"Ognuno di noi è chiamato ad essere l'amore nel cuore della Chiesa"

Papa Francesco esorta i vescovi, i sacerdoti e i religiosi delle Filippine a “forgiare una società ispirata al messaggio evangelico” e a combattere le ingiustizie nel loro paese

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Per vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi il “ministero pastorale nasce nell’amore”. È nel segno della domanda di Gesù a Pietro che papa Francesco ha introdotto la sua prima omelia nelle Filippine: “Mi ami?” (Gv 21,15-16). Ed un coro di “sì” si è levato da ogni panca dell’affollatissima cattedrale di Manila.

“Ogni vita consacrata è un segno dell’amore riconciliatore di Cristo – ha affermato il Papa -. Come Santa Teresa di Gesù Bambino, nella varietà delle nostre vocazioni, ognuno di noi è chiamato, in qualche modo, ad essere l’amore nel cuore della Chiesa”.

Il Santo Padre ha chiesto di portare il proprio “affetto” a tutti i “fratelli e sorelle anziani e malati” e a tutti coloro che hanno potuto prendere parte alla celebrazione.

“Mentre la Chiesa nelle Filippine – ha proseguito Francesco – guarda al quinto centenario della sua evangelizzazione, sentiamo gratitudine per l’eredità lasciata da tanti vescovi, sacerdoti e religiosi delle generazioni passate”, i quali si prodigarono non solo di “portare il Vangelo” nel paese ma anche di “forgiare una società ispirata al messaggio evangelico della carità, del perdono e della solidarietà al servizio del bene comune”.

Come i pastori che li hanno preceduti, i vescovi, i sacerdoti e i religiosi di oggi sono “chiamati a costruire ponti, a pascere il gregge di Cristo e a preparare valide vie per il Vangelo in Asia all’alba di una nuova era”.

Il Pontefice ha quindi spiegato il significato dell’essere “ambasciatori in nome di Cristo” ed attuare un “ministero di riconciliazione”, proclamando la “Buona Novella dell’amore, della misericordia e della compassione senza fine di Dio”, assieme alla “gioia del Vangelo”.

Essere “ambasciatori di Cristo” significa innanzitutto “invitare ogni persona ad un rinnovato incontro con il Signore” ma anche fare un appello alla “conversione”, ad un “esame della nostra coscienza come individui e come popolo”.

La Chiesa nelle Filippine è chiamata a “riconoscere e combattere le cause della disuguaglianza e dell’ingiustizia, profondamente radicate, che macchiano il volto della società filippina, in palese contrasto con l’insegnamento di Cristo”.

Il Vangelo, quindi, chiama ogni cristiano a vivere “una vita onesta” e indirizzata al “bene comune” e chiama le comunità cristiane a creare “circoli di onestà” e “reti di solidarietà” per trasformare la società con una “testimonianza profetica”.

A tal proposito, il Papa ha ricordato che “i poveri sono al centro del Vangelo” e che se li si esclude diventa “impossibile comprendere l’intero messaggio di Gesù Cristo”.

Accogliere la “grazia riconciliatrice” nei propri cuori significa “rifiutare prospettive mondane, guardando ogni cosa alla luce di Cristo”, riconoscere “fallimenti e cadute”, imboccare la via della “conversione continua”, scuotere il proprio “orgoglio”, la “paura di cambiare”, i “meschini compromessi con la mentalità di questo mondo”.

Per i sacerdoti e le persone consacrate la “conversione alla novità del Vangelo comporta un quotidiano incontro col Signore nella preghiera” e, in particolare per i religiosi, “vivere la novità del Vangelo” significa soprattutto cercare “una sempre più stretta unione col Signore nella perfetta carità”.

Al contrario, la “grande minaccia” risiede nel “cadere in un certo materialismo che può insinuarsi nella nostra vita e compromettere la testimonianza che offriamo”.

La soluzione, secondo il Pontefice, è quella di “diventare noi stessi poveri, eliminando il nostro autocompiacimento”, per “identificarci con gli ultimi tra i nostri fratelli e sorelle” e annunciare la “radicalità del Vangelo in una società abituata all’esclusione, alla polarizzazione e alla scandalosa disuguaglianza”.

Rivolgendosi ai giovani sacerdoti e ai seminaristi, papa Francesco ha chiesto di condividere la gioia e l’entusiasmo del loro amore per Cristo e per la Chiesa con chiunque ma in particolare con i loro “coetanei” e con i giovani, spesso “confusi e abbattuti” ma ancora fiduciosi nella Chiesa.

Il Santo Padre ha chiesto ai sacerdoti e ai religiosi filippini di stare vicini a coloro che, vittime della povertà e della corruzione, sono tentati di “lasciare la scuola e di vivere per la strada”.

Al tempo stesso, il Papa ha raccomandato di proclamare “la bellezza e la verità del matrimonio cristiano ad una società che è tentata da modi confusi di vedere la sessualità, il matrimonio e la famiglia”, realtà sempre più “sotto l’attacco di forze potenti che minacciano di sfigurare il piano creativo di Dio” e di tradire il meglio dei valori e della cultura filippina, profondamente “plasmata dalla creatività della fede”, in particolare per la “calorosa e cordiale devozione alla Madonna e al suo Rosario”.

Su queste basi, il Pontefice ha infine esortato il clero e i religiosi filippini a proseguire il proprio impegno di preparazione del quinto centenario, con l’auspicio che “l’amore riconciliatore di Cristo” possa “penetrare ancora più interamente nel tessuto della società filippina”.

Per leggere il testo integrale dell’omelia si può cliccare qui.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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