Fr. Giovanni Vercillo

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Padre Giovanni Vercillo: un “folle” che ha guardato il mondo con il cuore di Dio

A Lamezia Terme la commemorazione di un pastore “con l’odore delle pecore”, scomparso nel 1990 a soli 46 anni

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Un folle trafficante…di sogni! Sì, avete capito bene: questo era, ed è, per dirla con due parole, padre Giovanni Vercillo. Altro che ecstasy e pasticche varie, niente attici e macchinoni, conti in banca e abiti firmati. Portava un’unica firma, incisa nel cuore e sul volto sempre sorridente: quella di Gesù Cristo!

Il compimento del Vangelo “può essere soltanto affare divino” ha detto qualcuno. Ebbene, il frate dell’Ordine dei Minimi questo affare lo ha compiuto in pieno, anche se lui, fino all’ultimo istante di vita, rivolgendosi a Dio ha detto: “Quanto bene non fatto”.

Mercoledì sera la parrocchia lametina di San Francesco di Paola ha ricordato il venticinquesimo anniversario della rinascita alla vita eterna di Padre Giovanni, un omone alto e buono, con l’odore delle pecore addosso, per parafrasare Papa Francesco.

Dopo la celebrazione della Santa Messa, presieduta dal Correttore Provinciale Padre Gregorio Colatorti, nel salone è stato tracciato un profilo umano e spirituale di questo sacerdote che, seppur nella sua breve vita (è tornato alla Casa del Padre il 23 novembre 1990, all’età di 46 anni) ha lasciato il segno nella vita di molti.

Nella comunità minima lametina tra gli anni ’70 e ’80, padre Giovanni ha tracciato un percorso umano e spirituale che ha permesso ai giovani di diventare protagonisti dei loro sogni e delle loro speranze. Un percorso, poi, continuato grazie ai suoi confratelli e che ha consentito che la realtà giovanile fosse il fiore all’occhiello di questa parrocchia.

“Era un religioso amante della vita e della chiesa – ha detto nella sua omelia il Padre Provinciale – di quella chiesa figlia del Concilio Vaticano II e che camminava con fatica, ma lui viveva gia, aveva anticipato, cercava di mettere in pratica ed era felice quando si conveniva su un rinnovamento profondo”. Proseguendo nel ritratto del frate minimo, Colatorti ha chiesto: “Se oggi ci fosse Padre Giovanni cosa ci direbbe? Ci porterebbe nel passato per chiuderci nel nostro cerchio o forse ci direbbe di essere testimoni del Vangelo?”.

Alla riscoperta di un sogno che trova nell’oggi della Chiesa la sua perenne attualità è stato il filo conduttore dell’incontro che si è svolto, subito dopo la Messa, nel salone parrocchiale. Protagonisti gli “ex giovani” del ‘gruppo storico’ di Padre Giovanni. Certo, qualche capello grigio, ma con l’entusiasmo e la carica di allora. Sono stati loro ad animare la celebrazione eucaristica con i canti, e sempre loro, hanno portato le testimonianze rievocando momenti belli, in un parallelo tra l’allora e l’oggi.

Ebbene, se Padre Giovanni voleva lasciare qualcosa, crediamo proprio che ci sia riuscito alla grande. Belle e profonde riflessioni sono state espresse da questi vecchi giovani con ancora in spalla la chitarra e tanti sogni.

“Padre Giovanni è stato precursore dell’anticonformismo predicato e attuato oggi da papa Francesco: la ricerca delle pecorelle fuori dal gregge, l’accoglienza degli ultimi, la gioia nella quotidiana convivenza, la profondità del suo pensiero e del suo agire, l’affetto disinteressato, la carica emotiva”. Così una delle riflessioni.

E ancora: “La sua testimonianza incondizionata d’amore ci ha trasmesso un coraggio speciale, quello di far sopravvivere sempre l’amore per gli altri”. “L’amicizia vissuta come valore includente e solidale”. “Dopo tanti anni abbiamo ancora la stessa voglia di condivisione e partecipazione. Il tempo anziché annichilire ed opacizzare il messaggio lasciatoci da Padre Giovanni, lo ha reso ancora più diamantino e lucido nella sua essenzialità”.

