Human cell-line in laboratory

Human cell-line in laboratory - Wikimedia Commons

Per la Consulta l'embrione umano "non è materiale da laboratorio"

Soddisfazione da parte del Mpv, di Scienza & Vita e dell’on. Roccella dopo la sentenza della Corte Costituzionale che pone il divieto di usare embrioni umani per la ricerca

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La Corte Costituzionale salva l’embrione umano. Con una sentenza di ieri, infatti, la Consulta ha respinto il ricorso di una coppia che, dopo diversi cicli falliti di procreazione assistita, chiedeva di poter donare alla ricerca gli embrioni malati che non possono essere trasferiti ai fini dell’impianto, anziché crioconservarli. La richiesta della coppia andava contro il divieto della legge 40 alla ricerca sugli embrioni umani.
Diverse le reazioni seguite alla decisione dei giudici. Salutata “con apprezzamento” da Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita italiano, il quale ha sottolineato: “La Corte ha richiamato la complessità dei profili etici e scientifici e il bilanciamento dei diritti in gioco. Ora tocca al Parlamento decidere una volta per tutte se l’essere umano allo stadio di sviluppo embrionale è davvero ‘uno di noi’ come sostengono il Movimento per la Vita italiano e i 650mila concittadini che ne hanno firmato l’iniziativa promossa presso la Commissione europea, o se viceversa esistano essere umani a cui una maggioranza può arbitrariamente decidere di non riconoscere dignità e garantire tutela”. In questo caso, conclude Gigli, “si tratterebbe evidentemente, di una discriminazione basata sul potere del più forte. Essa costituirebbe un vulnus gravissimo al primo dei diritti dell’uomo, il diritto alla vita”.
Parla di una “legge 40 che resiste” la sua collega in Parlamento Eugenia Roccella (Idea), commentando la decisione dei giudici di non ridurre l’embrione a “materiale da laboratorio”. La Roccella rileva che “nonostante oltre dieci anni di ininterrotti attacchi da parte delle potenti lobby della fecondazione artificiale e del nuovo mercato dei figli, e nonostante alcune sentenze l’abbiano profondamente modificata, alcuni dei pilastri fondamentali della legge restano in piedi. Non solo il divieto di maternità surrogata ma anche quello di distruggere gli embrioni umani in laboratorio continua a valere”.
Soddisfazione per la sentenza anche da parte di Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita. “Le ragioni per il nostro plauso alle conclusioni di questa sentenza – si legge nella nota stampa – risiedono essenzialmente nella conferma del riconoscimento del valore dell’embrione umano, prescindendo dalle modalità della sua generazione, e della tutela dei suoi diritti”. Per Ricci Sindoni “non è eticamente accettabile” che gli embrioni possano essere “donati per la ricerca scientifica (ovvero trasformati in ‘cavie’, danneggiati e distrutti), con la giustificazione che il fine ultimo è la guarigione di tante malattie ancora incurabili. Come si potrebbe, infatti, promuovere la ricerca del bene di qualcuno a scapito di qualcun altro? Ci sono forse vite che hanno più valore di altre? O esseri umani meno degni di tutela di altri?”.

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ZENIT Staff

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