Parole e immagini per comprendere la grandezza di San Paolo

In un volume edito da Ares

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di Luca Marcolivio

 

ROMA, martedì, 1 settembre 2009 (ZENIT.org).- Parole e immagini per celebrare la vita e l’opera di San Paolo. A conclusione dell’anno paolino è stato pubblicato “Paolo di Tarso. Apostolo delle Genti” (Ares, 2009, 176 pp.), a cura di monsignor Piero Re, teologo e parroco di San Protaso a Milano, e di suor Maria Gloria Riva, religiosa e fondatrice dell’ordine delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento.

Monsignor Re ha curato la prima sezione dell’opera, suddivisa in una breve biografia di San Paolo e in una ventina di paragrafi di carattere esegetico e dottrinale. In appendice sono riportati tre “commenti patristici”, estratti da antichi scritti di Gregorio di Nissa e San Giovanni Crisostomo (IV secolo).

La sezione iconografica del libro è stata realizzata da suor Maria Gloria Riva, esperta d’arte ed in particolare di pittura sacra. La religiosa ha selezionato una cinquantina di capolavori, frutto del genio di artisti come Brugel, Caravaggio, Rembrandt e Beccafumi: ogni opera è stata commentata in apposite schede dalla coautrice la quale ha approfondito gli autori più importanti in una seconda appendice. La parte curata da suor Maria Gloria Riva è riprodotta anche in un DVD allegato al libro.

Sulla figura dell’Apostolo delle Genti monsignor Piero Re esordisce con una ricostruzione di carattere storico, elencando in primo luogo le fonti biografiche, ovvero le “Lettere autentiche” (Tessalonicesi I, Corinti I e II, Filippesi, Filemone, Galati e Romani), vergate di proprio pugno da San Paolo in persona, e le epistole della “tradizione paolina” (Tessalonicesi II, Colossesi, Efesini, Timoteo I e II), attribuite a discepoli posteriori ma perfettamente fedeli al pensiero del maestro.

A ciò si aggiungono gli Atti degli Apostoli, redatti – sia pure con “qualche discrepanza” – da San Luca che narra la vicenda di Paolo dalla conversione all’arrivo a Roma come prigioniero. Di scarsa credibilità, ad avviso dell’autore, sono invece gli “scritti apocrifi”, tra cui figurano gli Atti di Paolo e due distinti testi, conosciuti entrambi come l’Apocalisse di Paolo.

Sulla base delle fonti pocanzi elencate, monsignor Re elabora poi una “carta d’identità” dell’apostolo delle genti. Ne ricorda la nascita in Tarso (Cilicia), databile intorno al 7-10 d.C., il primo mestiere, quello di lavoratore del cuoio, l’appartenenza alla fede ebraica nella tribù di Beniamino, l’aspetto fisico (calvo, barbuto, di bassa statura) e il temperamento che “oggi gli psicologi classificherebbero come un passionale, un emotivo attivo secondario, cioè il carattere più completo”.

L’autore sottolinea l’appartenenza di Paolo al ceto urbano che connota il linguaggio e i luoghi frequentati e citati dall’apostolo, in cui le realtà forensi, edilizie, commerciali e artigiane, si contrappongono alle metafore campestri e marittime (la vigna, la pesca, i fiori del campo, ecc.), care invece a Gesù.

Nella sezione “Apostolo delle Genti”, l’autore descrive la conversione di Paolo sulla via di Damasco, sostanziatasi nella “conoscenza” del Figlio dell’Uomo, “che lo trasforma perché – riconoscendo in Gesù il vero Cristo Salvatore – egli percepisce coscientemente anche la vera identità del proprio io, che si realizza soltanto conformandosi a quella di Cristo”.

Di seguito l’autore ricostruisce i quattro grandi viaggi apostolici di San Paolo, dapprima a Cipro, in Asia Minore e in Grecia, fino all’ultima gloriosa missione a Roma, quella del martirio.

La sezione esegetica del volume, intitolata “Il mistero rivelato”, è incentrata su Cristo morto, risorto e in procinto di tornare sulla terra per il suo trionfo finale, alla luce delle scritture paoline.

Significativo è il paragrafo in cui monsignor Re si sofferma sul “mistero della Chiesa, corpo e sposa di Cristo Risorto”. Nella vicenda dell’apostolo delle genti il tema è insito già nella sua stessa conversione giacché “la voce del Risorto identifica con se stesso i cristiani che Saulo va a perseguitare a Damasco”. Di qui le ricorrenti metafore paoline del corpo e della sposa, “non più due ma una sola carne” (Gn 2,24).

Nella sezione successiva viene approfondito lo “stile pastorale” di San Paolo, per il quale la missione è essenzialmente una forma di testimonianza ed imitazione di Cristo. L’apostolo di Tarso, che ebbe una vita non esente da tribolazioni ed amarezze, sa infatti “fornire una profonda ragione teologica al dolore innocente che non risparmia il cristiano”: anch’esso è visto come imitazione del Redentore e partecipazione insieme a Lui alla Croce “cui è chiamata tutta la Chiesa”.

Il tema di San Paolo nell’arte è anticipato nell’introduzione al volume, a cura di monsignor Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero, che si è soffermato in particolare sul rapporto tra arte e sacralità. Un’opera d’arte è davvero tale quando “porta in sé una struttura universale che attraversa il tempo, quando la struttura stessa richiama un infinito che colpisce e rimanda all’eterno”, scrive monsignor Piacenza.

“C’è bisogno allora oggi di riaffermare con chiarezza la possibilità di educare all’esperienza del Mistero, anche attraverso un’opera d’arte (Verità e Bellezza) che è presente nella realtà”, ha aggiunto il presule.

Secondo suor Maria Gloria Riva, San Paolo – del quale la vicenda con più rappresentazioni artistiche è senza dubbio la conversione – è stato “costantemente riletto alla luce del suo mistero più grande: il rapporto con Cristo e con i discepoli”.

Ogni pittore ha “voluto fare propria l’esperienza dell’Apostolo, rileggendo in essa non di rado il proprio desiderio di infinito e quell’autenticità di rapporti che fanno di Paolo un mistico tra i più appassionati nella storia della Chiesa”, ha aggiunto suor Maria Gloria.

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ZENIT Staff

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