Perché non è possibile equiparare l'adozione all'eterologa?

La prossimità al dolore di un bambino, lasciato senza custodia materna e paterna, diventa il rimedio alla sofferenza della sterilità dei genitori adottivi

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La Corte Costituzionale, quando ha sentenziato la possibilità di utilizzare in Italia la pratica della fecondazione eterologa, ha motivato la sua decisione richiamando il principio della genitorialità adottiva, esistente sia nelle normative nazionali che in quelle internazionali. Come una madre e un padre possono diventare genitori adottivi di figli non nati dalla loro relazione coniugale, così un uomo e una donna  possono diventare genitori di un figlio nato da gameti appartenenti a donatori esterni alla coppia.

Di questo parere non sono soltanto i giudici costituzionali, ma anche una buona parte della nostra società. E’ modo comune di pensare che la fecondazione eterologa sia equivalente all’adozione. In realtà questo non corrisponde al vero ed è doveroso contrabbattere questa tesi argomentando le notevoli differenze che esistono tra le due scelte genitoriali. Cercando di elencare le differenze, si arriva a comprendere che l’adozione è tutto altro rispetto alla fecondazione eterologa.

Un uomo e una donna, che scelgono la fecondazione eterologa, nutrono un grande desiderio di maternità e paternità carnale. Ritengono che si può definire figlio solo una creatura umana che viene portata nel proprio grembo.

Una famiglia adottiva concepisce la maternità e la paternità come un gesto di accoglienza di un bambino nato da qualche parte del mondo, appartenente a qualunque etnia, razza, cultura o nazione. Quel minore è loro figlio, non perchè generato dalle proprie viscere. E’ figlio perchè i genitori adottivi hanno deciso di accoglierlo e dedicargli tutta la loro vita, per educarlo ed accompagnarlo nella sua crescita umana e spirituale.

Le differenze sostanziali riguardano l’identità del figlio: per i genitori che scelgono l’eterologa il figlio deve avere necessariamente i caratteri somatici il più possibile vicini ai propri. In alcuni paesi stranieri dove viene praticata l’eterologa (non sappiamo ancora cosa avverrà in Italia) è possibile scegliere i gameti in modo da avere tratti del volto simili a quelli dei genitori. Avviene, in forma velata, quello che comunemente viene chiamata la selezione della specie.

La forza dell’amore dei genitori adottanti supera l’aspetto esteriore e cerca di cogliere l’interiorità di un bambino o di un adolescente che cerca disperatamente di essere guidato, sostenuto e confortato nel cammino della vita.

Un’altra differenza sostanziale è l’età del minore. Un padre e una madre adottiva, quando si rendono disponibili all’accoglienza, sono consapevoli che si perderanno anni di vita del loro figlio, che potrà arrivare con età prescolare, scolare o adirittura adolescente. Per i genitori che scelgono l’eterologa questo è inconcepibile, perchè il figlio è non solo colui che si è portato nel grembo, ma è soprattutto colui che si è preso in braccia appena nato, è colui al quale si sono cambiati i pannolini, ed è colui che viene cullato tra le braccie i primi giorni di vita.

Aprire le braccia ad un adolescente o ad un bambino in età prescolare o scolare, come fanno i genitori adottivi, viene considerato da alcuni un gesto irrazionale e innaturale. Un papà e una mamma adottiva, quando stringono tra le braccia il loro figlio, lo hanno da tempo già accolto nel loro cuore, anche senza conoscere il suo volto, perchè lo hanno già concepito nell’attesa della gestazione adottiva.

Il suo volto non è immaginabile, perchè sconosciuto è il suo paese di provvenienza ed ignota è l’età che avrà quando lo vedranno per la prima volta. Il figlio nato dai genitori adottivi non è stato generato da una comunione carnale, ma da un desiderio spirituale che rende carnale il frutto del loro desiderio.

I genitori che scelgono l’eterologa non desiderano rinunziare nel dare alla luce il loro figlio, anche se in realtà il figlio non è totalmente loro. Il bambino è nato da gameti estranei alla coppia. Per questa ragione la genitorialità eterologa possiamo definirla come un sottoinsieme della genitorialità biologica.

Alcune domande possono aiutare a comprendere questa parzialità. E’ giusto parlare di maternità biologica quando è avvenuta una implantologia embrionale con gameti esterni alla coppia? Si può chiamare maternità biologica se si vive solo la gestazione embrionale? E’ corretto usare la parola maternità e paternità biologica quando il patrimonio genetico non è esclusivo del padre e della madre gestante? Qual’è il ruolo della paternità biologica di un uomo che acconsente alla sua compagna di utilzzare gli spermatozooi di un altro uomo?

Si potrebbero fare tante altre differenze tra l’adozione e la fecondazione eterologa, ma è molto superficiale equiparare l’estraneità dei gameti (caratteristica della fecondazione eterologa) con l’accoglienza di un bambino abbandonato, nato da genitori biologici (caratteristica dell’adozione).

Quello che interessa è che ci sia qualcuno che si prenda cura dei bambini abbandonati. E allora perchè giocare con gli embrioni, quando ci sono tanti bambini abbaondonati in ogni parte del mondo che chiedono solo di essere accolti ed amati?

La mancanza di un figlio per un marito e una moglie diventa lo spazio vuoto da destinare ai bambini abbandonati. Questo è il senso più profondo della storia di un marito e di una maglie che non hanno avuto il dono di avere  figli biologici.

La prossimità al dolore di un bambino, lasciato senza custodia materna e paterna, diventa il rimedio alla sofferenza della sterilità dei genitori adottivi. L’adozione compie il miracolo di avvicinare due piaghe e guarirle con il rimedio dell’accoglienza reciproca. Come i genitori che si aprano alla vita sono chiamati ad accogliere i figli che Dio vorrà loro donare, così i genitori che si scoprono sterili biologicamente sono chiamati a vivere la fecondità spirituale, accogliendo i loro figli già nati in qualche parte del mondo. 

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Osvaldo Rinaldi

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