Nel corso dell’incontro, eccellente l’esposizione del ritratto di Padre Giovanni, da parte di sua nipote Lisa Vercillo, invitata per l’occasione. Facendo degli importanti riferimenti alla pastorale di papa Francesco, in maniera illuminante e intensa, comunicativa e brillante, ha offerto un ritratto lucido di un uomo del quale “è un’impresa ardua, quasi impossibile, tracciarne un profilo” annunciando che sta già lavorando per la pubblicazione degli scritti dello zio.

“Un lavoro che sicuramente permetterà di far continuare l’opera di un uomo instancabile la cui attività pastorale appare intessuta di diversi aspetti, di iniziative, di episodi e avvenimenti piccoli e grandi”.

Dovendo parlare dello zio alla luce di papa Francesco (così come le era stato chiesto), la Vercillo non poteva non partire dalla sera del 13 marzo di due anni fa: “La prima volta che ho visto Papa Francesco, la sera del famoso ‘buonasera’, mi sono detta che quel nuovo Papa sarebbe piaciuto immensamente a zio Gianni”. Percorrendo un parallelo tra Padre Giovanni e Bergoglio, Lisa Vercillo ha dimostrato come lo zio sia stato un precursore di quell’attività pastorale enunciata oggi dal Papa con tanto vigore. “Un sognatore che anticipò Papa Francesco? Sì, credo di poterlo dire!”.
E lo ha fatto soffermandosi su tre punti: una chiesa libera, una chiesa povera, una chiesa serva. Concetti ben sviluppati nel corso della sua esposizione, nella quale non ha mancato di lanciare delle provocazioni all’Ordine dei Minimi: “Quante volte zio Gianni (chiamato così affettuosamente in famiglia, ndr) si chiedeva perchè l’Ordine avesse tante ricchezze, tanti immobili vuoti anziché pieni di poveri. Una volta discusse a tavola dell’inutilità di tutto l’olio che si accumulava a Paola per far ardere la lampada di San Francesco. San Francesco voleva davvero questo? Non era meglio darlo ai poveri? Non facciamo forse noi voto di povertà? Si chiedeva. Ed ecco che dopo quasi 40 anni il Papa chiede di aprire le canoniche, i conventi, i monasteri per i poveri”.

Il sogno di padre Giovanni era quello di vedere una chiesa libera, povera e al servizio degli ultimi. Lui, combattente, figlio del Concilio Vaticano II, riteneva che la chiesa dovesse “aprirsi con coraggio alle sfide del mondo. Se stai con Cristo, diceva, non sei neutrale. Sei di parte. Ti schieri. La sua è una scelta sovversiva, ma la colpa non è sua: è il Vangelo che lo muove. Per lui il cristiano doveva essere sempre inquieto, uno che va controcorrente non per posa, ma perchè sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente”.

E poi ancora, proseguendo nella sua esposizione, tra le tante cose, qui sarebbe impossibile riportare tutto, ha ricordato come Padre Giovanni sognasse quella che don Tonino Bello chiamava la chiesa del grembiule: “Siamo chiamati ad essere servi della comunione, mai esercitando un potere, ma svolgendo un servizio, compiuto con gioia. Il cruccio di zio Gianni era quello di non fare abbastanza. E di questo bene non fatto per la sua gente, per i carcerati, per i giovani, per chiunque incrociasse il suo cammino chiedeva perdono e poi l’urgenza di essere come un porto dove tornare”.
Avviandosi alla conclusione parole determinate quelle di Lisa: “Padre Giovanni è stato un santo sacerdote. La santità non è fare cose straordinarie, ma vivere l’ordinarietà alla luce del Vangelo. Il popolo di Dio ha fiuto, come dice Papa Francesco, per il suo pastore e riconosce un sacerdote secondo il cuore di Cristo, così come è accaduto per Padre Giovanni. È pur vero però che è necessario che la Chiesa metta il suo sigillo su coloro che noi chiamiamo santi perché devono essere additati come esempio a cui guardare, come dei veri testimoni”.

Quell’ “affare divino” di cui parlavamo all’inizio, è in continuo compimento. Un gruppo teatrale che si sta facendo strada, ormai, in tutta la Calabria, porta il suo nome. Nella parrocchia e nelle chiese minime non mancano i riferimenti ai suoi insegnamenti. Dopo di lui centinaia e centinaia di giovani si sono succeduti passandosi il testimone del Vangelo, dell’amicizia e della condivisione. E poi ci sono quei suoi ex giovani coi capelli grigi… Che nel loro cuore hanno scolpito un grande nome: Gio. Ve.!

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ZENIT Staff

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