Padre Bossi, gigante buono della missione

Scomparso stanotte il missionario del Pime, noto per il rapimento del 2007 ad opera di estremisti islamici, nell’isola di Mindanao

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MILANO, domenica, 23 settembre 2012 (ZENIT.org) – Alla fine il “gigante buono” si è arreso. Stanotte alle 3, padre Giancarlo Bossi, il missionario del Pime rapito nel 2007 nell’isola di Mindanao (Filippine), è morto nella clinica Humanitas di Rozzano sul Naviglio (Milano), a causa di un tumore ai polmoni. Da tempo lottava contro la malattia, che lo aveva costretto a un soggiorno prolungato in Italia, lontano dalle sue amate Filippine.

Padre Giancarlo era chiamato dagli amici “gigante buono” per la sua notevole statura e la figura imponente (in gioventù aveva anche giocato a basket). Il suo rapimento – ad opera di un commando di estremisti musulmani il 10 giugno 2007 – lo aveva reso noto in Italia e nel mondo. All’indomani del rapimento, infatti, si erano elevate preghiere nonché presentate interrogazioni ai governi per la sua liberazione. Anche Benedetto XVI aveva fatto un appello ai rapitori e pregato per il missionario del Pime. 

La liberazione di Bossi, avvenuta grazie anche alla collaborazione dei governi italiano e filippino, era avvenuta il 19 luglio dello stesso anno. Alla vigilia di Ferragosto aveva fatto rientro in Italia per essere abbracciato dai familiari e dagli amici. Due settimane dopo, interrompe il suo riposo e l’isolamento (scelto per evitare l’assedio dei media) in una remota valle piemontese, per concedere una lunga intervista al direttore di Mondo e Missione, da cui prenderà forma il libro “Rapito. Quaranta giorni con i ribelli, una vita nelle mani di Dio”.

Ecco il ricordo di Gerolamo Fazzini: «Il direttore della Emi, padre Ottavio Raimondo, aveva pensato a un istant-book sull’esperienza di p. Bossi. Ma lui, il protagonista, era il meno convinto dell’operazione, restio com’era al clamore sulla sua figura. Avevo dovuto lottare non poco per vincere il muro della sua discrezione. Per scoprire, poi, un uomo di grande semplicità ma anche di fede solida, radicale, che amava i poveri con grande convinzione».

Nel settembre dello stesso anno aveva portato la sua testimonianza a un raduno dei giovani italiani col Papa a Loreto. Parlando di quei 40 giorni trascorsi insieme ai suoi rapitori – musulmani fuoriusciti dal Milf (Moro Islamic Liberation Front) – aveva speso parole di pace, spiegando di essere stato trattato bene e di aver pregato per loro. «Durante i 40 giorni del mio deserto nella foresta – dice davanti a 300mila giovani –  mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio». 

Nel gennaio 2008 ritorna nelle Filippine e vorrebbe ritornare a Payao (Mindanao), dove era stato rapito, ma i vescovi lo frenano e lui si stabilisce nella parrocchia di Paranaque (periferia di Manila) per un anno. Poi si sposta nella missione di Mindoro Occidentale, aprendo di fatto una nuova missione in una zona dove il Pime non era mai stato presente prima.

Padre Bossi era nato ad Abbiategrasso (Milano), il 19 febbraio 1950. Entrato nel Pime a Genova nel 1973 come vocazione adulta, ha emesso il giuramento perpetuo il 3 febbraio 1978 ed è stato ordinato sacerdote il 18 marzo 1978 da mons. Aristide Pirovano. Destinato alle Filippine, vi ha trascorso circa 32 anni, interrotti da soggiorni in Italia per servizi all’istituto o per cure mediche.

[Articolo tratto dal sito MissiOnLine, del Pime]

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ZENIT Staff

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