Cardinal Parolin

Cardinal Parolin - Foto © ZENIT - HSM

Parolin: "Corruzione e ingiuste ricchezze uccidono i sogni di un mondo migliore"

Il Segretario di Stato, Pietro Parolin, fino al 20 giugno in viaggio in Ucraina, ha celebrato stamane la Messa nella Concattedrale di Sant’Alessandro a Kiev

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Lottare senza ricorrere alla violenza; rifiutare il potere “mondano” e l’attaccamento morboso ai beni materiali; alzare lo sguardo al cielo e sentire l’amore di Dio. Su queste coordinate si è sviluppata l’omelia che il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha pronunciato questa mattina nella Concattedrale di Sant’Alessandro a Kiev, durante il suo viaggio in Ucraina che durerà fino a lunedì 20 giugno.
Il porporato ha portato al popolo ucraino il saluto e l’incoraggiamento del Papa, poi ha fatto suo il monito esplicitato nelle Letture della liturgia odierna: “Non accumulare tesori sulla terra”. “Quanto è difficile seguire questo comando del Signore!”, ha detto, “siamo tutti abituati a chiedere giustizia e trasparenza a quanti sono posti in incarichi di responsabilità pubblica. Ed è giusto così”.
“Il vostro Paese, ma anche tutti gli altri Paesi del mondo, lottano contro la disonestà, l’ingiusta ricchezza, il furto dei beni della comunità per accumulare fortune individuali”, ha aggiunto Parolin. “La corruzione e la concentrazione del denaro in poche mani sono certamente tra le cause che impoveriscono i popoli, distraggono la libertà, uccidono i sogni di un mondo migliore e il diritto alla vita per tutti”.
Davanti a tutto questo, “noi cristiani dobbiamo sempre lottare ed operare perché giustizia sia fatta, pur senza mai ricorre alla violenza”, ha affermato il Segretario di Stato. Al contempo “siamo chiamati a rimuovere l’attaccamento a noi stessi che sta nascosto nel nostro cuore, perché anche questo è ostacolo alla libertà”.  Si può infatti “predicare la giustizia”, ma “essere dentro di noi vittime della gelosia, dall’invidia, del desiderio di successo ad ogni costo”.
Allora “dobbiamo rendere semplice il nostro occhio, cioè lo sguardo su noi stessi e sugli altri”, ha esortato il cardinale. “Dobbiamo renderlo puro, trasparente, senza secondi fini”, e questo devono farlo soprattutto vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose perché – ha assicurato il porporato – “noi rischiamo più di tutti, siamo stimati e onorati, e perciò crediamo di essere al di sopra di ogni giudizio e spesso ci concediamo cose che creano scandalo nei piccoli di questo mondo: ricchezze che non ci sono dovute, superbia e arroganza per l’autorità che ci è concessa, uno stile di vita che Papa Francesco chiama ‘mondano”.
“Le tarme, la ruggine distruggono tutte queste nostre false ricchezze”, ha rimarcato il Segretario di Stato. “Siano esse il tanto denaro dei corrotti, come l’attaccamento morboso alle nostre cose, ai ruoli, agli onori, ai primi posti”. Per trovare la vera libertà bisogna invece “alzare lo sguardo al cielo” perché “il nostro tesoro è là: è l’amore di Dio, un amore così gratuito che ha portato il padrone del mondo a perdere tutto, ad essere inchiodato su una croce, tra gli sputi e gli scherni, per essere fedele all’amore e per salvare noi”.
Pertanto tutto quello che allontana da Dio “va tagliato con la spada e separato da noi”, anche perché – ha ribadito Parolin – “ci fa perdere tempo e forze”. “Le nostre frustrazioni e i nostri desideri meschini ci impediscono di cercare le cose di lassù, a cui siamo destinati fin dall’origine del mondo e che hanno infinitamente più valore di quanto ammassiamo su questa terra”. Così, ha concluso, “scopriremo che il tesoro che è Dio è così bello, da farci rendere sereni anche i giorni di questa nostra vita terrena”.
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ZENIT Staff

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