Pasqua speranza di vita nuova

La lezione più importante arriva dalla Croce: al mondo esiste la sofferenza ma è possibile trasformarla in gioia

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«La Risurrezione ci apre alla speranza più grande, perché apre la nostra vita e la vita del mondo al futuro eterno di Dio, alla felicità piena, alla certezza che il male, il peccato, la morte possono essere vinti. E questo porta a vivere con più fiducia le realtà quotidiane, affrontarle con coraggio e impegno».

La Pasqua, con le parole di Papa Francesco, ci ricorda una grande verità: l’umanità che guarda al Risorto ha in sé una forza interiore tale da poter interloquire spiritualmente con l’Assoluto, l’Infinito e il mistero. Tuttavia, basta dare uno sguardo alle strade per scoprire che l’uomo riversa il massimo della sua creatività in apparenze, in musichette banali e sprechi, mentre il suono dell’amore, l’armonia dello spirito, l’aspirazione alla bellezza, il fermento della speranza sono lasciati cadere per terra e calpestati. Una tendenza figlia dell’indifferenza, del laicismo ideologico, del consumismo, ma anche un modo per esorcizzare – quasi per cancellare – dai nostri giorni la presenza di Dio, il peso del dolore ed il timore della voracità del tempo.

Eppure, la lezione più importante arriva proprio dalla Croce, a cui fu inchiodato il Figlio di Dio: al mondo esiste la sofferenza, esiste la morte atroce, ma è possibile trasformarla in gioia. È quel che proclama il mistero pasquale: il Cristo delle grandi absidi bizantine, segnato dalle ferite della passione, è al tempo stesso trionfale e glorioso nella luce della risurrezione. C’è infatti un morire per vivere, come insegna l’immagine del chicco di grano, che marcisce nel terreno, ma che è destinato a rinascere in stelo e spiga.

Gesù, nell’autenticità della sua umanità, attraversa per intero la galleria oscura della sofferenza e del sepolcro, consapevole che «il Figlio dell’uomo deve molto soffrire, essere respinto e poi essere ucciso» (Marco, 8, 31). Nel soffrire e morire del Figlio, Dio assume la nostra comune carta d’identità che a Lui non appartiene: il dolore e la fine. È lo scandalo della Croce proclamato da Paolo. Ma proprio perché Cristo rimane sempre Dio – anche quando soffre, muore ed è sepolto come cadavere – in quella realtà umana e creaturale Egli lascia l’impronta della Sua divinità, la trasfigura, deponendo in essa un seme di eternità, un germe di salvezza e redenzione.

È in ciò il senso della Risurrezione, che non è mera rianimazione di un corpo, bensì nuova vita piena e perfetta nella gloria, che s’irradia da Cristo all’umanità intera. È in ciò pure l’importanza del Crocifisso, anche ma non solo come simbolo avverso il quale in tanti si scagliano: dai terroristi che spargono sangue in nome del Jihad, ai sedicenti atei che persino nelle scuole d’Italia dichiarano guerra a questo segno non violento della fede cristiana:esso«è il segno del dolore umano, della solitudine, della morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro destino umano. Il crocifisso fa parte della storia dell’umanità. Dell’umanità tutta, non solo del cristianesimo».

Lo affermava tanto tempo fa, su l’Unità, la scrittrice Natalia Ginzburg, laica tutta d’un pezzo. Oggi anche il concetto della tolleranza sembra esser venuto meno, ma nel giorno in cui rinasce la vita, rifioriscono pure la speranza e la voglia di cambiare le cose. Cambiare è possibile. È Pasqua: cristianamente, auguri!

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Vincenzo Bertolone

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