pochi mesi.

La guerra è iniziata ufficialmente il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Impero austro-ungarico al Regno di Serbia, come conseguenza dell’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo il 28 giugno 1914 a Sarajevo, e terminerà l’11 novembre 1918.

In questi quattro anni il Regno Unito perderà 764.000 uomini. Il totale dei caduti tedeschi, alla fine della guerra, ammonterà a più di 2.000.000, a cui vanno aggiunti 1.000.000 di austriaci. I francesi perderanno 1.300.000 uomini, e i russi sul fronte orientale avranno 1.800.000 caduti.

Intorno a Ypres si combatté ininterrottamente per tutti i cinque anni della prima guerra mondiale. Soltanto in questo luogo, tra il 1914 e il 1918, persero la vita 500.000 inglesi e altrettanti tedeschi. In tutto la prima guerra mondiale portò alla morte oltre 9.000.000 di combattenti, a cui vanno aggiunte oltre 7.000.000 di vittime civili.

Nel pieno di questo orrore, nella notte di Natale del 1914 avvenne qualcosa di impensabile: ci fu una tregua. Non fu ordinata per un accordo tra i comandi dei due schieramenti: fu una tregua spontanea dichiarata dai soldati, francesi, inglesi e tedeschi. La notte di Natale qualcuno nelle trincee si mise a cantare canti della tradizione natalizia, e i soldati scoprirono che, pur con parole diverse, si trattava delle stesse melodie.

Le luci delle candele furono poste sui bordi delle trincee. Qualcun altro propose di smettere di sparare.

Sorprendentemente la proposta fu accettata, e i soldati sui due fronti uscirono allo scoperto e si incontrarono nella «terra di nessuno». Si parlarono, si strinsero la mano, si abbracciarono, fu celebrata una messa.

La mattina di Natale seppellirono i caduti delle due parti e ci fu una funzione funebre.

I soldati fumarono e cantarono insieme, talvolta si scambiarono auguri e doni, capi di vestiario e bottoni delle divise, cibo, tabacco, fotografie degli amici e delle famiglie e ricordi del tempo di pace.

Come è facile immaginare, questi eventi non furono ben visti dagli ufficiali superiori. Un avvenimento del genere era contrario ai principi militari, e non avrebbe dovuto più ripetersi.

Nei giorni seguenti si sostituirono le truppe al fronte con altre unità, e quelle protagoniste della tregua furono spostate in altri in altri settori, cancellando la memoria dei fatti.

Una parte dei documenti che testimoniavano gli accadimenti, fotografie e lettere dal fronte, furono distrutti. Alcuni lo furono deliberatamente, altri si persero nei successivi avvenimenti della storia. Molte delle lettere dei soldati tedeschi furono sepolte nelle rovine delle città tedesche alla fine del secondo conflitto mondiale.

Altre si persero nelle cantine, nei solai, nei traslochi dei loro discendenti. Non tutte le lettere però andarono distrutte. Molte furono pubblicate dai giornali dell’epoca, talvolta corredate da fotografie degli eventi, e quindi sono ancora visibili negli archivi delle redazioni.

Le testimonianze ancora oggi reperibili non si limitano alle lettere: presso l’Imperial War Museum di Londra oltre ai documenti originali sono ancora conservate le registrazioni su nastro magnetico con le dichiarazioni dei testimoni oculari raccolte negli anni successivi.

Ci sono testimonianze dirette e alcune fotografie degli incontri tra i soldati, dello scambio di doni, delle strette di mano. Ci sono notizie delle sepolture dei caduti dei due schieramenti, e di una funzione religiosa celebrata da un cappellano scozzese. Si parla anche di una possibile partita di pallone tra i due eserciti. Persistono ancora seri dubbi sul fatto che la partita si sia svolta davvero.

Molte delle lettere, infatti, ne parlano per sentito dire, e nessuno ne fa un resoconto davvero dettagliato.

In Germania le lettere dei soldati dal fronte furono pubblicate solo in qualche raro caso, mentre in Francia non se ne fece parola. Molti dei giornali inglesi le pubblicarono, con rare tracce di censura, e per questo motivo oggi esse sono ancora reperibili.

Ci furono giornali che ne pubblicarono la notizia in prima pagina, corredata delle fotografie degli incontri tra tedeschi e inglesi nella «terra di nessuno». Una fotografia della tregua fu pubblicata con grande scalpore sul «Daily Mirror» dell’8 gennaio 1915. Il titolo era: Un gruppo storico; soldati inglesi e tedeschi fotografati insieme.

