Papa Francesco tirato per la giacca che fortunatamente non ha (Prima parte)

La diffusa impressione di bontà del nuovo Pontefice non va equivocata in un buonismo a buon mercato

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Dal nostro piccolo punto di vista – di noi del GRIS che ci occupiamo di quell’angolo di vigna del Signore relativo alle Sètte e Movimenti Religiosi Alternativi (MRA) che insidiano la fede cattolica – noi riteniamo che la diffusa impressione di bontà che il nuovo Papa diffonde non vada equivocata in un buonismo a buon mercato che bypassi o edulcori il problema della verità.

La cartina di tornasole è semplice e sempre a disposizione di tutti: basta chiedere agli osannanti al buonismo: Gesù era buono o buonista? La sua bontà e misericordia gli impediva di dare giudizi drastici contro chi falsava la verità rivelata? O forse non era venuto – lui Verità divina incarnata e preparato a morire per farcela conoscere nella sua purezza – proprio per dichiarare la verità religiosa a tutti? (cf Gv 1,18) Ha detto o no “chi è dalla parte della verità ascolta la mia voce”? (Gv 18,37; cf Gv 5,24)  e assicurato che chi ascolta le sue parole costruisce sulla roccia? (cf Mt 7,24) e non ci ha forse avvertito che la verità da lui portata sarebbe stata come un fuoco di guerra che avrebbe diviso gli animi di chi la accoglieva da chi la rifiutava perfino all’interno della parentela più cara? (cf Lc 12, 49-53)

Ecco allora che, salvo fatto lo stile personalissimo con cui ogni Papa si propone, non possiamo neanche ipotizzare che il dialogo (sia esso ecumenico, interreligioso o umanitario) che la Chiesa conduceva da prima della elezione di Papa Francesco possa modificarsi e fare sconti circa la intransigenza (è il termine esatto) che la verità divina (leggi il sangue di Cristo) ha sempre dimostrato nei confronti dell’errore; sia dell’errore inconsapevole, sia ancor più nei confronti della falsità consapevole. Se la Chiesa è dalla parte di Gesù e sua portavoce deve propalare la di Lui verità, non ha il diritto di fare sconti. Sono cose ovvie, ma in regime di “pensiero debole”, di “postmodernità”, di “società liquida”, è bene ripeterle a chi si immagina che la Bibbia sia sorpassata quando dice: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro.” (Isaia 5, 20) Il che vale in tutti i campi: in quello morale, in quello scientifico, in quello storico… e in quello religioso splendidamente riproposto dal Catechismo della Chiesa cattolica, dopo gli sbandamenti postconciliari, dalla Veritatis Splendor, dalla Fides et Ratio, dalla Dominus Iesus, e infine servito su piatto d’argento da tutta la catechesi spirituale e teologica di Papa Benedetto XVI. 

Qualche rammemoratore da fede adulta

Forse gioverà a tutti, sia alla società civile “laica” che ai cattolici chiamati ad essere luce sul candelabro, ricordare che la Chiesa è depositaria di un diritto divino e di un diritto ecclesiastico che non vanno confusi. Il primo consiste nella volontà, espressa o implicita, ricavabile dal pensiero di Cristo-Dio; il secondo è emanato, in base alle opportunità pastorali storiche, dalla stessa Chiesa per la conduzione concreta del popolo di Dio e delle strutture da essa create a tal fine. Sul primo essa non ha alcun potere, ma ha solo il dovere di rispettarlo e farlo rispettare da tutti i fedeli di Cristo (Papa compreso); sul secondo essa ha potere insindacabile, giudicato solo dalla rettitudine della propria coscienza che si interroga di fronte a Gesù Pastore e al fine della salvezza del gregge da perseguire. In concreto i “principi non negoziabili”, pur essendo scopribili e condivisibili da un’etica laica non superficiale, rientrano anche nel diritto divino e perciò, a doppia ragione, è illusorio sperare che un Papa possa transigere sul rispetto ad essi dovuto. E’ quindi impossibile aspettarsi cambiamenti di giudizio morale su aborto, omosessualità, manipolazione genetica, eutanasia, famiglia ecc… 

E sarebbe opportuno anche che tutti imparassero a distinguere tra ciò che “è vero perché lo dice il Papa-Chiesa-Vescovi” (intendi, verità di Rivelazione divina, oggetto stretto di Fede) da “ciò che il Papa-Chiesa-Vescovi dicono perché è vero” (intendi, verità di ragione accessibili ad ogni laico di retta coscienza). Nel vangelo ci sono verità dell’uno e dell’altro ordine, e sono le seconde che affascinano, permettono il dialogo socialmente costruttivo, e tirano le simpatie degli uomini di buona volontà, siano essi laici, agnostici o atei. E sono esse che formano l’oggetto dell’etica laica che ogni Stato dovrebbe scoprire e tutelare. In altre parole quando i pastori della Chiesa si pronunciano contro certe valutazioni di etica laica fanno riferimento stretto alla ragione, parlano come cittadini e non come esponenti di fede, anche se sono convinti che la Rivelazione lumeggi meglio e confermi le verità di etica naturale, oltre a darne di soprannaturali.

Ad esempio, mentre la immoralità dell’aborto procurato è di legge naturale, quindi dovrebbe essere anche oggetto di etica laica, il vincolo a vita del matrimonio canonico per il cristiano è di Fede, cioè di diritto divino  (cosa vera perché la dice la Chiesa echeggiando Cristo). Quindi quando esso è stato correttamente celebrato senza impedimenti dirimenti, è indissolubile per diritto divino. Nessuno può mai parlare di “annullamento” di esso in base all’autorità della Chiesa che dispone solo di potere sul diritto ecclesiastico! In realtà infatti la Chiesa non annulla nessun matrimonio ma indaga solo se al momento della sua celebrazione, apparsa regolare, c’erano o no degli impedimenti che ne inficiavano la validità. Così che la sua sentenza di “nullità”, emessa dal tribunale rotale, non è annullamento ma dichiarazione di invalidità di quel matrimonio alla sua origine: è accertamento che si è trattato di un “come se”, una sorta di “sì” da recita teatrale, anche se detto in buona fede.

Vale a dire che degli ipotetici coniugi credenti, ma poi in dissidio e desiderosi di cambiare coniuge convolando a nuove nozze, sanno benissimo che se il tribunale ecclesiastico, ingannato da prove false, dichiarasse nullo un loro matrimonio che essi sanno essere stato validamente celebrato senza alcun impedimento dirimente, tale dichiarazione non sarebbe atta ad annullarlo veramente. E se, per ipotesi, un tribunale ecclesiastico corrotto, cosciente di emettere una sentenza non vera, dichiarasse nullo tale matrimonio, commetterebbe un atto nullo davanti a Dio. Cioè quei coniugi, sia nel primo che nel secondo caso, sarebbero solo apparentemente – anche se “legalmente” per tutti – liberi dal vincolo ma nella loro coscienza saprebbero di essere sposati a vita e perciò concubini rispetto al secondo matrimonio. 

Da Papa Francesco dunque ci si potrà aspettare, se lo crederà opportuno, tutte le riforme che si vogliono  (per esempio relative alla struttura e funzionamento della Curia e di tutte le Congregazioni con cui la Chiesa governa la… barca di Pietro), perché tutto questo rientra nel diritto ecclesiastico, ma non un ripensamento su ciò che la Chiesa da sempre sa essere materia di diritto divino.

(La seconda parte verrà pubblicata domani, lunedì 25 marzo)

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Sandro Leoni

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