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Papa: "Quando chi comanda è più importante del popolo, l’armonia sociale è in pericolo"

Nel videomessaggio per il Festival della Dottrina Sociale di Verona, Francesco denuncia il “male” dell’isolamento e dice: “Curare l’altro complica meno la vita di quando ci si concentra su sé stessi”

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“No man is an island”, affermava Thomas Merton nel suo celebre saggio e Bergoglio ne ricalca l’insegnamento. Nel videomessaggio per il Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, in programma a Verona da oggi al 27 novembre, il Papa trae spunto dal tema ‘In mezzo alla gente’ (una “grande verità”, osserva) per mettere in guardia dal pericolo dell’isolamento che “fa male”, “sviluppa paura e diffidenza”, “impedisce di godere della fraternità”.

Ancora peggio, denuncia il Pontefice, è “quando il popolo è separato da chi comanda, quando si fanno scelte in forza del potere e non della condivisione popolare, quando chi comanda è più importante del popolo e le decisioni sono prese da pochi, o sono anonime, o sono dettate sempre da emergenze vere o presunte”: è allora, afferma il Papa, che “l’armonia sociale è messa in pericolo con gravi conseguenze per la gente: aumenta la povertà, è messa a repentaglio la pace, comandano i soldi e la gente sta male”.

“La possibilità di farci male non sta nell’incontro ma nella chiusura e nel rifiuto”, sottolinea Francesco. “La stessa cosa vale quando ci facciamo carico di qualcun altro: penso a un ammalato, a un vecchio, a un immigrato, a un povero, a un disoccupato. Quando ci prendiamo cura dell’altro ci complichiamo meno la vita di quando siamo concentrati solo su noi stessi”.

Noi “siamo fatti per stare con gli altri, la nostra umanità si arricchisce molto se stiamo con tutti gli altri e in qualsiasi situazione essi si trovano”, afferma il Papa. E come diceva sempre Merton: “Stare in mezzo alla gente significa anche avvertire che ognuno di noi è parte di un popolo”.

“La vita concreta è possibile perché non è la somma di tante individualità, ma è l’articolazione di tante persone che concorrono alla costituzione del bene comune”, aggiunge Bergoglio, “essere insieme ci aiuta a vedere l’insieme. Quando vediamo l’insieme, il nostro sguardo viene arricchito e risulta evidente che i ruoli che ognuno svolge all’interno delle dinamiche sociali non possono mai essere isolati o assolutizzati”.

Stare in mezzo alla gente, dunque, “fa bene non solo alla vita dei singoli ma è un bene per tutti”, perché “evidenzia la pluralità di colori, culture, razze e religioni”. E la gente “fa toccare con mano la ricchezza e la bellezza della diversità”. “Solo con una grande violenza si potrebbe ridurre la varietà a uniformità, la pluralità di pensieri e di azioni ad un unico modo di fare e di pensare”, dice Francesco. Che chiede di usare la testa ma anche e soprattutto il cuore: così “c’è più concretezza e meno ideologia”.

“Per risolvere i problemi della gente bisogna partire dal basso, sporcarci la mani, avere coraggio, ascoltare gli ultimi”, rimarca infatti il Papa. Lo stare “in mezzo alla gente” non si riduce dunque solo all’“essere aperti e incontrare gli altri” ma è anzitutto un “lasciarci incontrare”. Tutti noi abbiamo  bisogno “di essere guardati, chiamati, toccati, interpellati”, evidenzia Papà Bergoglio. “Siamo noi che abbiamo bisogno degli altri per poter essere resi partecipi di tutto ciò che solo gli altri ci possono dare”.

Ogni relazione prevede uno scambio e “l’esperienza ci dice che di solito dagli altri riceviamo di più di quanto diamo”, rileva il Santo Padre. “Tra la nostra gente c’è un’autentica ricchezza umana”, rammenta, “sono innumerevoli le storie di solidarietà, di aiuto, di sostegno che si vivono nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità”. Ed è “impressionante” come alcune persone vivono “con dignità” la ristrettezza economica, il dolore, il lavoro duro, la prova.

Incontrando questa gente “tocchi con mano la loro grandezza e ricevi quasi una luce per cui diventa chiaro che si può coltivare una speranza per il futuro; si può credere che il bene è più forte del male perché ci sono loro”. Papa Francesco ricorda a riguardo il caso di una giovane morta a 19 anni: “Il dolore è stato immenso, in tantissimi hanno partecipato al funerale. Ciò che ha colpito tutti è stata non solo l’assenza di disperazione, ma la percezione di una certa serenità. Le persone dopo il funerale si comunicavano lo stupore di essere uscite dalla celebrazione sollevate da un peso. La mamma della giovane ha detto: ‘Ho ricevuto la grazia della serenità’”.

Fatti come questi che lasciano un solco nella nostra esistenza intessono giorno dopo giorno la vita quotidiana: “Essi non perdono mai efficacia anche se non entrano a far parte dei titoli dei quotidiani”, annota il Santo Padre. “Succede proprio così: senza discorsi o spiegazioni si capisce cosa nella vita vale o non vale”.

Per realizzare tutto questo, Bergoglio indica un modello: Maria. Guardando a Lei, serva umile e misericordiosa, “troviamo il modo migliore di stare in mezzo alla gente”, dice. La Vergine “è in cammino con noi, è concreta, non è mai al centro della scena ma è una presenza costante. Guardando a Lei possiamo percorrere tutti sentieri dell’umano senza paure e pregiudizi, con Lei possiamo diventare capaci di non escludere nessuno”. 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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