Naturalmente, con il passare del tempo la memoria dei testimoni oculari si offusca e i racconti diventano meno chiari, e non è quindi possibile basarsi sui ricordi dei sopravvissuti.

L’ultimo veterano che ha visto e udito personalmente il cessate il fuoco delle armi sul fronte occidentale il giorno di Natale del 1914 è morto il 21 novembre 2005, all’età di 109 anni.

Si chiamava Alfred Anderson, era nato a Dundee il 25 giugno 1896, e aveva 18 anni quando si svolsero i fatti. Anderson ha avuto un’esistenza felice, insieme a quattro figli, dieci nipoti, diciotto bis-nipoti e due bis-bis nipoti. Per tutta la vita si era ricordato di quello straordinario giorno di Natale.

Le citazioni della tregua di Natale sono comunque molteplici.

Il regista francese Cristian Carion vi si ispirò nella realizzazione del suo film Joyeux Noel, presentato fuori concorso al Festival di Cannes nel 2005, e candidato sia al Premio Oscar che al Golden Globe come miglior film straniero nel 2006.

La tregua di Natale appare nel video della canzone Pipes of Peace di Paul McCartney (1983), nel film Oh, che bella guerra! di Richard Attenborough (1969), nelle composizioni di alcuni cantautori e in alcune opere teatrali.

Una delle fonti più interessanti, tuttavia, è costituita dal sito web Operation Plum Puddings: The Christmas Truce. Si tratta della raccolta di lettere dal fronte di soldati che narrano di questi eventi, nato dalle ricerche condotte da due giornalisti inglesi, Alan Cleaver e Lesley Park , che nel 1999 le raccolsero per la stesura di un libretto dedicato alla tregua di Natale 1914, intitolato Plum Puddings For All, ormai esaurito da tempo e non più ristampato.

Le lettere erano state reperite sui giornali dello Hampshire, o dai ricordi personali degli uomini che le avevano scritte. Il lungo lavoro di ricerca li rese coscienti dell’enorme fonte di informazioni dimenticate negli archivi dei giornali, costituite dalle lettere originali dei testimoni che descrivevano quello che era accaduto.

I due autori decisero quindi di dare vita a un sito web, con l’obiettivo di pubblicare le lettere scritte da soldati inglesi che presero parte alla tregua di Natale del 1914. Alcuni lettori furono contagiati dai racconti che vi emergevano, e si offrirono di proseguire questo lavoro di ricerca negli archivi, trascrivendole. Nel 2009 sul sito ne erano state trascritte più di 80 provenienti da vari quotidiani del Regno Unito.

Queste lettere costituiscono dunque una sorprendente fonte di informazioni sulla tregua, e meritano di essere preservate per le future generazioni. Benché si tratti di interessanti testimonianze di prima mano, occorre ricordare che le lettere non possono essere considerate come documenti storici.

Non dimentichiamo che la velocità di diffusione delle notizie all’epoca era molto diversa da quella alle quali siamo abituati. Ai nostri giorni ci sono reporter di guerra aggregati ai reparti combattenti, e la disponibilità di internet consente la trasmissione in tempo reale delle parole e delle immagini, tanto da cons
entire la documentazione in diretta degli eventi.

Nei primi anni del ’900 le notizie viaggiavano molto più lentamente per mezzo della posta ordinaria, e raggiungevano i destinatari solo dopo molti giorni.

Molte di queste furono portate ai giornali proprio dai familiari attoniti che le avevano ricevute. Non si può dunque escludere che i redattori dei giornali, nella fase di pubblicazione, abbiano deciso di tagliare o in parte modificarne il testo, per renderle più appetibili al pubblico al quale si rivolgevano, generando quindi degli apocrifi.

Gli storici che in seguito hanno investigato su questi accadimenti hanno cercato di separare il ricordo dei fatti realmente accaduti dalle molte leggende che sono state costruite nella tradizione orale per quasi un secolo. Proprio a causa del tempo trascorso, poiché molte delle testimonianze dirette sono andate perdute e nessuno dei protagonisti può essere più intervistato, molti si chiedono se tutto sia veramente accaduto, perché accadde e come sia stato possibile.

Le lettere dei soldati al fronte erano spesso molto simili, parlavano della vita di trincea, della loro salute, del freddo e della morte dei compagni. Improvvisamente, dopo il Natale 1914, cominciarono ad arrivare questi racconti che non narravano la guerra, ma la pace che inspiegabilmente si era creata davanti alle loro trincee. I dettagli erano gli stessi: i canti natalizi, l’incontro nella «terra di nessuno», lo scambio di cibo, tabacco, sigarette. E così i giornali inglesi cominciarono a pubblicarle.

