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Purificazione delle mani dopo la distribuzione della Comunione

Cosa devono fare i sacerdoti dopo aver toccato l’ostia?

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Nella sua rubrica settimanale, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi alla domanda di un lettore nel Regno Unito.

Sono un ministro straordinario della Comunione nella mia parrocchia. Nella mia diocesi è prassi che tutti i ministri (ordinari e straordinari) che abbiano toccato l’ostia purifichino le loro dita dopo la distribuzione della Comunione. Durante una recente visita alla diocesi di Santa Fe, ho notato che le norme locali per i ministri straordinari della Comunione vietano chiaramente di purificarsi le mani dopo la distribuzione della Comunione. In questo caso, cosa devono fare (se c’è qualcosa che devono fare) i ministri straordinari della Comunione dopo aver toccato l’ostia? Inoltre, c’è un motivo per cui la purificazione delle mani è stata vietata? — C.W., Londra, Regno Unito

Mentre le usanze possono variare localmente, direi che i ministri straordinari della Comunione devono attenersi alle norme per i ministri ordinari, cioè sacerdoti e diaconi.

L’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) dice quanto segue circa la purificazione:

“278. Ogni volta che qualche frammento di ostia rimane attaccato alle dita, soprattutto dopo la frazione o dopo la Comunione dei fedeli, il sacerdote asterga le dita sulla patena, oppure, se necessario, lavi le dita stesse. Così pure raccolga eventuali frammenti fuori della patena.”

Qui si parla di frammenti visibili, anche se piccoli. Tuttavia, è piuttosto raro che occorre lavarsi le dita. La maggior parte dei sacerdoti opterà per la prima alternativa, purificando le dita dai frammenti strofinandole sopra la patena, eventualmente con l’aiuto di un purificatoio di tela.

Di conseguenza direi che questa debba costituire la regola generale anche per i ministri straordinari. Nel caso si abbia una reale necessità, allora le mani potranno essere lavate. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, non sarà necessario.

Dal momento che l’OGMR prevede la possibilità della necessità di lavarsi le mani dopo aver distribuito la Comunione, non sarebbe corretto vietarlo esplicitamente. Infatti, le norme emanate dalla diocesi di Santa Fe non lo proibiscono, e al nostro lettore deve essere sfuggito un piccolo ma importante dettaglio. Il testo delle norme diocesane dice:

“I ministri straordinari della Comunione non lavino le mani nel purificatoio delle abluzioni nel presbiterio, né prima né dopo la distribuzione della Comunione. A tutti i ministri straordinari della Comunione viene ricordato di lavare le proprie mani nella sagrestia o nella toilette prima dell’inizio della Messa.”

Le parole importanti qui sono: “non lavino le mani nel purificatoio delle abluzioni“.

Il termine “purificatoio delle abluzioni” può riferirsi a due tipi di contenitori.

Nel contesto della forma ordinaria ci si riferisce molto probabilmente al purificatoio usato dai sacerdoti per il lavabo, cioè il rito della lavanda delle mani, in preparazione alla presentazione dei doni. L’occorrente si trova normalmente sulla credenza assieme al calice e alla patena.

Nel contesto della forma straordinaria del Rito Romano, il catino delle abluzioni o recipiente delle abluzioni è un piccolo contenitore simile a una catinella, riempito d’acqua, e collocato vicino al tabernacolo. In alcuni luoghi viene ancora usato nella  forma ordinaria. Dopo la distribuzione della Comunione il sacerdote o il diacono immerge i propri pollice e indice nell’acqua per purificarli e li asciuga con il purificatoio di tela.

Dal momento che ci troviamo sicuramente nel contesto della forma ordinaria, la norma diocesana è molto ragionevole, poiché si scongiura il pericolo di mancanza di rispetto nei confronti dell’Eucaristia.

Infatti, l’acqua usata per la lavanda delle mani non è né benedetta né trattata in alcun modo particolare. E’ inoltre simbolicamente collegata alla confessione da parte del sacerdote dei propri peccati personali e quindi non costituisce una sede adeguata per i frammenti.

Quindi, se i ministri straordinari della Comunione usassero questo catino, esisterebbe un rischio reale che l’acqua contenente dei frammenti venga gettata via nel pubblico scolo. Nonostante Cristo non sia più realmente presente nei frammenti intrisi d’acqua, la Chiesa li tratta comunque con rispetto.

Ma anche se si usasse il recipiente molto più piccolo delle abluzioni, il suo utilizzo da parte di diversi ministri straordinari della Comunione provocherebbe una inutile “mini-processione”, in quanto può essere usato solo da una persona alla volta.

Se comunque dovesse essere necessario sciacquare le dita dopo la distribuzione della Comunione, allora i sacerdoti, diaconi e ministri straordinari dovrebbero sempre assicurarsi che l’acqua usata venga versata nel sacrarium o direttamente nel terreno, come avviene del resto con l’acqua usata per il primo lavaggio dei sacri lini, che anche loro potrebbero contenere frammenti.

In questo modo si dovrebbe procedere dappertutto, anche nella diocesi del nostro lettore. Se poi esiste l’usanza che dopo la distribuzione della Comunione sia i ministri ordinari che quelli straordinari lavino le loro mani, allora va riservato a questo scopo un contenitore speciale diverso da quello usato per il lavabo.

Storicamente, la pratica di sciacquarsi le dita dopo il sacrificio della Messa è menzionata già nel 709, e circa allo stesso tempo il Primo Ordo Romano parla del lavaggio delle mani del Papa non appena tutti avessero ricevuto la Comunione. Dopo il 1200 divenne abitudine, e più tardi norma, di purificare le dita sopra il calice prima col vino e successivamente con l’acqua, e bere la miscela.

Questa resta tuttora la norma per la forma straordinaria. Per la forma ordinaria la norma è quella menzionata sopra al numero 278 dell’OGMR.

[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]

 

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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