Papa Francesco sulla Cattedra del Vescovo di Roma

Mons. Luca Brandolini, vicario capitolare di San Giovanni in Laterano, spiega il senso dell’antico rito dell’insediamento sulla Cathedra romana che Papa Francesco compierà il 7 aprile

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L’ottava di Pasqua, domenica 7 aprile, il Santo Padre Francesco presiederà la celebrazione dell’Eucaristia in occasione dell’insediamento sulla Cathedra romana. Il rito si svolgerà, alle 17.30, nella «madre di tutte le chiese», la basilica di San Giovanni in Laterano e l’accesso sarà libero a tutti i fedeli che desiderano partecipare. L’insediamento, comunemente conosciuto come “presa di possesso”, è previsto dalla Costituzione apostolica di Giovanni Paolo II Universi Dominici gregis sull’elezione del Pontefice e ha radici storiche molto antiche. ZENIT ha parlato di tutto questo col vescovo Luca Brandolini, vicario capitolare di San Giovanni in Laterano, che da liturgista ha espresso il suo parere sui “primi passi” del nuovo Successore di Pietro. Di seguito l’intervista.

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Eccellenza, qual è il senso di questa celebrazione?

Mons. Brandolini: La celebrazione di domenica è l’antico rito di “insediamento nella Cathedra romana” e non di ‘presa di possesso’, perché non ci si impossessa di nulla. Mentre i riti della consegna del Pallio e dell’anello del Pescatore mettevano in evidenza la dimensione universale del ministero del Pontefice eletto, quello di domenica pone in luce la radice squisitamente ecclesiologica, posta dalla provvidenza di Dio nella Chiesa di Roma, da cui germina appunto il ministero petrino. Si svolge nella basilica del SS. Salvatore (più nota come San Giovanni in Laterano), perché, per antica consuetudine, è additata come Chiesa “madre e capo” di tutte le Chiese di Roma e del mondo intero, come è scritto sugli stipiti delle colonne della facciata. Come ogni cattedrale, poi, essa è tale per il riferimento alla Cattedra, il seggio episcopale da cui il Vescovo esercita il suo servizio dottrinale e liturgico, “simbolo della potestà di insegnamento che non è un potere ma un servizio e un’obbedienza alla parola di Dio, ed è parte essenziale del mandato di ‘legare e scogliere’ conferito dal Signore a Pietro” come disse Benedetto XVI, quando si insediò il 5 maggio 2005. La celebrazione ha, quindi, una dimensione marcatamente pneumatologica (relativa alla scienza dello spirito, ndr) perché esalta lo Spirito quale origine del carisma e del ministero di Pietro che dà inizio e compimento ad ogni cosa.

Come sarà articolata la celebrazione di domenica?

Mons. Brandolini: Papa Francesco sarà accolto sulla porta principale della Basilica dal cardinale arciprete, il cardinale vicario Agostino Vallini, dal cardinale Camillo Ruini, vicario emerito, dal Consiglio episcopale della diocesi e dal Consiglio dei parroci prefetti. Poi bacerà il Crocifisso, farà l’aspersione e in processione verrà accompagnato nel Palazzo del Vicariato dove prenderà i paramenti. Si darà il via, quindi, alla celebrazione con un saluto del cardinale arciprete ispirato ad una tradizione patristico-liturgica molto antica, dopo il quale Papa Francesco salirà sulla Cattedra per essere acclamato come Vescovo di Roma. In un secondo momento 12 persone compieranno il rito di obbedienza: il cardinale vicario e il vice gerente; due sacerdoti, un parroco e un viceparroco; due diaconi, uno permanente e uno che si prepara al ministero presbiterale; due religiosi a servizio della Diocesi di Roma; due adulti, di solito un uomo e una donna, e due ragazzi che hanno ricevuto la Cresima. Terminato ciò verrà celebrata l’Eucarestia.

Secondo la Legenda Maior di San Francesco, Papa Innocenzo III sognò il frate poverello che reggeva sulle sue spalle la Basilica Lateranense, simbolo della Chiesa universale. Alla luce di questo episodio leggendario, che significato assume il ritorno di un nuovo Francesco in San Giovanni Laterano, per la prima volta Papa?

