Per l'ignominia delle "donne crocifisse"

Venerdì 21 marzo, una “Via Crucis” a Roma per sensibilizzare l’opinione pubblica sullo sfruttamento sessuale, un mercato alimentato in Italia da 9milioni di uomini

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Ogni provincia d’Italia ha la sua “Via Crucis”, che si snoda lungo i bordi delle strade tutti i giorni dell’anno. Le sue stazioni, di notte, sono segnalate sovente da falò che illuminano corpi seminudi. Destano scandalo, come tutte le “Vie Crucis” della storia. Ma, proprio come tutte le “Vie Crucis” della storia, si alimentano di oblio e di complicità.

Tra tanta indifferenza, spunta talvolta qualche “Veronica” pronta a infrangere questa coltre di scandalo silente. Come il combattivo prete romagnolo don Oreste Benzi, che con la sua “Comunità Giovanni XXIII” sempre si prodigò per aiutare gli ultimi, gli emarginati. Il suo modo di fare diretto e immediato, lo portava a cercare le prostitute sui marciapiedi. A rivolgerle una parola di conforto, di affetto, fino a strapparle da quella vita miserabile cui sono costrette dai loro aguzzini.

Il suo impegno ha tolto dalla schiavitù della prostituzione oltre 9mila ragazze. Don Oreste è morto nel 2007, ma il suo testimone è stato raccolto dalla comunità da lui fondata. Per il prossimo 21 marzo, venerdì di Quaresima, la “Comunità Giovanni XXIII” ha organizzato una “Via Crucis” che passerà nel cuore di Roma dedicata alle “donne crocifisse”. Partirà alle ore 20 da p.zza SS. Apostoli e si concluderà con un oratorio sacro presso la chiesa di Santa Maria in Traspontina, a due passi da San Pietro.

“È così – spiega a ZENIT don Aldo Buonaiuto, della “Comunità Giovanni XXIII” – che vogliamo mettere in evidenza la condizione di tutte quelle donne, di cui il 40% minorenni, sfruttate e usate da oltre 9milioni di maschi per le strade d’Italia, nei night club e negli appartamenti”. Si tratta di una “Via Crucis” di solidarietà, “che si prefigge di unire non solo i credenti – l’augurio di don Aldo – ma tutti coloro che credono nella dignità della persona e che non si faranno mai correi dello schiavismo e della compravendita del corpo umano”.

Sarà un modo per proseguire e dar risalto all’impegno che don Benzi iniziò nella sua Rimini, che era – racconta don Aldo – “una sorta di capitale del turismo sessuale”. È lungo la riviera romagnola che egli scoprì l’orrore della schiavitù. Orrore testimoniato dall’immagine di quelle “ragazzine che dinanzi a un prete con la tonaca lisa piangevano e raccontavano la propria vita vissuta in un sistema perverso e criminale”, spiega don Aldo. “Percosse, torture, estorsioni, violenze dei magnaccia e dei clienti”, sono queste le realtà che don Oreste prese a cuore.

Oggi, l’opera di don Oreste continua, grazie al “volontariato dell’unità di strada” della “Comunità Giovanni XIII”, “in tutto il territorio nazionale e in altri 40 Paesi nel mondo”, spiega don Aldo. Opera che mira “a sensibilizzare le coscienze, a dar rifugio a quelle ragazze che scappano da una condizione di schiavitù e ad offrir loro un’opportunità d’integrazione sociale”.

Per arginare il drammatico stillicidio dello sfruttamento della prostituzione, c’è però bisogno anche di azioni concrete da parte delle Istituzioni. La “Comunità Giovanni XXIII” chiede che, come racconta don Aldo, “il governo italiano dia piena attuazione alla direttiva europea che prevede il rafforzamento delle politiche di prevenzione della tratta di esseri umani”. Politiche che passano per “misure che scoraggiano la domanda di tutte le forme di sfruttamento”.

È proprio quello che chiedeva, già negli anni ‘90, don Benzi, “quando affermava che questo mercato si sconfigge attaccando la domanda, cioè punendo il cliente”, spiega don Aldo. “Oggi – prosegue il presbitero – questa direttiva europea è chiamata ‘modello nordico’, io in Italia la chiamerei piuttosto ‘metodo don Benzi’, perché si basa sull’intuizione che don Oreste ebbe tanti anni fa”.

Don Aldo ricorda che nel 2000 don Benzi depositò una proposta di legge d’iniziativa popolare che mirava proprio a scoraggiare la domanda. “Invece di parlare ignominiosamente di legalizzazione, ossia di rendere la mercificazione della persona un’attività lavorativa per rimpinguare le casse dello Stato – denuncia don Aldo -, noi chiediamo che venga difesa e tutelata sempre la persona”. Del resto, prosegue don Aldo, “bisogna far capire che le relazioni umane si conquistano, non si acquistano”. In Rete, la “Comunità Giovanni XXIII” ha lanciato una petizione per invitare il governo italiano a muovere passi concreti contro “la schiavitù della prostituzione”.

Questo impegno non è passato inosservato a papa Francesco, che dopo l’Angelus di domenica scorsa ha speso “una parola” per la “Via Crucis” di venerdì prossimo e ha esclamato, rivolgendosi ai membri della “Comunità Giovanni XXIII” presenti in piazza, un “sono bravi questi”.

“È il segno primo di quanto siamo in sintonia con papa Francesco – afferma don Aldo -, il quale sempre, con i suoi modi di fare, ci rimanda al nostro fondatore don Oreste, di cui tra l’altro è iniziata da poche settimane la causa di beatificazione”. “La sua esclamazione – conclude – ci ha colmato di gioia e ci ha incoraggiati ad andare avanti”. 

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Federico Cenci

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