Papa Francesco e clero romano - Foto @ Servizio Fotografico - L'Osservatore Romano

Papa al Clero romano: "Le nostre radici sono la vera rivoluzione"

Parlando ai sacerdoti del Clero romano, Francesco ricorda che “l’affetto e l’audacia” dei padri “sono una fiamma accesa in ogni cuore nobile”

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“È molto importante andare indietro e cercare le radici della nostra fede”. Lo ha ricordato Papa Francesco stamattina, 2 marzo 2017, ai sacerdoti della Diocesi di Roma, incontranti nella Basilica di San Giovanni in Laterano per il tradizionale appuntamento di inizio Quaresima.
Prima di iniziare la sua lunga meditazione, il Pontefice ha confessato alcuni di loro. Meditazione all’interno della quale Francesco ha fatto posto anche a quella che ha definito “memoria deuteronomica”, in quanto “in analogia con la memoria di Israele”.
Così come gli apostoli “mai dimenticarono il momento in cui Gesù toccò loro il cuore”, anche noi dobbiamo rivolgere la nostra memoria a chi ci ha aiutato nel percorso cristiano. “A volte si tratta di persone semplici e vicine che ci hanno iniziato alla vita della fede”. Il Vescovo di Roma ha sottolineato che “il credente è fondamentalmente ‘uno che fa memoria’”. Pertanto “non si può credere senza memoria” e “la fede si alimenta e si nutre della memoria”.
Del resto il Signore è “Dio dei nostri padri e nonni – riflette il Papa -. Non è Dio dell’ultimo momento, un Dio senza storia di famiglia, un Dio che per rispondere ad ogni nuovo paradigma dovrebbe scartare come vecchi e ridicoli i precedenti”.
La storia di famiglia non “passa mai di moda”, soggiunge. “Appariranno vecchi i vestiti e i cappelli dei nonni – prosegue -, faranno ridere quando guarderemo le fotografie, le foto avranno color seppia, ma l’affetto e l’audacia dei nostri padri, che si spesero perché noi potessimo essere qui e avere quello che abbiamo, sono una fiamma accesa in ogni cuore nobile”.
Bisogna quindi tener sempre presente – dice ancora il Papa – che progredire nella fede “è anche esercizio di ritornare con la memoria alle grazie fondamentali”. Bergoglio rileva che “si può “progredire all’indietro”, andando a cercare nuovamente “tesori ed esperienze che erano dimenticati e che molte volte contengono le chiavi per comprendere il presente”.
Per il Papa la “cosa veramente rivoluzionaria” è “andare alle radici”. Per far meglio comprendere il concetto, sciorina uno dei suoi aneddoti personali, di quando durante degli Esercizi, non capendo il predicatore, ebbe in mente uno scritto che sua nonna aveva sul comodino: “Attento che Dio ti sta guardando, pensa che morirai e non sai quando”. “In quel momento – confida il Santo Padre – mi sono sbloccato e sono andato avanti nella preghiera, la memoria mi ha aiutato”.
Ribadendo che “il cristiano non dimentica le sue radici”, Francesco spiega che “quanto più lucida è la memoria del passato, tanto più chiaro si apre il futuro, perché si può vedere la strada realmente nuova e distinguerla dalle strade già percorse che non hanno portato da nessuna parte”. Ecco allora che “la fede cresce ricordando, collegando le cose con la storia reale vissuta dai nostri padri e da tutto il popolo di Dio, da tutta la Chiesa”.
Perciò – aggiunge – “l’Eucaristia è il Memoriale della nostra fede, ciò che ci situa sempre di nuovo, quotidianamente, nell’avvenimento fondamentale della nostra salvezza, nella Passione, Morte e Risurrezione del Signore, centro e perno della storia”.
L’invito ai sacerdoti è dunque a “ritornare sempre a questo Memoriale” e ad “attualizzarlo in un Sacramento che si prolunga nella vita”.
Per risalire alle sorgenti della memoria, il Papa suggerisce un passo del profeta Geremia e un altro del profeta Osea, “nei quali – commenta – essi ci parlano di ciò che il Signore ricorda del suo Popolo”.
Per Geremia, “il ricordo del Signore è quello della sposa amata della giovinezza, che poi gli è stata infedele”. Per Osea – continua il Pontefice – “il ricordo del Signore è quello del figlio coccolato e ingrato”.
“Oggi come allora – l’ammonimento finale del Papa – l’infedeltà e l’ingratitudine dei pastori si ripercuote sui più poveri del popolo fedele, che restano in balia degli estranei e degli idolatri”.
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Qui è disponibile il testo integrale del discorso del Papa ai sacerdoti della Curia romana.

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Federico Cenci

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