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Per i seminaristi… formazione ad alta quota

Il counselling multisetting pastorale porta i futuri sacerdoti in montagna per un percorso di discernimento ed introspezione spirituale

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“Troverai più nei boschi che nei libri.

Gli alberi e le rocce ti insegneranno

cose che nessun maestro ti dirà”  

San Bernardo di Chiaravalle 

 

Nell’anno della vita consacrata, il kerigma predicato a 3000 metri di quota. La Chiesa sale sulla montagna e svolge la sua missione “in uscita”. Afferma Papa Francesco: «Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”» (Evangelii Gaudium 169). 

Al centro della nostra attività formativa integrale con i seminaristi e i novizi c’è la montagna e le sue metafore. Da alcuni anni stiamo svolgendo un progetto formativo che integra maturità umana e maturità cristiana. Una formazione che nei suoi metodi e strumenti non si svolge solo nelle aule didattiche (primo setting formativo indoor) ma che trova nell’ambiente di montagna di alta quota il suo setting privilegiato (secondo setting formativo outdoor). La formazione sta cambiando, la formazione deve cambiare per rispondere adeguatamente all’invito del Magistero: si auspica una formazione che accompagni tutto l’uomo, psiche, corpo e spirito.

Tuttavia la formazione può cambiare solo se cambia la forma mentis dei formatori. Occorre formare i formatori. Occorre un attento discernimento nella scelta dei formatori. Occorrono formatori con una visione complessa-sistemica della realtà umana e dei suoi contesti di vita; occorrono formatori conoscitori del funzionamento psichico senza che assolutizzino l’interpretazione psicologica della realtà; occorrono formatori che siano testimoni della fede vissuta e in grado di porsi al fianco dei seminaristi e dei consacrati, anzi, di fronte, anima verso anima.

Il nostro percorso formativo del Counselling multisetting pastorale risponde, per le sue finalità e i suoi metodi trans-disciplinari, alle due istanze del “foro interno” del seminarista e del consacrato: la direzione spirituale e l’accompagnamento psicologico, ossia un accompagnamento/formazione attraverso gli strumenti psicologici della relazione d’aiuto, in un orizzonte di fede e alla luce della Parola di Dio.

Ma torniamo ai 3000 metri di quota. Raccontiamo una delle diverse esperienze di formazione con i seminaristi e i consacrati: stiamo sulla ferrata Ivano Dibona, Monte Cristallo (sopra Cortina D’Ampezzo). Siamo arrivati sul crinale. Un leggero velo di fiocchi di neve, copre il sentiero d’alta quota, nonostante la stagione estiva. Il nostro gruppo di seminaristi è seduto sulle bianche rocce leggermente innevate, con i moschettoni dell’imbracatura agganciati sul cavo teso di ferrata all’altezza del loro petto. Sono un ‘resto’, 25 adulti. Cielo blu cobalto, giornata perfetta, 25 volti scolpiti coperti parzialmente dal caschetto colorato del kit di ferrata, rassomiglianti ai giovani soldati di trincea della Grande Guerra. Sono pronti a sentirsi chiamati ad personam da noi formatori, i coniugi Paluzzi, e ad esprimere ad alta voce, di fronte a loro stessi, ai loro compagni e al loro formatore delegato del Vescovo, quelle che noi chiamiamo le ri-decisioni esistenziali. Li invitiamo a guardare al passato con gratitudine, nonostante alcune ferite e nodi; li invitiamo a vivere il presente con passione, qui e ora, nel kairos di oggi; a guardare al futuro con speranza, desiderando e progettando, perché in Lui e con Lui, “nulla è impossibile” (Lc 1,37). Tre espressioni che abbiamo ripreso dalla Lettera Apostolica per l’Anno della Vita Consacrata di Papa Francesco (21 novembre 2014) e riadattate ai nostri seminaristi sul “crinale”.

Li osserviamo con uno sguardo d’insieme e ci commuoviamo: sono veramente ‘eroici’, hanno voglia di mettersi in gioco nel bel mezzo di una cultura dominante ‘indirizzata’, che a valle li insulta e li disprezza per la scelta di seguire il Signore. Noi non li portiamo a 3000 metri per alienarsi dalla ‘valle’, ma per incontrare se stessi, il Cielo e tornare a lottare e “splendere come astri”, proprio lì, nella vita quotidiana, che li aspetta per vagliarli.