Ne parlò persino Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, sottolineando che questa non era stata solo una storia incredibile, ma un episodio di umanità in mezzo agli orrori della guerra, fonte di meraviglia e di ispirazione.

Lo stupore dei soldati di fronte a quello che era accaduto, proprio lì, davanti ai loro occhi, è evidente nei loro scritti.

In molte delle lettere sembra quasi che loro stessi abbiano timore, nel raccontarlo, di non essere creduti da coloro che a casa le avrebbero lette. D’altronde i loro stessi commenti riflettevano meraviglia e incredulità. Uno di loro scrisse:

“Prova soltanto a pensare che mentre tu stavi mangiando il tacchino, io stavo parlando e stringendo le mani agli stessi uomini che solo qualche ora prima stavo tentando di uccidere”.

Di sicuro la situazione che si era creata fu favorita dal fatto che i soldati, da entrambe le parti, vivevano nelle stesse difficili condizioni, immersi nel fango delle trincee, nell’acqua che spesso saliva oltre il ginocchio, dormivano sulla paglia, in buche scavate nella nuda terra nel retro delle trincee, soffrivano il freddo e vestivano con abbigliamento dell’epoca, che non conosceva tessuti termici e membrane impermeabili e traspiranti.

Le loro trincee distavano poche centinaia di metri da quelle del nemico, con il quale condividevano le condizioni climatiche, il fango e il freddo, gli stessi dalle due parti del fronte. I soldati nemici, che come loro vivevano in trincea, potevano certamente comprendere meglio dei civili a casa in quali circostanze erano costretti a vivere. In un’intervista rilasciata negli anni ’80, Leslie Walkinton, che all’epoca dei fatti era un ragazzo di 19 anni e si trovava nelle trincee, sintetizza l’atteggiamento generale verso i soldati tedeschi: “Li odiavamo, per il fegato che avevano quando uccidevano i nostri amici. In quel momento li odiavamo intensamente. Ma d’altra parte scherzavamo su di loro, e penso che anche loro scherzassero su di noi. E pensavamo che quei poveretti in fondo erano nelle stesse nostre condizioni”.

Il secondo presupposto determinante che nel 1914 rese possibile un avvenimento di tale portata fu il riferimento, comune a entrambi gli schieramenti contrapposti, alle radici cristiane dell’Europa. Per alcuni di loro, come il sergente Bernard Joseph Brookes, il motivo era evidente. E così ce lo spiega, nelle pagine del suo diario:

“È stato davvero un Natale ideale, e lo spirito di pace e buona volontà era stridente, in confronto con l’odio e la morte dei mesi precedenti. Uno apprezza davvero in una nuova luce lo spirito della cristianità. Per questo è stato certamente meraviglioso che un simile cambiamento nel comportamento dei due eserciti opposti possa essere stato generato da un evento che è accaduto una notte di duemila anni fa”.

Quanto fu ampia la tregua? Oggi è difficile rispondere con certezza, ma certamente parecchie centinaia di soldati nella zona intorno a Ypres vi presero parte. Non accadde su tutto il fronte. In realtà era del tutto possibile che un battaglione partecipasse alla tregua senza essere assolutamente a conoscenza se l’unità di fianco alla propria postazione vi partecipasse o meno.

Quello che accadde il giorno di Natale non fu quindi il diffondersi rapido di un sentimento di buona volontà lungo le linee, ma piuttosto una serie di iniziative individuali intraprese in luoghi e tempi diversi. In altre parti del fronte Occidentale non ci fu alcuna tregua, e i combattimenti continuarono senza interruzione.

Nella maggior parte dei casi la tregua durò soltanto due o tre giorni, mentre in altri casi proseguì fino al nuovo anno.

Non tutti i soldati al fronte parteciparono alla tregua. Le lettere arrivate fino a noi raccontano, ad esempio, che fu più facile per i soldati inglesi entrare in contatto con i reggimenti composti da soldati sassoni o bavaresi. I prussiani furono più restii ad accettare la tregua, e talvolta non la rispettarono, aprendo il fuoco sui soldati nemici disarmati che uscivano dalle trincee di fronte a loro.

Un caporale tedesco, che aveva passato la notte nei sotterranei di un’abbazia vicino a Ypres, quando seppe che alcuni dei soldati tedeschi avevano stretto la mano agli inglesi, scrisse nel suo diario: “Dove è andato a finire l’onore dei tedeschi?”.

Il diario sarebbe stato pubblicato alcuni anni più tardi, con il titolo Mein Kampf, e il nome del suo autore era Adolf Hitler.

