Per quelli che il Creatore non esiste (Prima parte)

Parlare di metafisica oggi

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La metafisica dimostra l’esistenza di Dio tramite la prova a priori, che evidenzia come l’idea di Dio implichi la sua esistenza, e quella a posteriori che dalla realtà del mondo risale alla sua Causa prima.

Come è noto, San Tommaso d’Aquino nega la validità della prova a priori [1] e sostiene che l’essere di Dio può essere dimostrato soltanto a posteriori partendo dall’analisi ontologica del mondo.

È oggi riproponibile il suo processo dimostrativo di carattere metafisico, oppure si deve sottoscrivere la sentenza kantiana, secondo la quale la metafisica è impossibile?

Prima di rispondere a questa domanda è necessario chiedersi “cos’è il mondo?”, perché è dalla sua conoscenza che il Filosofo perviene ad affermare la sua origine in Dio, inteso come Essesubsistens.

Secondo Aristotele il mondo è l’universo fisico nel quale viviamo; esso è composto dalla Terra, dai pianeti e dal “cielo delle stelle fisse”. Le stelle sono astri luminosi fissati su sfere trasparenti, che ruotano attorno alla Terra con un movimento circolare con velocità costante.

Questa struttura cosmologica è presente anche in Tolomeo e viene radicalmente messa in discussione da Copernico, il quale, rifacendosi ad alcune teorie greche (ad esempio di Filolao e di Eraclide), pose il Sole al centro del mondo e decentrò la Terra nella sfera del V circolo.

Copernico introdusse, quindi, una nuova interpretazione del sistema cosmologico di carattere eliocentrico, che doveva sostituire quello geocentrico aristotelico-tolemaico.

Galileo cercò di confermare a livello sperimentale il modello cosmologico copernicano[2], ma la verifica avvenne due secoli più tardi nell’Ottocento soprattutto per opera di Foucault.

Secondo il filosofo marxista Bloch il sistema tolemaico e quello copernicano hanno lo stesso valore interpretativo, perché, secondo la teoria della relatività, non esiste uno “spazio vuoto e immobile” al cui interno sono situati i corpi celesti e la misura del loro movimento dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, per cui si può ipotizzare che la terra sia immobile e il sole mobile [3].

Come si vede, da questa brevissima sintesi di alcuni (fra i tanti) modelli cosmologici, non c’è conoscenza del mondo che non implichi dei “paradigmi interpretativi” [4]come sostiene l’epistemologo Kuhn,  secondo il quale essi si succedono nel tempo sostituendosi vicendevolmente a seconda delle teorie scientifiche più accreditate. Conseguentemente, la verità dipende dal modello interpretativo adottato.

A questo punto, riproporre la domanda iniziale “cos’è il mondo?” sembra senza senso. Infatti, la domanda è di sapore socratico: va alla ricerca della quidditas, cioè dell’essenza; ma, come abbiamo visto, esistono non il mondo in sé, ma diversi paradigmi interpretativi del mondo.

Come scrive giustamente Rorty: “I movimenti più importanti della filosofia del Novecento sono stati antiessenzialisti” [5], infatti il ‘900 è stato il secolo della morte della metafisica, che ha sempre affermato la conoscenza dell’essenza immutabile e necessaria della realtà, e dell’affermazione dell’ermeneutica, intesa come koinè universale [6], come linguaggio comune della nostra epoca.

Come vedremo, l’ermeneutica odierna sostiene la tesi di Nietzsche secondo cui “non ci sono fatti, ma solo interpretazioni”.

Continua…

***

NOTE

[1] San Tommaso critica la prova a priori di Sant’Anselmo, affermando che dall’idea di un essere di cui non si può pensare il maggiore non si può inferire la sua esistenza, perché è un indebito passaggio dall’ordine logico-ideale a quello reale. Scrive il filosofo: «Posto che ognuno intenda che con questo nome Dio è significato […] ciò che è tale che nulla di più grande può essere concepito, non ne segue per ciò che si intenda che la cosa significata da questo nome sia nella natura, ma soltanto che è nell’apprensione dell’intelletto» (San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, 1, I, 1).

[2] Galileo, durante il processo davanti Tribunale del Santo Uffizio (febbraio 1633), addusse come prova del moto di rotazione della Terra intorno al Sole, il fenomeno delle maree che sarebbe dovutodal sommovimento delle acque provocato dal moto terrestre. Tesi risultata erronea perché le maree sono provocate dall’attrazione esercitata dalla luna, come sostenevano gli inquisitori definiti “imbecilli” da Galileo. Inoltre si sbagliava affermando la fissità del Sole, perché esso è in movimento, ruotando all’interno della Galassia.

Giovanni Paolo II afferma che “come la maggior parte dei suoi avversari, Galileo non fa distinzione tra quello che è l’approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura, di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. E’ per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un’ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili” (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, Roma 31 ottobre 1992. Il corsivo è mio).

Il “suggerimento” era stato dato dal cardinale Bellarmino, popperianoante litteram, che contestava allo scienziato non la teoria copernicana in quanto tale, ma il volerne affermare la verità assoluta, e veniva proposto al filosofo di presentarla come un’ipotesi in attesa di future conferme.

Feyerabend, epistemologo discepolo di Popper, notoriamente agnostico, scrive giustamente: “La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione” (P. Feyerabend, Wider den Methodenzwang, Frankfurt/Main 1976, p. 206).

[3] Cfr. E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Suhrkamp, Frankfurt /Main 1959, p. 920.

[4] Scrive Kuhn: «Con tale termine  (paradigma interpretativo) voglio indicare conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali, per un certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che praticano un certo campo di ricerche» (T.S.Kuhn., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1969, p. 10).

[5] R. Rorty, Anticlericalismo e teismo, in R. Rorty, G. Vattimo, Il futuro della religione. Solidarietà, carità, ironia, a cura di S. Zabala, Garzanti, Milano 2005, p. 33.

[6]  Cfr. G. Vattimo, L’herméneutique comme nouvelle koiné. Éthique de l’interpretation, La Decouverte, Paris 1991, pp. 45-58.

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Maurizio Moscone

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