"Non si può essere al servizio degli uomini, senza essere prima servi di Dio"

Benedetto XVI riceve in udienza i presuli di recente nomina partecipanti al convegno promosso dalle Congregazioni per i Vescovi e le Chiese Orientali

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di Luca Marcolivio

CASTEL GANDOLFO, giovedì, 20 settembre 2012 (ZENIT.org) – L’avvio dell’Anno della Fede, il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, il ventennale del Catechismo della Chiesa Cattolica e la 13° Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione sono tutte occasione “per rafforzare la fede”.

Lo ha detto papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i Vescovi di recente nomina partecipanti al convegno promosso dalle Congregazioni per i Vescovi e le Chiese Orientali. “Il ritrovarvi insieme a Roma, all’inizio del vostro servizio episcopale – ha sottolineato il Papa – è un momento propizio per fare esperienza concreta della comunicazione e della comunione tra di voi, e, nell’incontro con il Successore di Pietro, alimentare il senso di responsabilità per tutta la Chiesa”.

Il Santo Padre ha invitato i presuli a “promuovere e sostenere «un più convinto impegno ecclesiale a favore della nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede» (Lett. ap. Porta fidei, 7)”.

La chiamata è quella a “favorire e alimentare la comunione e la collaborazione tra tutte le realtà delle vostre diocesi”. L’evangelizzazione, infatti, ha spiegato Benedetto XVI, “non è opera di alcuni specialisti, ma dell’intero Popolo di Dio, sotto la guida dei Pastori”, pertanto “ogni fedele, nella e con la comunità ecclesiale, deve sentirsi responsabile dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo”.

La Nuova Evangelizzazione è, in definitiva, un prodotto del Concilio Vaticano II, tanto è vero che il beato Giovanni XXIII, alla chiusura del primo periodo dell’assise conciliare, auspicò una “nuova Pentecoste che avrebbe fatto fiorire la Chiesa nella sua interiore ricchezza e nel suo estendersi maternamente verso tutti i campi dell’umana attività”.

Questa “nuova Pentecoste”, nonostante le difficoltà dei tempi, ha prolungato i suoi effetti raggiungendo la vita della Chiesa in ogni sua espressione: da quella istituzionale a quella spirituale, dalla partecipazione dei fedeli laici nella Chiesa alla fioritura carismatica e di santità”.

Impossibile non pensare, dunque, agli ultimi due papi beatificati, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, e a “tante figure di vescovi, sacerdoti, consacrati e di laici, che hanno reso bello il volto della Chiesa nel nostro tempo”.

I pastori di oggi, ha detto il Papa rivolto ai presuli ricevuti in udienza, hanno ereditato “questo patrimonio di dottrina, di spiritualità e di santità” ed ad esso devono attingere per formare i loro fedeli.

“Vi incoraggio, perciò – ha proseguito –  ad impegnarvi affinché a tutti, secondo le diverse età e condizioni di vita, siano presentati i contenuti essenziali della fede, in forma sistematica ed organica, per rispondere anche agli interrogativi che pone il nostro mondo tecnologico e globalizzato”.

A tale scopo è essenziale attingere alla dottrina del Catechismo della Chiesa Cattolica, “norma sicura per l’insegnamento della fede e la comunione nell’unico credo. La realtà in cui viviamo esige che il cristiano abbia una solida formazione!”.

In questo contesto, il Vescovo, è “primo testimone della fede” ed è tenuto ad offrire “l’esempio di una vita vissuta nell’abbandono fiducioso in Dio”. Egli, se vuole essere “maestro e araldo della fede” deve essere “uomo di Dio. Non si può essere, infatti, al servizio degli uomini, senza essere prima servi di Dio”.

“Eucaristia” e “preghiera” sono la “duplice mensa” a cui il pastore può attingere “linfa vitale per il ministero”. Verso i sacerdoti, il vescovo deve mostrare carità, “con quell’amore paterno che sa sostenere, incoraggiare e perdonare”.

La carità del Buon Pastore va indirizzata anche “ai poveri e ai sofferenti”, alle “famiglie”, “ai ragazzi e ai giovani”, con una cura speciale per i “seminaristi” che vanno “formati umanamente, spiritualmente, teologicamente e pastoralmente, affinché le comunità possano avere Pastori maturi e gioiosi e guide sicure nella fede”.

Il Santo Padre ha quindi concluso l’udienza ricordando la seguente frase di San Paolo: «Cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace… Un servo del Signore non dev’essere litigioso, ma mite con tutti, capace di insegnare, paziente, dolce nel rimproverare» (2Tm 2,22-25).

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ZENIT Staff

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