"Non un amico, semplicemente papà"

Flavio Insinna ricorda commosso la figura di suo padre, presentando il suo libro autobiografico al Fiuggi Family Festival

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di Luca Marcolivio

FIUGGI, venerdì, 27 luglio 2012 (ZENIT.org) – A dispetto del luogo comune secondo il quale “il tempo cura le ferite” e “guarisce tutti i dolori”, la scomparsa di una persona cara è un marchio indelebile che rimane nel cuore di chiunque.

L’esperienza universale della morte del proprio padre, è stata resa unica e speciale dall’attore e conduttore televisivo Flavio Insinna, che ha raccontato il suo dramma nel libro autobiografico Neanche con un morso all’orecchio (Mondadori, 2012).

Insinna ha portato ieri pomeriggio la propria testimonianza al pubblico del Fiuggi Family Festival, evitando la trappola della lacrima facile ed ha saputo trattare in modo non banale un tema drammatico, conservando l’approccio ironico del performer brillante.

Durante il suo dialogo intrattenuto con la conduttrice TV Julie Arlin, al Teatro Comunale di Fiuggi, Insinna ha tratteggiato la personalità del padre Salvatore: un medico di origine siciliana, spesso ruvido e severo nella forma ma generosissimo nella sostanza.

L’artista ha raccontato la straordinaria dedizione del padre per la famiglia e per i suoi pazienti, per i quali, fino agli ultimi istanti della sua vita si è letteralmente “consumato”.

“Diceva che un medico di famiglia deve sapere tutto della famiglia che visita, conoscere ogni loro problema umano e che il paziente torna un bambino perché ha paura: per questo il sorriso del medico è fondamentale”, ha raccontato.

“Ci teneva molto allo studio e alla formazione – ha proseguito Insinna – e a noi figli diceva: devi vivere la tua vita come se fosse l’ultimo giorno e studiare come se dovessi vivere per l’eternità. E ci raccomandava di leggere la classica ‘paginetta al giorno’ di qualunque cosa”.

Il matrimonio di mamma e papà Insinna è durato più di cinquant’anni, “non perché fossero altri tempi ma perché i miei genitori sono persone d’altri tempi – ha raccontato l’attore -. Molte persone che hanno letto il mio libro mi hanno scritto, dicendomi: sei stato fortunato ad avere una famiglia così unita. Papà ha saputo rendere straordinario l’ordinario della nostra famiglia: a me e a mia sorella, ha insegnato ad essere persone perbene, senza essere perbenisti”.

Del defunto padre, Insinna ha ricordato commosso i “no” e le rinunce che lo hanno aiutato a crescere. “Non mi è mai voluto essere amico ma semplicemente padre e non mi ha mai fatto sconti – ha detto -. Mi ha educato a mettermi sempre in discussione”.

“Un giorno papà mi disse: figlio mio, credi sarebbe stato più facile dirti sempre di sì? Se una persona ti dice sempre di sì, è bello solo per un attimo, poi hai la sensazione che, in fondo, se ne freghi di te”.

“Papà amava dire: guarda figliolo, dietro di te non c’è il diluvio, intendendo che c’è sempre qualcuno che può avere bisogno di me, che non c’è solo l’io ma anche il noi. Scherzando, amava dirci: se osate dire ‘questo è mio’, vi stacco una mano; sono chirurgo e so come si fa…”.

“Quando provai a dire a papà che forse avrei voluto fare il medico anch’io, lui mi disse: lascia perdere, ci vuole una capoccia così… Poi dovremmo pagare un avvocato per tutti i pazienti che ammazzerai… Mi vedeva bene proprio come avvocato”.

La scelta di Flavio di intraprendere la carriera artistica, inizialmente, non fu troppo condivisa dai familiari ma con il tempo le cose cambiarono. “Ogni tanto facevo leggere i copioni a papà, mentre l’ultima telefonata prima di andare in scena e subito dopo era sempre ai miei genitori”, ha raccontato l’attore.

Insinna ritiene che, senza volerlo, il padre lo abbia indirizzato verso la carriera teatrale, poiché “aveva una straordinaria capacità di raccontare aneddoti con dei ‘tempi comici’. Forse è stato anche grazie a mio padre che sono diventato un attore, anche se lui diceva che non era vero”.

Parlando del rapporto di suo padre con la fede, Insinna ha detto: “Era un uomo di scienza e all’inizio credeva poco. Poi mamma, come la goccia che scava nella pietra, a furia di portarlo la domenica a messa e di fargli conoscere i preti, lo ha coinvolto sempre di più”.

“Cattolico o no che sia stato nella sua vita, papà, ha sempre cercato di portare il proprio granello di gioia nella nostra vita. Se però noi ci siamo potuti permettere il lusso di litigare per anni e rimanere comunque sempre uniti, il merito è stato di mamma e del grande amore che ha sempre messo in ogni cosa”.

A conclusione dell’incontro Insinna ha preso atto dell’impossibilità di cancellare un dolore così grande come quello della scomparsa di un genitore. “Non ha senso – ha detto – dire a un funerale: ‘è la vita’. Come si fa a dirlo quando sei di fronte alla morte? Come pure è assurdo dire di una persona che è morta che ‘vabbé, ormai era anziano’”.

Dopo un lutto così grande “si continua a vivere con dignità, ma il vuoto che una persona cara lascia, è un ‘buco’ che ogni giorno si allarga. Uno strazio di cui immagino che, quando passerò anch’io a miglior vita, Qualcuno mi darà una giusta spiegazione…”.

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ZENIT Staff

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