Occhi semplici e cuore grande per riconoscere, come i Magi, la presenza di Dio

Omelia del cardinale Scola per la Solennità dell’Epifania

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Riportiamo di seguito le parole proferite dal cardinale Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, nell’omelia per la Messa della Solennità dell’Epifania del Signore nel Duomo della città.

1. Cristo, il cuore del mondo

«Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio» (LetturaIs 60, 3-4). La visione di Isaia presenta Gerusalemme escatologica come centro dell’universo, polo di attrazione e di speranza per tutti i popoli. Il profeta “vede” così il Mistero della odierna Solennità, che è ben sintetizzato dalle parole con cui pregheremo: «Oggi hai svelato, Padre, alle genti convocate dalla luce di una stella il tuo Figlio unigenito» (A conclusione della Liturgia della Parola). Infatti questo è il disegno del Padre – recita un’Antifona dell’Ufficio divino – fare di Cristo il cuore del mondo. Egli è il Re dell’universo, come affermano i Magi venuti dall’Oriente, sconcertando i potenti di turno. Ma quale Re dell’universo?

2. L’anelito all’unità

All’universalità, in forza della comune appartenenza alla natura umana, anelano tutti gli uomini e tutti i popoli. Essa si realizza attraverso l’unità dei popoli e delle nazioni nella famiglia umana. Eppure, pur tendendo al bene prezioso dell’universalità talora con tutte le nostre forze, noi non sappiamo costruirla: «Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli» (LetturaIs 60,2). Troppo spesso, anzi, sembriamo cospirare per distruggerla. Penso al riaffiorare allarmante dei conflitti sociali, alla recrudescenza del terrorismo, alle stragi di cristiani e alle persecuzioni contro uomini delle religioni e uomini di buona volontà, alle lotte intestine tra i popoli. Invece di affermare la forza del diritto, si vanta il diritto alla forza. E lo facciamo spesso a cominciare dai quotidiani rapporti interpersonali.

3. Gesù, segno di contraddizione

In questa prospettiva si comprende l’affermazione del Vangelo: «“Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme» (VangeloMt 2,2-3). Già dall’inizio, dalla sua nascita, Matteo mette in evidenza il destino di questo Re singolare, quello di essere segno di contraddizione (cfrLc 2,34) fino a dividere le coscienze. L’evangelista lo fa intendere in modo paradossale e drammatico contrapponendo l’apertura di questi sapienti pagani, venuti da oriente per adorare il Bambino, alla paura di Erode e di tutta Gerusalemme per questa inopportuna, fastidiosa e preoccupante novità. Da subito «la regalità di Gesù e la sua passione vanno insieme» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, p 120). L’attuazione dell’universalità a cui tutti i popoli aspirano domanda ad un tempo che Gesù Cristo sia il cuore dell’uomo ed il cuore del mondo. Per questo siamo viaggiatori della storia, consapevoli pellegrini, non vagabondi distratti.

4. Un nuovo stile di vita

I Magi, pellegrini dell’Assoluto, sono figura della nostra libertà che tende al suo compimento, senza fermarsi davanti ad ostacoli o fatiche. Neppure la più impegnativa: quella che San Paolo chiama metanoia, cioè la conversione profonda della mente e del cuore: «Per noi questa Nascita fu come un’aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte (T.S. Eliot, Il viaggio dei Magi).

«È apparsa la grazia di Dio – il nome della grazia di Dio è Gesù Cristo Signore – che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (EpistolaTt 2, 11-12). In questo lavoro di conversione veniamo coinvolti in prima persona, da protagonisti. A questa impresa, personale e comunitaria, siamo sempre più provocati dall’affascinante ma delicato contesto storico che ci è dato di vivere. Infatti le radicali trasformazioni in atto nella sfera affettiva non meno che in quella culturale, sociale, politica ed economica, ci impongono di assumere ogni giorno uno stile di vita che salvi tutta la persona (anima e corpo) in tutte sue relazioni costitutive (con sé, con gli altri e con Dio). Per questo il Papa, nel suo Messaggio per la pace, ha parlato delle vie di attuazione del bene comune come levie da percorrere per ottenere la pace (Benedetto XVI, Messaggio per la XLVI Giornata Mondiale della pace, 3).

Non è fuori luogo, nella giornata di oggi, richiamare quanto ebbe a dire il 27 aprile 1962 l’allora Cardinal Montini parlando dell’ormai imminente Concilio Vaticano II all’ISPI (Istituto di Studi di politica internazionale): «La vita internazionale indubbiamente aspira all’unità e alla pace, all’unione e alla collaborazione fra le nazioni, alla concordia universale… aspira fortemente e nobilmente a dare ad ogni popolo, anzi ad ogni cittadino del mondo una pienezza e un’eguaglianza di diritti e un livello di libertà e di dignità, in cui si avveda realizzata pienamente l’idea dell’uomo; aspira cioè ad instaurare un umanesimo-umano, se così si può dire… Ora questa è una aspirazione, che possiamo dire “cattolica”, cioè universale» (G.B. Montini, Discorsi e scritti milanesi, vol III, Brescia 1997, 5077-5095, qui 5091-92). Questo dice la modalita’ con cui i cristiani, anche oggi, sono chiamati a vivere dentro la societa’ civile.

5. La vita della comunità cristiana, l’universale concreto

«Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre» (Mt 2, 11). Entrati nella casa: la vita della comunità cristiana costituisce la condizione concreta e, nello stesso tempo, l’ambito ben identificabile in cui incontrare il Bambino, cioè per riconoscere il dono dell’universale salvezza, aderirvi e così fare l’esaltante esperienza dell’unità dell’io, della famiglia, della comunità cristiana, del mondo intero.

Come i Magi anche noi oggi «abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (VangeloMt 2,2). Chiediamo a Colei che è Sua e nostra Madre, di donarci occhi semplici e un cuore grande nell’amare, per riconoscere, come fecero loro, i segni della Sua presenza.

6. Cristo via, verità e vita

«Egli – infatti – è la via che conduce alla gioia perenne, la verità che ci immerge nella luce divina, la fonte inesauribile della vita vera» (Prefazio).

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ZENIT Staff

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