Peccatori si. Corrotti no!

Nella Domus Santa Marta si erge la vigorosa denuncia di Papa Francesco verso i cristiani dalla “doppia vita” che il Pontefice definisce “una putredine verniciata”

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“Peccatori sì. Corrotti no!”. Dalle mura della cappellina della Domus Sanctae Marthae oggi è risuonata la critica sferzante di Francesco, già espressa in alcune pagine scritte nel 2005 quando era arcivescovo di Buenos Aires, raccolte postume nel libro “Guarire dalla corruzione”.

Il cardinale Bergoglio parlava allora di una corruzione che è “l’erba cattiva del nostro tempo”, che “si nutre di apparenza e accettazione sociale, si erge a misura dell’agire morale, e può consumare dall’interno”, fino a portare ad una “sclerosi del cuore” dell’uomo o della stessa Chiesa. Se già le parole dell’arcivescovo di Buenos Aires avevano scosso molte coscienze, riproposte ora nella veste di Pontefice della Chiesa universale assumono un valore differente. Il valore di una denuncia, chiara e forte, verso un atteggiamento che è più infimo e spregevole del peccato.

Anzi, afferma il Papa, è meglio quasi poterci definire peccatori, piuttosto che corrotti. Perché “chi pecca e si pente, chiede perdono, si sente debole, si sente figlio di Dio, si umilia, e chiede proprio la salvezza da Gesù”. Chi invece è corrotto “scandalizza”, non per le sue colpe – precisa il Santo Padre – ma perché “non si pente”, “continua a peccare, ma fa finta di essere cristiano”. Fa, cioè, una “doppia vita”. E questo, sottolinea Francesco, “fa tanto tanto male”: alla Chiesa, alla società, all’uomo stesso.

È inutile che uno dica: “Io sono un benefattore della Chiesa! Metto la mano in tasca e do alla Chiesa”, se poi “con l’altra mano, ruba: allo Stato, ai poveri…”. “È un ingiusto”, afferma Bergoglio, e merita quindi – come dice Gesù nel Vangelo di oggi – “che gli mettano al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”.

 “Non parla di perdono qui”, osserva il Santo Padre, e questo chiarisce ancora di più la differenza tra la corruzione e il peccato. Gesù, infatti, “non si stanca di perdonare” – spiega il Papa – e ci esorta a perdonare sette volte al giorno il fratello che si pente. Nel medesimo Vangelo Cristo però avverte: “Guai a colui a causa del quale vengono gli scandali”. Gesù “non parla di peccato, ma di scandalo che è un’altra cosa”, commenta il Pontefice, “e aggiunge che è meglio per lui che gli venga messa al collo una macina di mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli”.

Chi scandalizza “inganna”, e “dove c’è l’inganno non c’è lo Spirito di Dio”. “Questa è la differenza fra peccatore e corrotto” rimarca Francesco: colui che “fa la doppia vita è un corrotto”; chi invece “pecca e vorrebbe non peccare”, è solo “debole” e “va dal Signore” a chiedere perdono. E “a quello il Signore vuole bene! Lo accompagna, è con lui”.

Tutti “noi dobbiamo dirci peccatori qui. Tutti lo siamo” afferma il Santo Padre. Corrotti però no, perché “il corrotto è fisso in uno stato di sufficienza, non sa cosa sia l’umiltà”. Gesù, infatti, definiva questi corrotti come degli “ipocriti”, o ancora peggio “sepolcri imbiancati’, che appaiono “belli, all’esterno, ma dentro sono pieni di ossa morte e di putredine”.

Bergoglio carica la dose e afferma: “Una putredine verniciata: questa è la vita del corrotto”. “E un cristiano che si vanta di essere cristiano, ma non fa vita da cristiano, è uno di questi corrotti” aggiunge.

“Tutti conosciamo qualcuno che è in questa situazione: cristiani corrotti, preti corrotti… Quanto male fanno alla Chiesa, perché non vivono nello spirito del Vangelo, ma nello spirito della mondanità” afferma il Papa. Una mondanità che non è il solito richiamo ‘bergogliano’, ma un pericolo da cui già san Paolo metteva in guardia i cristiani di Roma, scrivendo: “Non uniformatevi alla mentalità di questo mondo”. “Anzi – precisa il Santo Padre – il testo originale è più forte perché afferma di non entrare negli schemi di questo mondo, nei parametri di questo mondo, ovvero nella mondanità spirituale”.

Papa Francesco ha smesso di stuzzicare a Santa Marta le coscienze appannate dei fedeli con metafore simpatiche e battute ad effetto. Dopo l’omelia di oggi, come pure l’accusa ai devoti della “dea tangente” di venerdì scorso, le sue diventano critiche impietose, perché in gioco c’è la vita e l’anima delle persone.

E lui, da buon Pastore, ha il dovere di ricondurre il suo gregge verso la strada che porta a Dio. Per questo, al termine di un’omelia un po’ più dura del solito, regala la speranza e ricorda che Cristo “non si stanca di perdonare, soltanto alla condizione di non voler fare questa doppia vita, di andare da Lui pentiti: Perdonami, Signore, sono peccatore!”. Per questo, conclude: “Chiediamo oggi la grazia allo Spirito Santo che fugge da ogni inganno, chiediamo la grazia di riconoscerci peccatori: siamo peccatori. Peccatori, sì. Corrotti, no”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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