Mons. Brandolini: Credo che ci sia bisogno di ringiovanire la Chiesa perché essa è semper reformanda, come ha ribadito più volte il Concilio Vaticano II. Quindi Papa Francesco farà il suo discernimento intorno a questa riforma della Chiesa adattata al nostro tempo, in base anche alla sensibilità che ha maturato con la sua esperienza di vescovo. Abbiamo visto qual è lo stile del nuovo Pontefice, molto semplice, umile, di attenzione prioritaria a tutto il mondo della povertà. Credo che proseguirà il suo cammino su questi stessi binari su cui ha mosso già i primi passi.

Cosa pensa, lei personalmente, di questo Pontefice?

Mons. Brandolini: Penso che sia come ogni vescovo debba essere, cioè – utilizzando le parole di Sant’Agostino – Pastor bonus in populo, il buon pastore in mezzo al suo popolo. Questo è, secondo me, il primo compito che ogni vescovo deve compiere, senza nulla togliere alla dimensione teologica, dottrinale, che pure fa parte del suo ministero. Il Papa ha già dimostrato di essere un “buon Pastore” in questo senso, con molta semplicità, ma anche con grande profondità e ricchezza di contenuti. In particolare, sono rimasto molto colpito dal discorso durante la Messa Crismale del Giovedì Santo sulla figura del sacerdote: le immagini dell’olio che scende sulla casula e inonda tutti o del “pastore con l’odore delle pecore” sono espressioni davvero significative.

Il Santo Padre ha, infatti, definito sé stesso finora come Vescovo di Roma e non come Papa…

Mons. Brandolini: E spero che faccia il Vescovo di Roma! Giovanni Paolo II, ad esempio, ha visitato quasi tutte le parrocchie della Capitale e anche molti ospedali. Quando sono stato vescovo ausiliare per la sanità a Roma, il Beato Giovanni Paolo II, ogni anno in Quaresima e in Avvento, visitava ospedali, scuole, realtà ecclesiali e via dicendo. Mi auguro che Papa Francesco faccia la stessa cosa, sempre tenendo conto delle forze fisiche. Wojtyla infatti fu eletto a 58 anni, Bergoglio quasi a 77.

Cosa si aspetta invece dal primo discorso che il Vescovo di Roma farà nella sua cattedrale?

Mons. Brandolini: Che parli della città di Roma. Più nello specifico, mi viene in mente ciò che sottolinea sempre il cardinale Vallini nelle sue omelie: che Roma è una città ricchissima di risorse da valorizzare non solo dal punto di vista umano, ma anche cristiano. È una città multiculturale, multietnica, che però ha bisogno di un nuovo e più forte annuncio del Vangelo e di una comunicazione aperta con tutte le realtà a servizio della promozione dell’uomo, della vita sociale, dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso.

Nelle prime celebrazioni di Papa Francesco abbiamo assistito ad una “semplificazione” dei riti. Qual è il suo parere da liturgista?

Mons. Brandolini: Siamo in piena linea con quello che dice la Costituzione conciliare sulla Liturgia, la Sacrosantum conciliuum, ovvero una “nobile semplicità”. Forse negli ultimi tempi si era un po’ appesantito qualche aspetto dal punto di vista esteriore. Quindi sono convinto che attraverso questa “semplificazione” il mistero che si celebra si svela e si fa presente in maniera più diretta. L’aspetto esteriore, infatti, rischia di attirare l’attenzione più sulla dimensione estetica che su quella misterica, che necessita invece del silenzio, del clima di preghiera e di ascolto fondamentali nell’esperienza liturgica.

Riguardo alla “riduzione” da parte del Papa delle letture della Messa di Pasqua cosa pensa invece?

Mons. Brandolini: È tutto previsto dal Messale. Credo che il Santo Padre si sia avvalso di una indicazione che prevede una scelta delle letture e una loro diminuzione in base anche alle circostanze, come la persona che presiede o l’assemblea che partecipa. Ci sono brani che non devono mancare mai, come il Genesi, l’Esodo e la Lettera di San Paolo ai Romani. Le letture profetiche, ad esempio, da quattro possono diventare una. Non credo che il Papa abbia voluto ridurle per sminuire il senso di una celebrazione
che nella Liturgia della Parola offre un quadro generale della storia della salvezza. Anzi mi sembra che tutto sia stato salvaguardato nella Veglia pasquale in San Pietro, soprattutto i sacramenti di iniziazione cristiana che sono qualificanti della celebrazione.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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