La reazione dei comandi superiori fu furiosa. Avevano previsto tutto, eccetto l’imponderabile, e cioè il fattore umano.

Non avevano pensato che il fatto di condividere la pietà della sepoltura dei morti avrebbe avuto un effetto sui vivi. Il nemico  l’uomo che quei soldati avevano davanti, e che in quella mattina di Natale guardavano finalmente negli occhi, era riscoperto dentro a un’evidenza diversa, non poteva non essere riconosciuto se non come uno di loro. Quando le prime lettere furono pubblicate dai giornali locali inglesi (la censura era ancora agli inizi) gli ufficiali superiori vollero sapere i nomi di coloro che avevano partecipato alla tregua.

Le licenze di molti ufficiali e sottufficiali in comando nelle prime linee furono cancellate, e ci furono investigazioni ufficiali. I libretti personali riportarono richiami ufficiali che avrebbero impedito promozioni nei mesi successivi, ma nessuna seria azione disciplinare fu mai intrapresa nei confronti dei partecipanti.

Nella storia delle guerre questa non è stata certamente la sola tregua spontanea di cui si abbia notizia. Fu sorprendente, allora come lo è oggi, ma fu anche il risorgere di una lunga tradizione di episodi di pietà tra le pagine della storia militare.

Piccole tregue spontanee ed episodi di amicizia tra nemici si sono spesso verificate durante lunghi periodi di guerra nel corso degli ultimi duecento anni. Nella guerra di indipendenza spagnola (1808-1814) le truppe francesi e inglesi spesso hanno visitato le posizioni del nemico, talvolta sedendo attorno allo stesso fuoco e dividendo le stesse razioni.

Nella guerra di Crimea (1853-1856) inglesi, francesi e russi si incontrarono spesso tra le linee, bevendo e fumando attorno allo stesso fuoco. Nella guerra di indipendenza americana (1763-1783) i nemici spesso scambiarono tabacco, caffè e giornali. Storie molto simili sono raccontate a proposito dell’assedio di Parigi (1870) quando i prussiani invitarono i francesi a una colossale bevuta di
vino.

Nelle guerre dei boeri (1880-1902) ci sono testimonianze di una partita di pallone tra due squadre composte da soldati e ufficiali nemici.

Nella guerra russo-giapponese (1904-1905) i due eserciti si fermarono spesso per seppellire i morti, e per bere insieme. Molte delle guerre che seguirono hanno registrato piccoli episodi di questo tipo.

Nel suo libro di memorie Amerigo Javarone, pilota della Regia Aeronautica, racconta di un incontro avvenuto nel 1940, mentre volava nei cieli dell’Adriatico, quando al largo di Corfù incrociò un velivolo della RAF. I due aerei procedettero appaiati per un tratto, senza spararsi un colpo. Poi i due piloti si salutarono con un gesto, e ognuno riprese la rotta verso casa.

Javarone ricorda con chiarezza la data di quell’incontro: era il 24 dicembre 1940, la vigilia di Natale.

Nel XX secolo la concezione della guerra è cambiata drammaticamente e si è passati dalle cariche di cavalleria alle bombe a guida laser. Il fatto che la notte di Natale del 1914 alcune migliaia di uomini che si combattevano sui campi delle Fiandre uscirono dalle loro trincee e si incontrarono e si strinsero le mani a mezza strada, costituisce ancora oggi una potente fonte di ispirazione.

Nei mesi e negli anni che seguirono la tregua di Natale del 1914, molti dei protagonisti di questi fatti straordinari sarebbero stati uccisi, insieme a centinaia di migliaia dei loro compagni, nel più sanguinoso conflitto fino ad allora registrato dalla storia.

Alla luce delle atrocità che seguirono nei rimanenti anni di guerra, è facile classificare questi fatti come ininfluenti. Forse, la tregua di Natale fu possibile solo perché la perdita di umanità non aveva ancora fatto presa nelle loro anime: la memoria del Natale aveva ancora spazio nei loro cuori, e più di ogni altra cosa, le radici cristiane dell’Europa erano ancora una cosa viva.

Quella che, vista con gli occhi di oggi, si presenta come una grande storia di Natale, forse una delle più toccanti storie di Natale per gli uomini del nostro tempo, è costituita da molte piccole storie, che devono essere conservate e narrate di nuovo, oggi.

Proprio per questo non dobbiamo dimenticarle, e questi fatti meritano di essere ricordati, o meglio celebrati, come un inno alla speranza. E non c’è modo migliore di farlo che ascoltarne il racconto dalle parole di coloro che, cento anni fa, ne furono protagonisti.

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Antonio Besana

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