"Più libertà religiosa per i detenuti". Concluso incontro europeo dei cappellani carcerari

Terminato ieri a Strasburgo, presso la sede del Consiglio d’Europa, l’evento promosso da Ccee e Iccppc sul tema “Radicalizzazione nelle carceri: una visione pastorale”

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Per tre giorni (30 maggio – 1 giugno) una sessantina di partecipanti, fra i quali cappellani cattolici incaricati della pastorale nelle carceri, cappellani di Chiese ortodosse e protestanti, un gruppo di musulmani coinvolti nella stessa attività e rappresentanti del Consiglio d’Europa e di altre stanze internazionali (Comece, FIACAT), hanno risposto all’invito del CCEE, della Missione Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa e della Commissione Internazionale della Pastorale Cattolica nelle Carceri (ICCPPC) per confrontarsi sul fenomeno della radicalizzazione nelle prigioni.
L’Incontro Europeo dei Cappellani Penitenziari, che in parte si è svolto presso la sede del Consiglio d’Europa, è stato realizzato sotto gli auspici del Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland.
L’incontro si è concluso con una riflessione sulla spiritualità dei cappellani penitenziari; una presentazione del Giubileo della Misericordia per i Carcerati, che si terrà a Roma il 6 novembre 2016, nel contesto dell’Anno Santo della Misericordia indetto da Papa Francesco e la presentazione di alcune conclusioni (riprodotte di sotto) da parte del CCEE e l’ICCPPC, riguardanti la figura del cappellano penitenziario, la lotta contro la radicalizzazione e l’impegno per la promozione della dignità umana.
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Riportiamo di seguito le conclusioni del CCEE e dell’ICCPC al termine dell’Incontro Europeo dei Cappellani Penitenzieri.
Al termine dell’incontro europeo dei cappellani carcerari (Strasburgo, 30 maggio – 1 giugno) dal titolo: Radicalizzazione nelle carceri: una visione pastorale, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e la Commissione Internazionale della Pastorale Cattolica nelle Carceri (ICCPC) presentano le loro conclusioni.
Le condizioni a volte dure in cui versano le persone in carceri non negano il fatto che la persona sia creata a immagine di Dio, la sua inalienabile dignità e i suoi diritti. Come affermato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: “Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti” (art. 9).
Di fronte alla sfida posta dalla crescita dell’estremismo violento e dal fenomeno della radicalizzazione nelle carceri, accogliamo con favore la pubblicazione delle Linee Guida per i servizi carcerari e di libertà vigilata in materia di radicalizzazione ed estremismo violento approvate dal Consiglio d’Europa.
Le linee guida ribadiscono la necessità di rispettare il principio della libertà di espressione e la libertà di religione nelle carceri (n. 2); chiedono che si tenga conto ragionevolmente della cultura e delle tradizioni religiose dei prigionieri (abitudini alimentari, abbigliamento, opportunità per osservare il culto e le festività religiose) (n. 23); incoraggiano la creazione di accordi con le denominazioni religiose al fine di consentire ad un certo numero di rappresentanti religiosi approvati, opportunamente formati, di entrare nelle istituzioni (n. 25); sottolineano l’effetto benefico del coinvolgimento di rappresentanti religiosi, volontari, colleghi e familiari in vista di un efficiente reinserimento di coloro che hanno commesso un reato (n. 36).
La “libertà religiosa” nelle carceri è inattuabile senza l’assistenza dei rispettivi rappresentanti religiosi. Questa assistenza è essenziale affinché i detenuti possano esercitare i loro diritti religiosi. Secondo la nostra esperienza, il rispetto del diritto alla libertà religiosa non solo è compatibile con le condizioni di vita in carcere, ma rappresenta anche un fattore decisivo nella lotta contro l’estremismo violento.
I governi, le autorità carcerarie e i capi religiosi dovrebbero essere consapevoli che i cappellani carcerari hanno dimostrato di essere i più importanti garanti contro i maltrattamenti nelle carceri di tutto il mondo, e dovrebbero essere concesse loro la libertà, l’autorità e le opportunità di comportarsi come tali. Il ruolo del cappellano carcerario è esteso all’intera comunità carceraria incluso il personale, un fattore positivo nel promuovere il benessere all’interno dell’ambiente carcerario.
