"Pregate per il Sinodo": il messaggio di Francesco ai vescovi d'Europa in Terra Santa

Aperta oggi, alla Domus Galilaeae, la plenaria del Ccee. Il card. Ouellet: “In questi giorni condivideremo con i fratelli cristiani in Terra Santa le gioie e le sofferenze della Chiesa europea”

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“Possa il vostro riposo nel Signore rinnovarvi nella santità della vita e nello zelo apostolico verso coloro che sono affidati alle vostre cure. Possa inoltre ravvivare la freschezza del Vangelo, dal quale “spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale”. Questo l’augurio rivolto da Papa Francesco alla presidenza delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) riunite da oggi fino al 16 settembre in assemblea plenaria in Terra Santa.

In un messaggio, indirizzato al presidente del Ccee, il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, il Papa scrive: “Poiché vi trovate a riflettere sulla vita della Chiesa nei vostri Paesi, prego affinché il tempo trascorso insieme sia innanzitutto un tempo forte di preghiera e solidarietà”. Affida dunque alle preghiere dei presuli “il prossimo Sinodo Generale, perché la Chiesa possa rispondere con sempre maggiore urgenza e generosità ai bisogni della famiglia”. Infine invoca l’intercessione di Maria e invia la Benedizione Apostolica “come pegno di sapienza e forza in Gesù Cristo nostro Signore”.

Ad aprire i lavori oggi, nella Domus Galilaeae, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, che ha subito ricordato come l’incontro dei presuli “avviene in un momento storico molto difficile e delicato”. “Di giorno in giorno – ha detto – aumentano i flussi migratori dai Paesi del Mediterraneo meridionale e orientale (in particolare da Africa e Medio Oriente) verso i Paesi dell’Unione Europea. Fame, guerre, povertà, assenza di diritti, persecuzione religiosa sono le cause che spingono molti a migrare in condizioni disumane”.

Il cardinale ha ricordato quindi le numerose denunce di Papa Francesco contro la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in altre parti del mondo, come pure la richiesta a legislatori e a governanti di assicurare ovunque la libertà religiosa. Non meno accorato è l’appello e i richiami del Pontefice per porre fine alle condizioni disumane che spingono migliaia di uomini, donne e bambini a lasciare le loro terre. “Anche le comunità ecclesiali europee non possono rimanere inermi spettatrici di fronte a un tale fenomeno epocale”, ha affermato.

E ha rimarcato che “celebrare quest’annuale Assemblea in Terra Santa non è una scelta come un’altra. Siamo venuti in pellegrinaggio – ha detto Ouellet – perché ogni cristiano è nato qui! Qui abbiamo le nostre radici, perché in questa terra il Figlio di Dio si è fatto uomo per salvarci e per rimanere sempre con noi; ha percorso queste strade predicando in parole e in opere, compiendo miracoli, prodigi e segni. In questo luogo ha portato a compimento il suo mistero pasquale ed ha effuso lo Spirito Santo inviando gli apostoli a fondare le altre Chiese nel mondo intero”.

“Le comunità cristiane di Terra Santa – ha proseguito – seppur minuscole e ulteriormente assottigliate dalla crisi della regione, custodiscono il mistero della Chiesa che ha un suo volto particolare, tratteggiato da una lunga storia, da tradizioni e riti, da diverse identità di appartenenza. Comprenderne i lineamenti significa riandare alle sorgenti della nostra fede”. Il prefetto della Congregazione per i vescovi ha dunque rilevato alcuni aspetti di questa singolare presenza ecclesiale; anzitutto il fatto che “le comunità ecclesiali in questa terra da 2000 anni generano cristiani che costituiscono una catena ininterrotta di testimoni e di martiri, che si collegano storicamente e geograficamente ai primi discepoli che hanno creduto nel Signore Crocifisso e Risorto”.

“Il Calvario – ha soggiunto – continua anche oggi nelle difficoltà di molti cristiani che non trovano lavoro, che non sono garantiti nei loro fondamentali diritti umani, che trepidano per il futuro incerto dei loro figli. Perciò sono costretti a lasciare questa loro terra per cercare altrove maggiore sicurezza. Numericamente i cristiani sono una minoranza e coabitano con i fedeli di due grandi Religione Monoteiste. Le comunità cristiane tuttavia si sentono parte integrante della società e partecipano a pieno titolo delle sue vicende civili, politiche e culturali. I fedeli cristiani desiderano contribuire per la costruzione della pace, … si impegnano ad essere artefici di riconciliazione e di concordia”.

Alquanto significativa, inoltre, per la sua storia complessa è la città di Gerusalemme, ha rilevato il cardinale, “casa comune di ebrei, cristiani e musulmani” che Papa Benedetto XVI definì “un microcosmo del nostro mondo globalizzato, con la vocazione ad insegnare l‘universalità, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione”. “La Chiesa Cattolica – ha assicurato – riconosce con gratitudine il nobile e antico contributo all’edificazione del Corpo di Cristo da parte dei cristiani di questa terra benedetta. I loro tesori di spiritualità, le risorse umane e religiose, come pure le sfide che li investono, ci appartengono e costituiscono un’indubbia provocazione riguardo alla presenza profetica e caritativa delle comunità cristiane in Europa”. 

Di qui un “grazie” ai fratelli di “questa terra dove tutto è cominciato” per la loro “fedeltà”. “In questi giorni – ha detto Ouellet – condivideremo insieme le gioie e le sofferenze della Chiesa presente nei nostri paesi Europei. Ma lo faremo nel contesto preciso di questa Chiesa, tanto martoriata quanto eroica. Sarà per noi un salutare esercizio di comunione che accrescerà la nostra sollecitudine universale e ci permetterà di affrontare le sfide odierne con l’unica forza che ci appartiene: quella dell’unità”. “Tutti siamo nella stessa barca!”, ha concluso, “non dunque un semplice guardarci a vicenda, ma un guardare uniti verso il futuro, partecipi gli uni del destino degli altri, certi che Dio continuamente conduce la sua Chiesa e la apre a nuovi orizzonti”.  

 

 

Marc Card. Ouellet

 

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ZENIT Staff

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