Per fare cassa si tassano anche le suore di clausura

Il comune di Bologna tassa i monasteri di clausura alla stregua dei Grand Hotel

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di Alessandra Nucci

ROMA, lunedì, 12 dicembre 2011 (ZENIT.org).- Nel contesto del dibattito su come reperire i fondi per pagare il debito della Stato, alcuni mezzi di comunicazione e forze politiche hanno proposto di far pagare di più alla Chiesa cattolica e ad i suoi membri.

Così il Comune di Bologna ha pensato di tassare anche le Suore di clausura, consegnando cartelle esattoriali per centinaia di migliaia di euro ai monasteri di appartenenza.

Si tratta di tasse per lo smaltimento rifiuti urbani (TARSU) comprese tra il 2010 e il 2011, che si configurano come vere e proprie imposte patrimoniali perché calcolate non sul servizio reso, ma sulla metratura degli immobili occupati.

Lungi dal contemplare un’esenzione per i luoghi di culto, alle suore di clausura del capoluogo dell’Emilia-Romagna, è stata applicata una tariffa doppia rispetto a quella prevista dallo stesso regolamento comunale per gli istituti religiosi (classe 1) e ancora maggiore rispetto a quella applicata alle normali abitazioni private.

Moltiplicata per i metri quadri dei monasteri, inizialmente progettati per le decine di vocazioni ospitate fino a non molti anni fa, tale tariffa ha dato luogo a cifre impressionanti, con il potenziale di obbligare le suore, per farvi fronte, ad alienare gli immobili stessi e a doversi cercare un altro posto dove vivere.

La vicenda nasce a seguito di ispezioni disposte in tempi diversi dall’Ufficio del Comune a carico dei Monasteri di clausura, per includere negli spazi, anche se già tassati e regolarmente pagati ogni anno, anche i locali disabitati e quindi non suscettibili di “produrre rifiuti”.

Così tutti i conventi di clausura di Bologna – clarisse, agostiniane, visitandine, carmelitane, cappuccine, ancelle adoratrici e domenicane – si sono viste recapitare cartelle per decine di migliaia di euro, fatte di sanzioni e arretrati per errato od omesso pagamento della TARSU.

Fra le tante situazioni difficile che si sono venute a creare, colpisce in modo particolare la potenziale sorte del Corpus Domini, un Monastero che è parte integrante della storia della città. Fondato nel Quattrocento su richiesta esplicita del Senato bolognese, il quale pur di ottenere la presenza delle clarisse a Bologna richiese una bolla specifica al Papa, Callisto III, il Monastero racchiude anche il Santuario di Santa Caterina de’Vigri, badessa delle clarisse e co-patrona della città insieme a San Petronio.

Onorato lungo i secoli dalla visita di santi come Giovanni Bosco e Teresina del Bambin Gesù e dall’imperatore Carlo V, il Santuario è ancora oggi meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. Ma, collocato nel centro storico a pochi passi dalla Piazza Maggiore, con ogni evidenza costituisce anche una proprietà che sarebbe certamente ambita da immobiliaristi di tutte le latitudini.

In particolare l’Ufficio TARSU di Bologna ha applicato il proprio prontuario, fatto di 16 classi di soggetti impositivi, considerando i locali abitati dalle suore come Classe 6, ovvero la categoria destinata ad “Alberghi senza ristorante, Pensioni, Locande, Affittacamere, Convitti, Collegi, Caserme, Carceri”.

In altre parole, la capacità di produzione di rifiuti delle suore di clausura, che vestono sempre lo stesso abito, acquistano solo alimentari e fanno voto di povertà, viene equiparata a quella di un grand hotel, ed è quindi più alta di quella di un campeggio (classe 4) di un’autorimessa (classe 3), di un teatro (classe 2), o di un autosalone (classe 5). Così la loro tariffa diventa 5 euro tondi tondi, da moltiplicare per i mq considerati di loro “vita quotidiana” e scorporati per questo dal resto dell’edificio, che in quanto istituto religioso rientra nella Classe 1, di tassazione più bassa.

Ma un monastero, “superficie destinata alla vita quotidiana dei religiosi”, sarà pur tuttavia l’abitazione delle suore? E in tal caso andrà pure considerata abitazione privata, dunque a tariffa ancora più bassa che per gli istituti religiosi? Neanche per sogno. Per il Comune di Bologna, le suore rispetto al loro monastero si trovano in sosta provvisoria, come avviene per chi trascorre un periodo di tempo in albergo, convitto, collegio o caserma. Per questo pagano la Tarsu più del doppio anche rispetto a un qualsiasi altro cittadino privato.

Dopo la pubblicazione della notizia sul Resto del Carlino e un’iniziale presa di posizione di politici cattolici di entrambi gli schieramenti, a partire dall’On. Fabio Garagnani che ha presentato un’interpellanza parlamentare al riguardo, sulla vicenda è calato il silenzio, e le suore si trovano a darsi d’attorno a racimolare i denari necessari, per le tasse di oggi e di ogni anno futuro.

Una speranza potrebbe essere contenuta nel dl “Salva Italia” del Governo Monti, che al punto 14 prevede che dal 1 gennaio 2013 il tributo per il servizio gestione rifiuti urbani sia “commisurato alla quantità e qualità medie ordinarie dei rifiuti prodotti per unità di superficie, determinata con regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012.” Se ne occuperanno il Ministro dell’economia e il Ministro dell’ambiente, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

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ZENIT Staff

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