Cardinal Pietro Parolin during the Synod of family

Catholic Church England and Wales

Parolin: “Il Papa in Africa esorterà le religioni ad essere strumenti di pace”

Secondo il cardinale Segretario di Stato, l’apertura anticipata della Porta Santa a Bangui si pone come un gesto di misericordia e vicinanza ad una popolazione provata dalla povertà e dalla guerra

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Tra i temi che papa Francesco toccherà durante le sue visite pastorali in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana ci saranno verosimilmente degli appelli contro la violenza a sfondo religioso.

Lo auspica il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, che ha ricordato come “le religioni sono e devono essere, cioè operatrici di bene, fattori di riconciliazione, di pace, di fraternità nel mondo d’oggi”.

Ai microfoni della Radio Vaticana, il porporato ha dichiarato di prevedere anche riferimenti del Pontefice all’emergenza ambientale, riprendendo concetti base della sua enciclica Laudato si’, nonché messaggi “contro la povertà” e “contro l’esclusione”.

Inoltre la notevole prossimità temporale con la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici e decima Conferenza ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, potrebbero dare al Papa lo spunto per “una ricerca di criteri etici per governare l’economia in maniera equa, in modo tale che i benefici di questa economia possano giungere a tutti e a ciascuno”.

In merito all’apertura della Porta Santa a Bangui, in Centrafrica, che anticiperà di dieci giorni, l’inizio ufficiale del Giubileo, Parolin ha parlato di un “gesto molto bello”, con cui manifestare “misericordia” e “vicinanza ad una popolazione duramente provata per una situazione endemica di povertà e di precarietà che si è aggravata in ragione del recente conflitto”.

La visita in Uganda, poi, darà a Francesco l’occasione per commemorare i martiri di quel paese, canonizzati 50 anni fa da Paolo VI, “mettendo proprio in risalto la qualità della loro fede e le conseguenze della loro fede”.

Ciò significa, ha spiegato il Segretario di Stato, che “per i valori profondi – che poi per noi cristiani sono la persona Gesù Cristo – si è disposti a dare la vita e non soltanto per le cose effimere o per la ricerca di beni passeggeri, il benessere soltanto materiale”.

Al tempo stesso, il sacrificio dei testimoni della fede può diventare “il seme, il germe, l’inizio di un umanesimo più pieno e più integrale”, quindi, in ultima analisi, di “una società fraterna, una società pacifica, una società solidale”, ha poi concluso il cardinale.

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ZENIT Staff

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