Premio "Gianni Astrei pro life” al film “Lo spazio bianco”

Il Family Festival e il Movimento per la Vita premiano il film della Comencini

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di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 14 settembre 2009 (ZENIT.org).- Alla sua prima edizione il premio “Gianni Astrei pro life” del Family Festival e del Movimento per la Vita è stato assegnato al film “Lo spazio bianco” presentato in anteprima al Festival di Venezia.

Il film “Lo spazio bianco”, prodotto da Domenico Procacci per Fandango, diretto da Francesca Comencini e interpretato da Margherita Buy, racconta la storia tormentata di una insegnante quarantenne single, di nome Maria, che nel contesto di una vita in cui cerca di sfuggire alla solitudine, incontra diversi uomini, rimane incinta e decide di non interrompere la gravidanza.

Si impegna a sostenere questa nuova vita, soprattutto quando la bimba nasce prematura.

Maria partorisce al sesto mese una bimba, Irene, che vive i successivi 3 mesi tra la vita e la morte con minacce di infermità e disabilità varie.

E’ in questo “spazio bianco” in cui non si sa che cosa accadrà di Irene, di Maria e del piccolo mondo che le circonda, che si svolge la storia raccontata dal film della Comencini.

La decisione di premiare il film della Comencini è stata presa da una giuria presieduta da Andrea Piersanti, direttore artistico del Fiuggi Family Festival, già presidente dell’Istituto Luce e dell’Ente dello Spettacolo, e composta da Emanuela Genovese di “Box Office” e “Best Movie” (media partner del Family Festival), Saverio D’Ercole, direttore del settore cinema della Lux Vide, la vedova di Astrei, la d.ssa Antonella Bevere (nuovo presidente in pectore del Fiuggi Family Festival) e Angelo Astrei (figlio di Gianni).

Nella motivazione del premio, la giuria ha scritto: “Forse, anche al di là delle stesse intenzioni della regista, il film dimostra una incontenibile forza della vita! Una vita che, anche se ‘imperfetta’ riesce a riempire il vuoto di un’esistenza. un esempio di film laico che contiene una dimensione valoriale ‘condivisibile’ nell’ambito di un territorio più alto, quello della ‘cultura della vita’ che, come il film dimostra, appartiene all’umanità e non agli schieramenti”.

Commentando la scelta, Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, ha indicato il film della Comencini come “un’opportunità di dialogo tra credenti e non credenti”.

Secondo Carlo Casini, “il film merita grande apprezzamento perché, con l’efficacia di un linguaggio artistico coinvolgente, racconta una vicenda vera, che tante giovani donne si trovano a dover affrontare con una certa frequenza”.

Per il presidente del Movimento per la Vita, “il film propone chiaramente il valore della maternità, il coraggio del genio femminile, il significato della vita nascente come la novità che riempie il vuoto e come freccia di speranza lanciata verso un nuovo pur ignoto futuro”.

Considerando che la regista Francesca Comencini non è propriamente una sostenitrice dei movimenti pro-life, Casini ha sottolineato che “il linguaggio, assolutamente laico del film e la stessa personalità della regista provano la natura semplicemente umana dei valori proposti”.

“Il film – ha precisato – costituisce, dunque, auspicabilmente, una opportunità di dialogo tra credenti e non credenti, tra la meditazione moderna sulla condizione femminile e l’altrettanto moderna contemplazione della vita umana nel momento della sua estrema debolezza, al suo primo comparire nell’esistenza”.

La dottoressa Antonella Bevere, moglie del compianto Gianni Astrei e presidente in pectore del Fiuggi Family Festival, ha spiegato che nel film la piccola, indifesa, e fragile Irene, vince la solitudine, fornisce la speranza e la più solida ragione di vivere alla protagonista del film: Maria.

La dottoressa Bevere ha rilevato che “dall’attesa, dal dolore, e dal senso trovato in entrambi, scaturisce la libertà di fare spazio all’altro, nasce il desiderio dell’altro non per fini strumentali ma per l’altro in sé”.

Così la morsa cupa della solitudine profonda che attanaglia la protagonista e gran parte degli altri personaggi si allenta, lascia spazio ad un nome atavico e portatore di speranza per l’umanità, un nome che àncora alle proprie radici e invita a guardare insieme al futuro: Irene.

Secondo la Bevere nel film “la compagnia della propria vita, ricercata assiduamente anche se talora inconsapevolmente da molti personaggi, avvicinata per breve ma significativo tempo in incontri effimeri che comunque fanno brillare nuovamente la voglia di vivere, viene raggiunta paradossalmente facendosi compagnia per l’altro, soprattutto per chi, piccolissimo è più grande del resto del mondo, è totalmente dipendente ma ha nella sua speranza di vita la possibilità di gioia di chi tra le mani lo raccoglie”.

Saverio D’Ercole, direttore del settore cinema della Lux Vide, ha sostenuto che il film della Comencini è fatto bene dal punto di vista narrativo, registico, recitazione e contenuti.

“Certo – ha precisato – sul versante dei contenuti si coglie una visione ‘femminista’ della maternità: la donna unico riferimento, il padre non conta (e non solo per l’incapacità degli uomini di prendersi responsabilità…), la famiglia non esiste, le istituzioni non si intromettano…”

“Ma, forse – ha aggiunto – anche al di là delle stesse intenzioni della regista, il film dimostra una incontenibile forza della vita! Una vita che, anche se ‘imperfetta’ riesce a riempire il vuoto di un’esistenza”.

“Il presente e il futuro raccordati dallo spazio bianco; dal coraggio di andare oltre l’incertezza, l’attesa ed essere pronti a (ri)cominciare”.

“Valori laici – ha concluso D’Ercole – (condivisibili da noi cattolici), storia vera (nel senso che racconta tutte le difficoltà di chi sceglie per la vita). Quindi un esempio di film laico che contiene una dimensione valoriale ‘condivisibile’. Un valore umano!”.

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ZENIT Staff

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