Quale futuro dopo l'Esortazione Apostolica «Ecclesia in Medio Oriente»?

Il Sinodo per il Medio Oriente visto dalla prospettiva dei musulmani

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Fondamentalmente l’Esortazione Apostolica è il frutto del Sinodo per i cristiani in Medio Oriente (ottobre 2010). La Parola “Sinodo” in latino significa lavorare insieme o camminare insieme.

Diversi fattori hanno identificato la strada del sinodo tra cui:

1. La grande emigrazione dei cristiani di un certo numero di paesi arabi, (Palestina, Iraq, Egitto) e la divisione del Sudan su sfondo etnico e religioso.

2. La rivoluzione della “primavera araba”, rappresentata dal sorgere di movimenti politici dell’Islam, che ha destato una preoccupazione cristiana riguardo a una probabile transizione dall’autoritarismo politico al caso del dispotismo religioso. Dopo la Tunisia, sorgono punti interrogativi su ciò che domani potrebbe succedere in Siria, e anche su ciò che l’opposizione poteva permettersi in Giordania. La preoccupazione cristiana è concentrata sugli slogan sollevati per l’applicazione della Sharia, che causano più ansia e paura, e che aprono le porte a operazioni di “intimidazione”, volte a colpire il tessuto sociale nella regione attraverso l’invito dei cristiani in Medio oriente a emigrare.

3. La trasformazione di Israele da un’entità secolare a uno stato religioso Ebreo. L’ascesa dell’estremismo religioso ebreo in sincronia con l’aumento dell’estremismo religioso islamico, mette i cristiani in una posizione scomoda, e crea un grande punto interrogativo sul futuro e sul destino. Inoltre, le prospettive di blocco di una soluzione politica nella regione e l’espansione degli insediamenti ebraici bloccano le prospettive di domani: ciò porta a una maggiore ansia e, di conseguenza, una maggiore immigrazione.

Questi fattori riuniti insieme confermano che esiste un grande, grave e complesso problema che, in primo luogo, deve essere riconosciuto, e quindi definito e identificato, per poter essere risolto. Negare il problema e ignorarlo non lo risolve, ma porta ad aumentarlo. Per questo il Sinodo è stato in presenza di Papa Benedetto XVI, il Collegio dei Cardinali e tutti i vescovi del Medio Oriente. E poiché il problema aveva una dimensione non-cristiana, sono stati chiamato in Vaticano, al di fuori della cerchia cristiana, tre relatori: il rabbino (David Rosen), un ricercatore iraniano sciita  (Mustafa Damad) e un libanese sunnita (Muhammad al-Sammak).

Il Sinodo ha formulato delle proposte specifiche, che, dopo una serie di sessioni di lavoro, sono state riformulate in un testo nuovo e unitario, l’Esortazione Apostolica, che, in diversi paragrafi, riflette lo stile del Papa e porta numerosi contributi ed idee.

L’Esortazione Apostolica si concentra su molte delle questioni più importanti. La questione della libertà religiosa, che aveva descritto come la corona delle libertà e non è un oggetto di contrattazione o baratto. Questo invita a riflettere:

1) Sulla paura della libertà. Se non ci fosse stato un assegno per la libertà, non ci sarebbe stato alcun bisogno di creare paura.

2) La paura del fattore dei cambiamenti che costituisce una minaccia per la libertà.

3) Rilevare che la libertà include la libertà individuale e collettiva. Se la libertà degli individui è protetta con la legge, la libertà dei gruppi ha bisogno della legge per mantenerla.

La seconda questione di concertazione era quella della cittadinanza descritta come la questione della parità di diritti e doveri dei cittadini, rifiutando il fatto che il cristiano sia un cittadino di seconda classe, e questo è normale.

È essenziale per una comprensione più profonda dell’iniziativa del Vaticano, la convocazione di un Sinodo sul Medio Oriente e la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica per dare una luce sul cambiamento nell’atteggiamento dell’Islam sul Vaticano; Il Concilio Vaticano II (1965) ha stabilito che la Chiesa “prende in considerazione l’apprezzamento per i musulmani che adorano l’unico Dio attraverso la preghiera e il digiuno e l’elemosina”. Questa posizione è stata tradotta in pratica in diversi momenti sia da Papa Paolo VI che da Giovanni Paolo II.

È vero che papa Benedetto XVI, nella sua lezione all’università di Ratisbona, in Germania, cominciò a tratti, ma raccomandò poi di non adottare la dichiarazione della parola citata dall’imperatore bizantino sul’Islam, e aggiungendo espressamente che non l’approvava. Ma il problema esiste ancora con l’Associazione degli Studiosi Musulmani (Sheikh Yusuf al-Qaradawi) e con Al-Azhar Al-Sharif (Sheikh Ahmed al-Tayeb), che richiedono scuse e non solo chiarimenti.

In seguito si è svolta la visita del Papa in Libano (prima ancora in Giordania) con l’annuncio dell’Esortazione apostolica e per sottolineare l’acume del Vaticano per superare le incomprensioni ed andare avanti, promuovendo le relazioni tra cristiani e musulmani. Va premesso che queste trasformazioni costituiscono la base per una nuova posizione islamica aperta al Vaticano e che si riflette positivamente sui cristiani in Medio Oriente, non solo come cittadini e compagni in patria, ma come credenti e compagni nella fede nel Dio unico. In altre parole, si tratta di costruire l’unità al livello nazionale e  della fede.

Da qui l’importanza dell’Esortazione Apostolica che indica la mappa cristiana di comprensione e di cooperazione islamo-cristiana in Medio Oriente e poi in tutto il mondo.

L’esortazione apostolica invita a riconoscere dei fatti importanti, tra cui:

1) L’esistenza di un problema reale che affligge i cristiani d’Oriente.

2) Il pericolo dell’esodo dei cristiani e la sicurezza del tessuto sociale in Medio Oriente.

3) Il pericolo dell’emigrazione cristiana come impatto sull’immagine dell’Islam in Occidente, in particolare, e nel mondo in generale. E la tendenza a descriverlo come una religione che rifiuta l’altro e non convive con lui, al contrario della storia e dei fatti. È notevole che un terzo dei musulmani (un miliardo e mezzo) vive in paesi e comunità non musulmane. E che due terzi dei cristiani vivono in Asia, Africa e America Latina, nel Terzo Mondo, dove la popolazione è a maggioranza musulmana.

4) Il Vaticano, quando chiama i cristiani a mettere radici nei loro paesi d’origine e a partecipare a costruire il futuro, non costituisce un’ingerenza negli affari interni di questi paesi, ma un invito a mantenere le proprie quote nazionali e la sua immagine culturale in un mondo interconnesso.

5) L’importanza di creare un ponte islamo-cristiano orientale dove avanza il cammino di comprensione universale dei  musulmani e dei cristiani. Il ponte è costruito su due pilastri principali: la libertà religiosa e l’uguaglianza. Attorno ai due pilastri ruotavano le discussioni sinodali,  che costituiscono la base dell’ Esortazione apostolica, e la base di fondo della co-esistenza in tutti i paesi d’Oriente e del mondo.

[Fonte: Al-Mustaqbal (giornale libanese) del 14 gennaio 2013.  Mohammad al-Sammak è consigliere politico del gran Mufti del Libano e Segretario generale del Comitato libanese per il dialogo islamico-cristiano. Traduzione dall’arabo di P. Ramsine Hage Moussa]

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Mohammad Al-Sammak

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