Quand'è che il lettore si deve inchinare?

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Nella nostra comunità è sorto un interrogativo: quando il lettore si reca all’ambone per proclamare la Parola deve far l’inchino davanti all’ambone, all’altare o al tabernacolo? Poiché nessuna di noi ha saputo dare una risposta esauriente, ho pensato di rivolgermi a ZENIT. — Sr. M.V.L., Italia

Padre McNamara ha formulato la seguente risposta:

Attorno a questa domanda ricorrente regna a volte una certa confusione.

Al n° 59 l’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) afferma: “Il compito di proclamare le letture, secondo la tradizione, non è competenza specifica di colui che presiede, ma di altri ministri. Le letture quindi siano proclamate da un lettore, il Vangelo sia invece proclamato dal diacono o, in sua assenza, da un altro sacerdote. Se non è presente un diacono o un altro sacerdote, lo stesso sacerdote celebrante legga il Vangelo; e se manca un lettore idoneo, il sacerdote celebrante proclami anche le altre letture”.

Non tutti i gesti liturgici richiedono un fondamento teologico. In alcuni casi si tratta di gesti consuetudinari di cortesia e di rispetto che danno più decoro alla celebrazione.

L’attuale vescovo ausiliare di Melbourne, in Australia, monsignor Peter Elliott, descrive l’inchino del lettore nel suo manuale Ceremonies of the Modern Roman Rite nel modo seguente: “Il lettore (arrivando al presbiterio) fa le consuete riverenze; prima facendo un inchino profondo verso l’altare, […] poi inchinandosi verso il celebrante, prima di recarsi all’ambone…”.

Due sono gli inchini che vengono descritti. Il primo, verso l’altare, si basa sul Cerimoniale dei Vescovi, dove si legge al n° 72: “Tutti coloro che accedono al presbiterio o si allontanano da esso, o passano davanti all’altare, salutano l’altare con l’inchino profondo”.

Il secondo, quello rivolto al celebrante, non viene esplicitamente prescritto nei libri liturgici, ma può essere considerato un gestoconsuetudinario che ha le sue origini nei segni di riverenza e di rispetto verso il vescovo menzionato nel Cerimoniale ai n° 76 e 77:

“76. Salutano il vescovo con un inchino profondo i ministri, coloro che si accostano a lui per compiere un servizio, o se ne allontanano al suo termine, coloro che passano davanti a lui.

“77. Quando la cattedra del vescovo si trova dietro l’altare, i ministri salutino o l’altare o il vescovo, a secondo che si accostino all’altare o al vescovo; evitino tuttavia, per quanto è possibile, di passare fra il vescovo e l’altare per la riverenza che si deve ad entrambi”.

È interessante far notare che nessuno di questi testi menziona esplicitamente i lettori ed è rilevante solo quando si entra o si esce dal presbiterio, o, in un senso molto ampio, quando si assiste il celebrante. Non sembra che questi inchini facciano parte in modo permanente ed obbligatorio delle usanze di chi esercita il ministero di lettore.

Infatti, nel descrivere la Liturgia della Parola il Cerimoniale dei Vescovi al n° 137 non menziona eventuali inchini: “Al termine dell’orazione colletta, il lettore si reca all’ambone e, quando tutti sono seduti, proclama la prima lettura…”.

Quindi, se, per esempio, i seggi sono ordinati in tal modo che i lettori sono sul presbiterio sin dall’inizio della Messa e non hanno bisogno di passare davanti all’altare potrebbero esercitare il loro ministero senza fare alcun inchino.

Infine, i libri non fanno alcuna menzione di inchini verso l’ambone e, durante la Messa, di norma non c’è alcun inchino verso il tabernacolo.

*I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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ZENIT Staff

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