Pakistan: si levano le voci per una moratoria della legge sulla blasfemia

Dopo l’arresto di un altro cristiano per questo crimine

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ROMA, domenica, 10 aprile 2011 (ZENIT.org).- Dopo l’arresto di un altro cristiano in Pakistan con l’accusa di blasfemia, si levano da più parti le voci che chiedono una moratoria della legge relativa a questo crimine.

Sostiene la moratoria Paul Bhatti, Consigliere Speciale del Primo Ministro per gli affari delle minoranze religiose e fratello di Shabhaz, Ministro per le Minoranze ucciso il 2 marzo scorso proprio per la sua opposizione alla legge sulla blasfemia e la difesa di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per questa ragione.

“Urge trovare una soluzione per impedire gli abusi della legge. Si può partire da una moratoria o pensare a delle modifiche. Ma occorre anche lavorare per cambiare la mentalità e la cultura: vi sono in Pakistan individui e organizzazioni che usano questa legge per creare disarmonia e tensione sociale”, ha detto Paul Bhatti all’agenzia vaticana Fides.

La proposta di una moratoria sta raccogliendo sempre più consensi tra intellettuali, studiosi e attivisti per i diritti umani.

Mehdi Hasan, presidente della “Commissione per i Diritti Umani del Pakistan”, ha detto a Fides che i membri della sua organizzazione sono “fondamentalmente favorevoli a una moratoria sulla blasfemia”, anche se la loro posizione ufficiale “è quella di chiederne l’abolizione”.

“Va ricordato che prima del 1986 non vi erano in Pakistan denunce di blasfemia e dopo abbiamo avuto, in 20 anni, circa 1.000 casi, mentre 70 persone, accusate solo di blasfemia, sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali”, ha sottolineato.

Dal canto suo padre Mario Rodrigues, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, ha ricordato che “la legge sulla blasfemia è chiamata ‘legge nera’. Oggi chi vi si oppone viene definito blasfemo e rischia la vita”.

“L’idea di una moratoria sulla sua applicazione mi trova molto favorevole – ha indicato –: servirebbe almeno a scongiurare nuovi casi costruiti su false accuse. Ma credo che il Governo difficilmente vorrà esporsi”.

“La moratoria sarebbe un primo passo per impedire alla legge di nuocere ancora”, ha detto invece Haroon Barkat Masih, a capo della Masihi Foundation, che fornisce assistenza legale e materiale ad Asia Bibi.

“Il Governo da un lato potrebbe dire ai gruppi radicali islamici che la legge resta in vigore, ma intanto riuscirebbe a fermarne il cattivo uso e le strumentalizzazioni”, ha rimarcato.

Nuovo arresto

Il cristiano che è stato arrestato di recente, il 5 aprile, si chiama Arif Masih, ha 40 anni e vive nel villaggio di Chak Jhumra, nel territorio di Faisalabad.

La Commissione Giustizia e Pace della Diocesi di Faisalabad ha espresso a Fides la sua “grave preoccupazione per un nuovo caso basato su false accuse”.

Secondo il rapporto della polizia, Arif è accusato di aver strappato alcune pagine del Corano e di aver scritto lettere minatorie ad alcuni musulmani per convertirli al cristianesimo.

Il fratello dell’arrestato, Ejaz Masih, ha riferito alla Commissione Giustizia e Pace che Arif è stato vittima di una trappola architettata da Shahid Yousaf, un suo vicino di casa. Yousaf ha anche due fratelli che lavorano nella polizia e lo hanno aiutato nella macchinazione.

La convinzione di amici e parenti della falsità delle accuse rivolte ad Arif si basa anche sul fatto che la famiglia dell’uomo ha vinto di recente una controversia per la proprietà di un terreno, e l’accusatore di Arif è membro della famiglia musulmana che ha perso la disputa.

“La polizia sta indagando sul caso. Se accerteremo che le accuse a suo carico sono false, arresteremo i veri colpevoli”, ha detto Naseem Sadiq, Coordinatore del Distretto di Polizia.

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ZENIT Staff

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