Più di 200 milioni di cristiani subiscono discriminazioni

Denuncia del rappresentante vaticano all’ONU

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, martedì, 27 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Anche se “non c’è alcuna religione al mondo che sia esente da discriminazione”, quella cristiana è la più perseguitata, ha denunciato il 21 ottobre a New York l’Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

“E’ ben documentato che i cristiani sono il gruppo religioso più discriminato”, visto che “più di 200 milioni di loro, di varie confessioni, sono in situazioni di difficoltà per strutture legali e culturali che portano alla loro discriminazione”, ha ricordato il presule intervenendo alla 64ª sessione dell’Assemblea Generale dell’organismo sull’item 69 (b), “Promozione e difesa dei diritti umani”.

“Pur essendo ripetutamente proclamato dalla comunità internazionale e specificato negli strumenti internazionali, così come nella Costituzione della maggior parte degli Stati”, il diritto alla libertà religiosa “continua ad essere oggi ampiamente violato”, ha ammesso.

“Atti di intolleranza e violazioni della libertà religiosa continuano ad essere perpetrati in molte forme”, al punto che “sempre più casi vengono portati all’attenzione dei tribunali o dei corpi internazionali per i diritti umani”.

La minaccia delle leggi sulla blasfemia

Nei mesi scorsi, ha ricordato l’Osservatore Permanente, alcuni Paesi dell’Asia e del Medio Oriente hanno visto le comunità cristiane “attaccate, con molti feriti e morti” e “chiese e case date alle fiamme”.

Queste azioni, ha segnalato, “sono state commesse da estremisti in risposta alle accuse mosse contro alcuni individui in base alle leggi antiblasfemia”.

In questo contesto, monsignor Migliore ha osservato che la sua delegazione “loda e sostiene” la promessa del Governo del Pakistan di “rivedere ed emendare quelle leggi”.

Le disposizioni legislative sulla blasfemia, ha proseguito, “sono diventate troppo facilmente un’opportunità per gli estremisti di perseguitare quanti scelgono liberamente di seguire una tradizione di fede diversa” e sono state usate per “fomentare l’ingiustizia, la violenza settaria e la violenza tra religioni”.

Di fronte a questa situazione, i Governi devono “affrontare le cause di base dell’intolleranza religiosa e abrogare queste leggi che servono come strumenti di abuso”.

Volontà di cambiare

Se la legislazione che restringe la libertà d’espressione “non può cambiare atteggiamento”, ha dichiarato l’Arcivescovo Migliore, “ciò che invece è necessario è la volontà di cambiare”.

Questa, ha osservato, può essere raggiunta “aumentando la consapevolezza degli individui, portandoli a una maggiore comprensione della necessità di rispettare tutte le persone, indipendentemente dalla loro fede o dal background culturale”.

Gli Stati, dal canto loro, “dovrebbero evitare di adottare restrizioni alla libertà d’espressione, che spesso hanno portato ad abusi da parte delle autorità e al mettere a tacere le voci dissenzienti, soprattutto quelle degli individui che appartenevano a minoranze etniche e religiose”.

“L’autentica libertà d’espressione può contribuire a un maggior rispetto per tutti e fornire l’opportunità di parlare contro violazioni come l’intolleranza religiosa e il razzismo e di promuovere l’uguale dignità di tutti”, ha indicato.

Visto che l’odio e la violenza verso religioni specifiche che persistono in vari luoghi suggeriscono una situazione caratterizzata dall’intolleranza, “è imperativo che i popoli delle varie tradizioni di fede collaborino per crescere nella comprensione reciproca. C’è bisogno di un autentico cambiamento di mente e cuore”.

Questo obiettivo, ha aggiunto, si raggiunge soprattutto attraverso “l’educazione all’importanza della tolleranza e del rispetto per la diversità culturale e religiosa”.

“La cooperazione tra le religioni – ha concluso l’Arcivescovo – è un prerequisito per la trasformazione della società”, perché “si possa davvero costruire una cultura della tolleranza e della coesistenza pacifica tra i popoli”.

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ZENIT Staff

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