Quale futuro per i religiosi in Italia?

Se ne è discusso all’Assemblea Nazionale della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori

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di Antonio Gaspari

FIRENZE, lunedì, 7 novembre 2011 (ZENIT.org) – Con il titolo Confronti e Aspettative  sul futuro della chiesa In Italia. Quale compito dei Religiosi? è iniziata lunedì  7 novembre a Firenze presso il Grand Hotel Mediterraneo, la 51esima Assemblea Nazionale della Cism (Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori).

Nella sua relazione il Presidente Nazionale Don Alberto Lorenzelli, sdb, ha esordito spiegando che  “il cristianesimo non era soltanto una buona notizia” perchè “il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita”.

Parlando di ciò che avverrà, don Lorenzelli ha precisato che “immaginare il futuro significa enunciare una aspettativa di senso” ed ha aggiunto “senso come esercizio di speranza” di chi “ha lo sguardo costantemente rivolto a Gesù Crocefisso, nella certezza della Risurrezione”.  
Secondo il Presidente del Cism “esercizio di speranza significa saper vedere il positivo, imparare a riconoscere le luci, saper accogliere e sostenere i sia pur piccoli bagliori che esistono  e che la speranza ci addita come semi di una realtà nuova”.

Don Lorenzelli ha parlato dei tanti rischi di una Vita Religiosa che si “rinchiude in se stessa”, per questo ci vuole “un’identità aperta” poiché, come ha rilevato monsignor Mariano Crociata, segretario Genrale della CEI, “solo chi possiede una solida identità può donarsi e accogliere”
Per il Presidente del Cism lo sbilanciamento della missione senza identità è molto pericoloso.

“Facciamo tante cose – ha raccontato – tappiamo tanti buchi, siamo a volte generosissimi con le Chiese locali. Ma facciamo cose che non ci competono, perdendo il nostro proprio: rischiamo di finire nella centrifuga schiavizzante delle urgenze del momento, che ci dissanguano senza pietà, fornendoci solamente qualche blando riconoscimento compensativo”.

“Necessitiamo invece – ha sottolineato – di un maggior confronto con i soggetti ecclesiali (chiese particolari, gruppi, movimenti, laici di esperienza e professionalità) proprio per evitare che la nostra identità, non finisca per addurre ragioni a cui nessun crede più, perché non intercettano il comune sentire diffuso anche di altre realtà ecclesiali”.

In merito alla “nuova evangelizzazione” il Presidente del Cism ha proposto di “re-investire con fiducia nel laicato”. A questo proposito ha citato il professor Giuseppe Savagnone che nel libro “Maestri di umanità alla scuola di Cristo”, ha scritto: “Bisogna insegnare a pregare anche fuori delle chiese […] In fondo tutto il compito della pastorale è di aiutare a percorrere il lungo cammino che separa il vecchio Adamo, rintanato per nascondersi a Dio e a se stesso, dal nuovo, Gesù, che rifiuta di fuggire e rimane esposto, per accogliere tutti, con le braccia aperte sulla croce. Alla base della disponibilità a fare questo percorso è indispensabile la fiducia che Dio non chiama per giudicare, ma per guarire”.

“Tra i primi compiti – ha concluso don Lorenzelli –  c’è dunque quella di inventare tempi e spazi di gratuità e per questo le comunità (religiose, parrocchiali, movimenti) potrebbero iniziare a riconfigurarsi come scuole di desiderio, di dono e di amicizia”.

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ZENIT Staff

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