Profughi, pace e "no" al gender: il messaggio finale del Ccee in Terra Santa

I vescovi d’Europa, al termine della plenaria, invocano inoltre un intervento Onu per l’emergenza migratoria, chiedono una soluzione per il muro di Cremisan e assicurano preghiere per il Sinodo

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Sono “le gioie, le sofferenze e le sfide della Chiesa nei diversi paesi” ad animare il Messaggio conclusivo dell’assemblea plenaria dei presidenti delle Conferenze Episcopali dei paesi europei, svoltasi in Terra Santa dall’11 settembre scorso. In particolare, lo sguardo dei presuli si sofferma sul “grande movimento dei popoli: profughi, rifugiati, immigrati”, che caratterizzano il momento attuale. “La disperazione non ha confini”, scrivono i vescovi, evidenziando che “la complessità di questo esodo, con le sue inevitabili differenziazioni, richiede da parte dei singoli Stati, le cui situazioni sono radicalmente diverse, molta attenzione al fine di rispondere tempestivamente alle necessità di aiuto immediato e di accoglienza di persone disperate a causa di guerra, persecuzione, miseria”. I vescovi richiamano quindi l’ordine pubblico e la giustizia che gli Stati devono garantire “attraverso le istituzioni necessarie”, in modo da offrire “una generosa disponibilità per chi ha veramente bisogno, nella prospettiva anche di una integrazione rispettosa e collaborativa”. 

Da questo punto di vista è “grande” l’impegno delle Chiese d’Europa che “seguendo le indicazioni del Santo Padre Francesco, collaborano con gli Stati, i quali sono i primi responsabili della vita sociale ed economica dei loro popoli”. Tuttavia, “data la complessità delle situazioni e l’ampiezza delle tragedie umanitarie”, è necessario che anche l’Onu “prenda in decisa considerazione la situazione e giunga ad efficaci soluzioni non solo rispetto alla prima accoglienza ma anche ai Paesi di provenienza dei migranti, adottando misure adeguate per fermare la violenza e costruire la pace e lo sviluppo di tutti i popoli”. Inoltre, si legge nel Messaggio del Ccee, “la pace in Medio Oriente e nel Nord Africa è vitale per l’Europa, così come è decisivo che si arrivi al più presto ad una vera pace nel continente stesso, a cominciare dall’Ucraina”.
 
Il Medio Oriente soffre infatti di “conflitti, divisioni e guerre” e ha bisogno più che mai “di giustizia e di stabilità nelle diverse regioni e popoli”. “Il dialogo e lo sviluppo sono il vero nome della pace”, riaffermano i vescovi. E sottolineano che “garantendo l’uguaglianza dei cittadini, i paesi e le società mediorientali, ricchi dei propri patrimoni culturali e religiosi, potrebbero essere un esempio di convivenza per la comunità internazionale”. C’è poi la situazione in Terra Santa, dove “la comunità cristiana contribuisce in modo del tutto speciale a costruire la pace, l’intesa e la cultura del perdono, senza le quali non esiste coesione sociale”. In particolare, l’auspicio dei pastori europei è che “la delicata situazione nella zona di Cremisan trovi un’adeguata soluzione rispettosa dei diritti delle famiglie, delle loro proprietà, e delle due comunità religiose nonché della loro missione educativa”.
 
Nelle discussioni di questi giorni, riferisce poi il documento, è emersa “con forza” la necessità di “rispettare la libertà religiosa, diritto umano fondamentale senza il quale gli altri diritti risultano fragili”. Ne è tragica prova la persecuzione dei cristiani, “molti dei quali hanno offerto la loro vita con esemplare testimonianza di fede”: per loro va la preghiera come pure la “fraterna vicinanza” e l'”ammirazione” delle Conferenze Episcopali dei paesi europei. 

Lo sguardo, nel Messaggio, si sposta poi sulla “secolarizzazione in atto nei Paesi europei” che – rilevano i presuli – “tende a confinare la religione nella sfera privata e ai confini della società”. In questo ambito rientra “il diritto fondamentale dei genitori ad educare i propri figli secondo le loro convinzioni”. Perché questa libertà sia possibile “è necessario che le scuole cattoliche possano svolgere il loro compito educativo a favore di tutta la società con ogni opportuno sostegno”. Da parte loro, i vescovi europei “ribadiscono questo nativo diritto anche nella Terra Santa e sono solidali con i pastori e le famiglie preoccupate per l’educazione dei propri figli”.

A proposito di famiglie, il Ccee si lega ai temi del prossimo Sinodo rimarcando “la bellezza umana e cristiana e la sua universale realtà: papà, mamma, figli”. Confermano quindi la loro costante orazione per l’assise di ottobre, assicurando che anche tutte le famiglie e tutti i parroci in Terra Santa – con cui hanno già pregato a Nazareth – pregheranno quotidianamente nella Basilica dell’Annunciazione. Questo perché “la Chiesa – sottolineano i capi dell’episcopato europeo – crede fermamente nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna: essa è la cellula basilare della società e della stessa comunità cristiana. Non si vede perché realtà diverse di convivenza debbano essere trattate nello stesso modo”. 

Sempre sul tema della famiglia, i vescovi esprimono due grandi preoccupazioni: anzitutto il calo demografico che si registra in alcuni paesi del Continente, ma, soprattutto, “il tentativo di applicare la ‘teoria del gender’”: un progetto del “pensiero unico” che tende “a colonizzare anche l’Europa”. “La Chiesa non accetta la ‘teoria del gender’ – affermano perentoriamente i membri del Ccce – perché essa è espressione di una antropologia contraria alla vera e autentica valorizzazione della persona umana”. 

Il Messaggio ribadisce quindi il “grazie” a tutti i cristiani di Terra Santa incontrati in questi cinque giorni “per la loro testimonianza di fede e per la custodia dei luoghi santi come luoghi di memoria cristiana e di culto vivo”. E rinnova poi l’impegno dei presuli “per la felicità vera e il destino dell’uomo”, anche in vista del prossimo Giubileo della Misericordia. 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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