Per un ibrido cartaceo-digitale

Daniele Bellasio, caporedattore de Il Sole 24 Ore, illustra alla stampa cattolica i trend di cambiamento dei media e le innovazioni introdotte dai siti cattolici americani

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Tra gli interventi più apprezzati del meeting Pellegrini nel Cyberspazio, primo incontro dei media cattolici svoltosi a Grottammare (AP) dal 12 al 14 giugno, possiamo senz’altro annoverare quello di Daniele Bellasio, caporedattore de Il Sole 24 Ore.

Bellasio è intervenuto nel corso della seconda giornata di lavori portando un contributo sul tema La conversione digitale dell’informazione: notizia, professione e redazioni multimediali. Un tema centrale per i partecipanti al convegno che sono, appunto, impegnati nella ricerca di una efficace forma di equilibrio fra i tradizionali giornali cartacei delle Diocesi, ricchi di cent’anni di storia, e le nuove forme di diffusione digitale che affiancano il cartaceo.

Moderatori dell’incontro: don Adriano Bianchi, coordinatore della commissione Web e formazione FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) e Carlo Cammoranesi, delegato FISC delle Marche.

Bellasio ha subito citato in apertura la sua specificità professionale e la sua fascia anagrafica: social media editor, 40 anni. Un’età che lo pone a metà strada fra la stampa tradizionale e Internet. Il social media editor ha la funzione di utilizzare i social media per raccogliere informazioni, monitorare i trend e fare notizia, nonché di tenersi al passo con l’innovazione tecnologica per suggerire le migliori soluzioni per lo sviluppo del giornale online. Dunque la persona giusta per capire come cambiano i media e come cambia la professione giornalistica con l’integrazione dei social network nel lavoro redazionale.

Nel 2013 – ha esordito Bellasio – i quotidiani cartacei sono scesi sotto i 4 milioni di copie mentre i tablet hanno superato quota 7 milioni; le stime sul mercato italiano parlano di 37 milioni di smartphone; a ciò si aggiunga che la metà degli italiani sta sui social network e che la pubblicità su stampa cala del 30% l’anno, mentre la pubblicità su mobile è cresciuta l’anno scorso del 130%. Ce n’è abbastanza per dire che l’edicola si sta trasferendo in buona parte sul web.

L’inarrestabile sviluppo della rete, secondo Bellasio, pone agli operatori dell’informazione tre problemi fondamentali: 1) non si può non essere sul web; 2) bisogna accettare le regole di funzionamento del web; 3) esiste un serio problema di attendibilità delle notizie sul web.

Ma esistono anche altri aspetti da tenere in considerazione: prima fra tutti l’identità, senza la quale si è destinati a scomparire dalla rete. “Questo ci fa tornare ad essere ottimisti circa il futuro della nostra professione”, ha affermato il giornalista con riferimento all’indispensabile lavoro di selezione, mediazione e verifica necessario per proporre un’informazione qualitativa distinguendola dalla zavorra diffusa sul web.

“La rete è spietata in termini di identità”, ha commentato Bellasio. Certe volte si può essere tentati d’inseguire uno scoop per poi scoprire che, se ci si è troppo allontanati dall’identità della testata, il successo di un momento viene pagato a caro prezzo, compromettendo il livello di credibilità presso i lettori.

Secondo Bellasio, la rete, se ha ampliato le possibilità di diffusione, non ha modificato il concetto di linea editoriale: identità significa tener conto del pubblico (o dei pubblici) di riferimento. Per avviare un progetto editoriale in rete, bisogna dunque rispettare tre condizioni. Primo, riscoprire il valore dell’informazione di servizio: “Il lettore in rete è esigente, anche il meno digitalizzato utilizza Google per prendere un treno”.

Secondo: avere in mente un’idea di comunità e lavorare per crearla. Anche se teoricamente la rete può raggiungere tutto il mondo, nella pratica questo non avviene. Occorre dunque puntare alla creazione di una comunità specifica, lavorando per ampliare lo spirito di appartenenza. Il valore economico di un sito è dato dal numero di utenti che tornano frequentemente e che si soffermano a lungo. Gli investitori pubblicitari hanno compreso che è più importante avere un pubblico fedele, piuttosto che qualche occasionale aumento dei click sui banner.

Terzo: un sito deve anche essere gradevole, deve saper divertire i lettori e indurre il piacere di tornarvi. Sul sito del Sole24ore – ha spiegato Bellasio – abbiamo introdotto delle componenti ludiche: ad esempio dei quiz sui temi trattati dal giornale. Il giornalista si è quindi soffermato sul ruolo dei blog e dei social network. Questi ultimi, in particolare, sono caratterizzati dalla rivoluzione della interattività. Ma ciò significa che bisogna impegnarsi per interagire con i lettori: “Bisogna avere il coraggio di mettere una persona a capire i lettori” perché “la comprensione dei lettori ha un valore economico”. “Se non c’è dialogo il sito è finito, a volte rende molto anche semplicemente chiedere scusa per un errore”.

Per quanto riguarda i blog, Bellasio ha spiegato che sono “a metà strada fra un giornale e un social network” ed è importante utilizzarli per valorizzare chi scrive: “In rete la persona fisica ha presa, occorre creare dei brand personali”. Il giornalista ha quindi citato un fenomeno emergente che si sta manifestando negli Usa: “L’informazione digitale ha bisogno di creare eventi” perché “il social network avvicina a tal punto che poi vuoi uscire dalla dimensione virtuale per viverlo nell’evento”.

Poi ancora qualche osservazione sulle innovazioni prodotte dalla rete: “Si possono fare giornali senza sedi fisiche, si possono creare nuove forme di lavoro e di organizzazione del lavoro”. Dopo la conclusione del suo intervento, Daniele Bellasio si è soffermato a dialogare con il pubblico rispondendo ad alcune domande. Sono emerse, con ciò, ulteriori riflessioni che hanno toccato altri temi stimolanti. In particolare, il giornalista ha citato i siti cattolici americani: sono provvisti di risorse di interattività sul genere dei social network e ottengono milioni di visite proponendo, ad esempio, cori e canti religiosi. Una ulteriore conferma di come si possa – e si debba – valorizzare l’identità per sfruttare al meglio le potenzialità della rete.

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Massimo Nardi

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