Apostolic exhortation Evangelii Gaudium

ZENIT - Junno Arrocho

Per un dialogo non relativista: alcuni spunti dalla "Evangelii Gaudium"

È possibile realizzare un incontro con le altre fedi reciprocamente costruttivo solo dopo una buona “preparazione” 

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Diciamo subito che il dialogo – nel caso che considereremo “interreligioso” tra credenti in Dio e, come si vedrà in fine, al n. 257, anche “umanitario” con non credenti; dialogo quindi distinto da quello “ecumenico” che riguarda solo i credenti in Cristo – non è appannaggio di tutti ma solo di quei cristiani forniti di una buona preparazione, sia riguardo alla propria fede sia quanto alla conoscenza della fede della persona con cui si vuole dialogare.

Se non c’è questo si rischia molto di far danno, sia al “fratello” cui si vuole comunicare la fede cattolica, sia alla fede dello stesso credente che potrebbe venire resa dubbiosa dalla, a volte ben strutturata, preparazione altrui. Insomma si tratterebbe di salvaguardarsi da una “insidia alla fede” proveniente dalla propria imprudenza e malriposta autosufficienza.

Insieme è necessario un buon bagaglio di umanità, con le relative virtù del rispetto, della pazienza, dell’ascolto, della parresia e di quant’altro sia necessario per rassicurare il “fratello” di fede alternativa che non lo si vuole “aggredire” o turlupinare. Nulla di meglio quindi che mettersi alla scuola di Papa Francesco che ci invita a condividere l’apertura misericordiosa scelta come bandiera del proprio stile pastorale. La Evangelii Gaudium ci può essere di guida con i seguenti passi che sono stati indicati e sottolineati alla famiglia dei GRISsini dal nostro Consigliere spirituale, Don Battista Cadei, per il mese di Maggio.

Spunti dalla Evangelii Gaudium (EG) di papa Francesco – XVII

Il dialogo interreligioso

Il mondo dei Movimenti Religiosi Alternativi può per lo più dare spazio al dialogo interreligioso sul quale si dilunga la «Evangelii Gaudium», di cui riportiamo alcuni paragrafi:

EG 250: «Un atteggiamento di apertura nella verità e nell’amore deve caratterizzare il dialogo con i credenti delle religioni non cristiane, nonostante i vari ostacoli e le difficoltà, particolarmente i fondamentalismi da ambo le parti. Questo dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose.

Questo dialogo è in primo luogo una conversazione sulla vita umana o semplicemente, come propongono i vescovi dell’India “ un atteggiamento di apertura verso di loro, condividendo le loro gioie e le loro pene. Così impariamo ad accettare gli altri nel loro differente modo di essere, di pensare e di esprimersi. Con questo metodo, potremo assumere insieme il dovere di servire la giustizia e la pace, che dovrà diventare un criterio fondamentale di qualsiasi interscambio. Un

dialogo in cui si cerchi la pace sociale e la giustizia è in sé stesso, al di là dell’aspetto meramente pragmatico, un impegno etico che crea nuove condizioni sociali. Gli sforzi intorno ad un tema specifico possono trasformarsi in un processo in cui, mediante l’ascolto dell’altro, ambo le parti trovano purificazione e arricchimento. Pertanto, anche questi sforzi possono avere il significato di amore per la verità».

EG 251: «In questo dialogo, sempre affabile e cordiale, non si deve mai trascurare il vincolo essenziale tra dialogo e annuncio, che porta la Chiesa a mantenere ed intensificare le relazioni con i non cristiani. Un sincretismo conciliante sarebbe in ultima analisi un totalitarismo di quanti pretendono di conciliare prescindendo da valori che li trascendono e di cui non sono padroni. La vera apertura implica il mantenersi fermi nelle proprie convinzioni più profonde, con un’identità chiara e gioiosa, ma aperti “a comprendere quelle dell’altro” e “sapendo che il dialogo può arricchire ognuno”. Non ci serve un’apertura diplomatica, che dice sì a tutto per evitare i problemi, perché sarebbe un modo di ingannare l’altro e di negargli il bene che uno ha ricevuto come un dono da condividere generosamente. L’evangelizzazione e il dialogo interreligioso, lungi dall’opporsi tra loro, si sostengono e si alimentano reciprocamente».

EG 254: «I non cristiani, per la gratuita iniziativa divina, e fedeli alla loro coscienza, possono vivere “ giustificati mediante la grazia di Dio”, e in tal modo “ associati al mistero pasquale di Gesù Cristo”. Ma, a causa della dimensione sacramentale della grazia santificante, l’azione divina in loro tende a produrre segni, riti, espressioni sacre, che a loro volta avvicinano altri ad una esperienza comunitaria di cammino verso Dio. Non hanno il significato e l’efficacia dei Sacramenti istituiti da Cristo, ma possono essere canali che lo stesso Spirito suscita per liberare i non cristiani dall’immanentismo ateo o da esperienze religiose meramente individuali. Lo stesso Spirito suscita in ogni luogo forme di saggezza pratica che aiutano a sopportare i disagi dell’esistenza e a vivere con più pace e armonia. Anche noi cristiani possiamo trarre profitto da tale ricchezza consolidata lungo i secoli, che può aiutarci a vivere meglio le nostre peculiari convinzioni».

EG 257: «Come credenti ci sentiamo vicini anche a quanti, non riconoscendosi parte di alcuna tradizione religiosa, cercano sinceramente la verità, la bontà e la bellezza, che per noi trovano la loro massima espressione e la loro fonte in Dio. Li sentiamo come preziosi alleati nell’impegno per la difesa della dignità umana, nella costruzione di una convivenza pacifica tra i popoli e nella custodia del creato. Uno spazio peculiare è quello dei cosiddetti nuovi Areopaghi, come il “Cortile dei Gentili”, dove “credenti e non credenti possono dialogare sui temi fondamentali dell’etica, dell’arte, e della scienza, e sulla ricerca della trascendenza”. Anche questa è una via di pace per il nostro mondo ferito».

 

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Sandro Leoni

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