Come si è espresso Giovanni Paolo II nell’esortazione post-sinodale Vita consecrata (n. 110): “Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi”. Noi stimoliamo loro strategicamente responsabilità, consapevolezza, senso del limite, capacità di rinuncia, ricerca di comunione, senso del sacrificio, solidarietà, rinuncia allo “stand-by” dei mezzi comunicativi (cellulare, IPhone, IPad) per intere giornate e per non mettere a repentaglio la vita dei compagni di cordata, attenzione prolungata ad un compito, determinazione, gestione dell’ansia, controllo del disagio fisico-corporeo, che sono gli ingredienti fondamentali per forgiare un carattere, per realizzare quel “pienamente umano” che è stato nostro Signore. Riteniamo che oggi queste siano le caratteristiche umane dei nostri seminaristi per arrivare in “vetta”, insieme e in una “cordata”. Sono le caratteristiche che servono nella nuova evangelizzazione per portare Cristo a questa generazione multiculturale, agnostica, indifferente e secolarizzata. Ma proprio perché è una generazione apparentemente arida, è pronta a far spuntare un virgulto lì dove cade una goccia autenticamente umana e all’interno di una sana relazione pastorale.

La nostra proposta di formazione integrale è un percorso di formazione che coinvolge i seminaristi in un accompagnamento durante tutto l’anno e, in estate, una residenzialità di 6 giorni in alta montagna. Mediante diverse attività, laboratori esperienziali, psicodramma biblico, catechesi kerigmatica, mediazioni artistiche, trekking, ferrate, ascensioni in vetta, si permette loro di accedere al proprio mondo interiore (pensieri ed emozioni), di narrare se stessi, la storia personale e della presenza di Dio nei fatti della propria vita, di condividere con i “compagni di cordata”, seminaristi e noi formatori esterni, il cammino vocazionale al sacerdozio: la risposta umana e cristiana alla chiamata di Dio nel “qui e ora” esistenziale.

La cordata alpinistica è metafora della gerarchia ecclesiale in una diocesi: in una cordata è presente un capocordata, un secondo di cordata, un ultimo di cordata, oltre agli altri compagni in cui ognuno ha la sua posizione e il suo ruolo, il suo talento e il suo ritmo. L’obbedienza in cordata, ossia l’accettare di stare liberamente e responsabilmente con la vita propria unita alla vita dei compagni, non può essere simulata, né condizionata: se si condivide la vita per ascendere in vetta, allo stesso modo si condivide la vita per camminare in unità sacramentale con i confratelli presbiteri e con il Vescovo. Nella formazione dei seminaristi vengono svelati, nel senso di autocoscienza, i propri modelli (paradigmi) relazionali, quelli acquisiti (apprendimento e copione) e quelli ormai disfunzionali (dipendenze affettive, diffidenze, agiti aggressivi) per rispondere alle esigenze di vita adulta e di vita ministeriale, come l’accoglienza reciproca, l’autenticità dei rapporti, la capacità relazionale al confronto, la sincerità, l’attenzione all’altro.

I nostri seminaristi, dopo l’ascesa in vetta, la sosta sul crinale e il ritorno a valle, come possono far tesoro di questa esperienza coinvolgente? Cosa apprendono? Dai loro resoconti raccogliamo che si sono incontrati con i loro limiti, hanno contattato le loro risorse, hanno scoperto che l’esperienza oltre ad essere esperienza di vita è metafora della co-esistenza degli opposti dentro di sé. Possono ‘spostare l’asticella’ di quello che pensavano fosse la loro incapacità e scoprire che possono credere maggiormente in se stessi, che
possono osare, che i compagni di seminario non sono persone isolate ma, al contrario, ricchi dell’esperienza condivisa, della confidenzialità condivisa e della solidarietà sperimentata, possono realizzare quella cordata sacramentale dove il ‘capocordata’ è Cristo (Papa Francesco ha usato l’espressione “Lui è come un capocordata quando si scala una montagna, che è giunto alla cima e ci attira a sé conducendoci a Dio”, Udienza Generale del 17 aprile 2013), il secondo di cordata è il Vescovo e i compagni di cordata sono i confratelli nel futuro presbiterato.

Noi formatori continuiamo a operare in questa direzione che è poi la nostra missione di formatori cristiani, una formazione integrale, e auspichiamo che i nostri Pastori possano usufruire degli strumenti delle scienze umane integrati con le scienze bibliche teologiche, in un orizzonte di fede.

***

Nota: L’esperienza del Counselling Multisetting pastorale è stata ideata e viene condotta da Silvestro Paluzzi (docente della Pontificia Università Urbaniana, Dottore in Missiologia, Psicologo clinico, Psicoterapeuta, co-Direttore della Scuola di Formazione al counselling, Diacono permanente della Diocesi di Roma) insieme alla moglie Antonella Tropea (Psicoterapeuta Analista Transazionale, Art Counsellor, Gestalt Counsellor, co-Direttore della Scuola di Formazione al counselling ‘Outdoor Setting’).

Per ulteriori informazioni visita il sito www.outdoorsetting.it

 

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ZENIT Staff

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