I cappellani delle diverse religioni possono cooperare nel promuovere il rispetto per la dignità umana dei prigionieri e nel costruire un ambiente caratterizzato dalla fiducia reciproca, basandosi sull’etica della reciprocità, ovvero la regola d’oro: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Possono anche essere un valido strumento per educare al rispetto per le persone di altre fedi. Un’autentica spiritualità porta sempre alla pace e al rispetto dell’altro.
Le testimonianze presentate in questo incontro dimostrano che tale cooperazione è possibile e in molti luoghi è già una realtà: vogliamo rafforzarla sempre di più, consapevoli che essa rappresenta anche un valido contributo ad una società più integrata e inclusiva.
Riaffermiamo il nostro impegno per essere al servizio del benessere spirituale di coloro che si trovano in carcere e per promuovere uno spirito di pace, tolleranza e comprensione reciproca tra persone appartenenti a confessioni religiose diverse o a nessuna confessione.
Alla luce di questo ruolo dimostrato del cappellano del carcere a fronte di estremismo violento in prigione, e in linea con la richiesta di una formazione adeguata fatto negli orientamenti (cfr n. 13.24) si raccomanda un aumento della capacità di pastorale carceraria cura cappellani nella conoscenza degli elementi di rischio e le esigenze di questo gruppo di persone. Vediamo il valore aggiunto di un approccio di valutazione del del rischio a breve termine e accogliamo l’impulso da parte di esperti che sono intervenuti in questa conferenza.
Allo stesso tempo, come indicano le linee guida, “coloro che lavorano verso la riabilitazione dei detenuti dovrebbe essere in grado di operare con autonomia e indipendenza appropriato tra coloro che sono impegnati nella raccolta di informazioni su estremisti violenti. Il successo della riabilitazione è infatti premessa sulla fiducia derivante da tale autonomia” (n.5).
Il rapporto personale tra cappellani e carcerati mira a creare uno spazio sicuro, uno spazio di libertà, che deve essere preservato a tutti i costi e che permette una discussione aperta che su basa sulla fiducia e il mutuo rispetto. La collaborazione tra le autorità pubbliche e le confessioni religiose nel fornire tale personale qualificato in forma di esperti leader di pastorale è essenziale.
Abbiamo intenzione di portare alla Chiesa cattolica presente in ogni paese europeo i dibattiti e le conclusioni di questo incontro per rafforzare l’impegno cattolico per aiutare ogni persona a trovare il proprio modo di essere una persona veramente realizzata e un portatore di pace. Insieme con le altre comunità cristiane e coloro di altre fedi, speriamo di assistere i cappellani a sviluppare le loro abilità e di essere una presenza apprezzata da tutti coloro che vivono o lavorano in una prigione. Siamo certi che la giustizia e l’amore corrisponde a ciò che tutti desiderano veramente e per questo crediamo che Gesù Cristo ci invia come operatori di pace e costruttori di ponti, al fine di promuovere la riconciliazione.
Papa Francesco ci ha sempre ricordato il valore perenne della parola del Signore: “Ero in carcere e non mi avete visitato”, riservando un posto speciale per i prigionieri nella celebrazione del presente Anno Giubilare della Misericordia. Ha scritto: “L’Anno Giubilare ha sempre costituito l’occasione per una grande amnistia, che ha lo scopo di includere le tante persone che, nonostante la punizione meritevole, sono diventati consapevoli dell’ingiustizia hanno lavorato e sono sinceramente desiderosi di rientrare nella società e rendere il loro onesto contributo. Perché tutti siano toccati in modo tangibile dalla misericordia del Padre che vuole essere vicino a coloro che hanno più bisogno del suo perdono. Essi possono ottenere l’Indulgenza nelle cappelle delle prigioni. Che il gesto di dirigere il loro pensiero e la preghiera al Padre ogni volta che attraversano la soglia della loro cella significa per loro il loro passaggio attraverso la Porta Santa, perché la misericordia di Dio è in grado di trasformare i cuori, ed è anche in grado di trasformare bar in un’esperienza di libertà (Lettera in base alla quale l’indulgenza è concessa ai fedeli in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia).
Il Giubileo dei prigionieri, che si celebrerà a Roma il 6 novembre 2016, sarà un’occasione speciale per sottolineare che i nostri fratelli e sorelle in stato di detenzione sono al centro della vita della Chiesa e per rinnovare il nostro impegno a loro

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ZENIT Staff

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