Patrizia Colombo: vincitrice del Premio Ferrini

Premio letterario Città di Verbania – Beato Contardo Ferrini

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La giuria del “Premio letterario Città di Verbania – Beato Contardo Ferrini” – composta da Luca Ariola, Saverio Gaeta, padre Riccardo Gallina, Marco Invernizzi e Plinio Perilli (presidente) – ha reso pubblica il 15 ottobre scorso la classifica dei cinque finalisti. Il tema di quest’anno era una riflessione sulla “Coscienza cristiana ed impegno educativo per i giovani nella società d’oggi”.

A vincere la seconda edizione del Premio è l’opera intitolata “Liberi in carcere. L’incontro nell’incontro – Conversazioni dal Bassone di Como”, scritta da Patrizia Colombo. La vincitrice, sposata, madre di cinque figli e dirigente scolastica, è da sette anni docente all’interno della struttura carceraria in questione.

“Con una prosa lirica e insieme realistica, Patrizia Colombo, educatricepaziente e fervida dentro l’acerrima realtà carceraria, riesce a raccontarci le situazioni, i dubbi, le asprezze, le difficili e abissali speranze di quello scenario, e soprattutto di quelle coscienze”, così ha ribadito la giuria nella sua motivazione.

“Ne emerge – così continuano i giurati – una testimonianza esemplare, struggente, che scava il significato e il bisogno di libertà anzitutto nel proprio cuore, e poi nell’incontro specchiato, quotidiano, con l’Altro da sé che invece ci reclama fratelli”.

Al secondo posto troviamo il libro “Emilia e i suoi ragazzi. L’opera civile della fede”, scritto da Emanuele Boffi. Il volume racconta la storia di Emilia Vergani (1949-2000), fondatrice del “Centro In-Presa”, definita dalla giuria “una preziosa e umile operaia di carità, cioè una creatura che ha dedicato gran parte delle sue energie nel sentirsi madre e sorella, amica, prima ancora che educatrice, di tutti ‘i suoi ragazzi’”: che erano poi quelli più difficili e sfortunati nel trovare, dentro la frenetica e scettica società dei consumi, una vera ‘chance’ di futuro”.

“Questa biografia – ribadisce la motivazione – ci racconta il travaglio e insieme la scommessa dell’opera civile della Fede, e ce la rende dolorosamente attuale, consci come siamo che tutti i problemi che Emilia già affrontò e cui diede generosa risposta, tuttora ci circondano, ci affannano, chiedendoci ogni stanco giorno di non sentirli estranei, di farli ancora e in cuore tutti nostri”.

Al terzo posto si è classificata l’opera “La Coscienza. Istruzioni per l’uso”. Gli autori sono il docente emerito di Teologia morale presso l’università di Friburgo in Brisgovia (in Germania), Eberhard Schockenhoff, e Christine Florin, giornalista culturale e docente di Scienze politiche. Il volume è stato definito dalla giuria “un testo insieme agile e rigoroso”, che tenta di “ascoltare, ‘auscultare’, tutti i sintomi o i malesseri più comuni della nostra maldestra società del benessere”.

Per i cinque giurati, si tratta di “un vademecum dunque sorprendente e aggiornato, che il filo in ombra della Coscienza lo segue sin oltre la soglia domestica, i dissidi di coppia, il rapporto coi figli, coi bambini o coi vecchi, soprattutto con noi Stessi – troppo spesso imperdonabili e presuntuosi nel non volerlo mai ammettere”.

Amor che move il sole e l’altre stelle. L’uomo, l’amore, l’infinito”. Questo è il titolo del libro finito al quarto posto. E’ scritto da Giovanni Fighera, che dopo i precedenti volumi sulla Felicità e la Bellezza conclude la sua “trilogia ideale” con l’Amore, un sentimento che secondo la giuria ha “commosso da sempre pensatori, scrittori, poeti e artisti”, “da Omero a Platone, da Cicerone a Orazio, sino a San Paolo, Dante, Shakespeare, Dostoevskij, Ungaretti, Montale, Testori, e tantissimi altri”.

A chiudere la classifica è De Bortoli, con il libro “Antonio Rosmini. Ragione & Libertà”. “Fuori da ogni intento teoretico o qualsivoglia prosopopea agiografica, De Bortoli racconta e ripercorre l’umile ma nobilissima vita del fondatore dell’Istituto della Carità (e filosofo del “Trattato di coscienza morale”), nel suo prodigioso e santo itinerario d’intelletto e di grazia”, scrivono i giurati. “Si tratta di guidare gli uomini divenuti, non innocentemente, ciechi verso la verità che salva, e condurli alla fede per la via della ragione”, continua la loro motivazione.

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ZENIT Staff

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