Osservazioni sulla deflazione

I vantaggi dovuti alla mancata crescita dei prezzi sono illusori?

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Era il lontano 1982, e Federico Caffè dalla sua cattedra di politica economica, nell’Università che allora si chiamava semplicemente “Università di Roma”, avvertiva nelle lezioni – che ero tenuto a frequentare da giovane studente d’economia – che un’inflazione del 5% (che lui chiamava “frizionale”) era non solo utile ma indispensabile alla crescita economica.

In tempi di monetarismo condiviso, sentire il “professore” discorrere sull’utilità dell’inflazione (sia pure “frizionale”) sembrava sentire parlare a dir poco un infiltrato nella Facoltà d’economia del Pcus, il famigerato Partito comunista sovietico russo.

Ma dopo oltre trent’anni, eccoci. L’economia Italiana è in deflazione, ovvero, in una situazione di una costante diminuzione del livello generale dei prezzi. E come sia stato possibile che dalla disinflazione, ovvero, da una politica di rallentamento del tasso di inflazione si sia passati alla riduzione dei prezzi è oggetto ora di riflessione da parte degli economisti.

Eppure, riprendendo gli appunti delle lezioni del prof. Caffè, leggo: “se i prezzi non crescono può esserci un vantaggio per chi fa la spesa, ma per l’economia è un vero dramma. Le imprese, infatti, attendendosi prezzi in ribasso, rinvieranno spese ed investimenti con conseguente contrazione della attività economica, a scapito di profitti”.

Ma, non solo. Tra le osservazioni che a suo tempo faceva il prof. Caffè sui pericoli della deflazione, ce ne è una che può suonare molto suggestiva ai gestori delle finanze pubbliche. Diceva, infatti, il prof: “Se il denaro non perde valore, mantenere il debito pubblico diventa molto più oneroso, ed il Pil – che è di fatto un prodotto tra merci e servizi e prezzi – non cresce se non per la componente reale”.

A conti fatti, dunque, se dovessimo seguire la lezione del professore, un pò d’inflazione ridurrebbe il peso del debito pubblico ed aumenterebbe il Pil nominale accanto a quello reale che sarebbe stimolato dagli investimenti delle imprese. Ne conseguirebbe  un miglioramento dei parametri di stabilità, primo tra tutti il famoso debito/Pil.

Ce n’è da far rabbrividire ogni purista dell’economia monetarista  e tutti coloro che sono convinti della neutralità della moneta.

Però, a giudicare dal degrado che possiamo osservare nelle nostre città e campagne, non possiamo non tener conto di ogni utile suggerimento che permetta di dare al Paese maggior ossigeno per una ripresa economica che le politiche fino ad ora seguite non hanno permesso di conseguire. Peraltro, Keynes un economista vissuto a cavallo della crisi del 1930 bene diceva che non si può aspettare un ripresa che non arriva;  nel lungo periodo, sosteneva, siamo tutti morti! Come non dargli ragione ?

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Enea Franza

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