Presidenti delle istituzioni UE e leader religiosi chiedono la libertà di Meriam

Dalla riunione di alto livello a Bruxelles, la richiesta al governo del Sudan di abrogare ogni legge che penalizzi o discrimini le persone per le loro convinzioni religiose

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Cristiani, musulmani, ebrei, indù, sikh e mormoni, tutti si uniscono per esprimere “sgomento profondo e preoccupazione” per la sorte di Meriam Yahya Ibrahim, la 27enne madre sudanese condannata a cento frustate e alla morte per impiccagione con l’accusa di apostasia e adulterio, da un tribunale di Karthoum. La donna è stata costretta, nelle scorse settimane, a dare alla luce prematuramente una bambina mentre era in prigione, in catene.

Tutto il mondo si è mobilitato per chiedere la liberazione della giovane cristiana. Ora, si uniscono al coro anche i presidenti delle istituzioni Ue e tutti i leader religiosi presenti alla riunione di alto livello in corso a Bruxelles, i quali sottolineano “l’obbligo internazionale del Sudan per proteggere la libertà di religione e di credo”.

Unanimemente – riferisce il Sir – i partecipanti all’assise di Bruxelles “invitano le autorità sudanesi responsabili e la Corte d’appello a revocare questo verdetto disumano, rilasciando subito Meriam”. Inoltre viene chiesto che il governo del Sudan, “in linea con i diritti umani universali”, abroghi ogni disposizione legislativa che “penalizzi o discrimini le persone per le loro convinzioni religiose” o nel caso in cui decidessero di cambiare fede religiosa.

Dall’incontro tra istituzioni Ue e rappresentanti religiosi emerge, infine, la convinzione che “la libertà di religione e di credo è un diritto umano universale” che deve essere protetto “ovunque e per tutti” nel mondo.

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ZENIT Staff

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