Non si ferma l'ondata popolare in difesa del crocifisso

di Antonio Gaspari

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ROMA, domenica, 8 novembre 2009 (ZENIT.org).- Nel 1968 gli studenti occupavano le scuole al grido “Dio è morto”; oggi gli studenti portano il crocifisso nelle aule e nei luoghi in cui non c’è.

Come ha riportato questo sabato Avvenire in un articolo di Paolo Ferrario dal titolo “Gli studenti si ribellano: quella croce non si tocca”, in diverse scuole a livello nazionale gli studenti hanno portato le croci nelle aule in cui non c’era.

All’istituto professionale “Golgi” di Brescia, gli studenti si sono portati da casa un crocifisso enorme e lo hanno appeso in bella vista sopra la cattedra.

Il dirigente scolastico l’ha fatto togliere, ma dopo una notte chiuso nell’armadio della classe, venerdì mattina il crocifisso è ricomparso al proprio posto.

La professoressa Ersilia Conte, che al “Golgi” insegna Chimica, ha raccontato che “quella dei ragazzi è stata una bella sorpresa. Dove non è arrivata la scuola ci hanno pensato gli studenti, che evidentemente ne hanno parlato prima tra di loro decidendo di dare a tutti una bella testimonianza”.

Analoga vicenda al liceo scientifico “Fermi” di Salò (Brescia), dove dopo una votazione per decidere se mettere il crocifisso in aula i ragazzi di quinta hanno appesa la Croce sopra la cattedra.

Il professore di Lettere Marco Tarolli ha riferito: “Mi hanno detto che al crocifisso non sono disposti a rinunciare”.

A Imola, al liceo linguistico “Alessandro da Imola”, che partecipa a numerosi programmi di scambio con altri Paesi del continente, la studentessa Caterina Bassi, ha dichiarato: “Secondo me è una sentenza sbagliata perché l’Italia è cattolica. Se un ateo non crede non dovrebbe nemmeno provare fastidio. La cosa veramente assurda è proporre l’insegnamento della religione musulmana”.

La professoressa di Scienze, Carla Cardano, ha aggiunto: “La sentenza ignora la tradizione cristiana e la storia del nostro Paese. Mai avuto prima d’oggi problemi in classe”.

Sono forse questi alcuni frutti delle Giornate Mondiali della Gioventù, durante le quali la Croce è stata portata nei diversi continenti?

Qualsiasi sia l’origine, sta di fatto che l’ondata popolare in difesa del crocifisso non si placa.

Quasi in ogni giunta comunale, provinciale e regionale a livello nazionale, si è discusso sul se e come comportarsi di fronte alla sentenza della Corte di Strasburgo che ha chiesto la rimozione di tutti i crocifissi presenti nella aule scolastiche d’Italia.

Una riposta chiara l’ha data la Giunta regionale della Valle d’Aosta, che ha “invitato tutte le scuole di ogni ordine e grado a mantenere il crocifisso nelle aule”.

In un documento dell’Esecutivo valdostano – proposto dall’assessore all’istruzione, Laurent Vierin, d’intesa con il presidente della Regione, Augusto Rollandin – si legge che secondo la Giunta “l’applicazione di tale sentenza potrebbe costituire un pericoloso precedente in quanto innescherebbe una serie di ricorsi da parte di chiunque si dovesse sentire in qualche modo leso dall’esposizione di simboli religiosi, compresi tutto il patrimonio artistico italiano che direttamente o indirettamente fa riferimento alla religione cattolica”.

Nel documento si rileva inoltre che “tale esposizione non può e non deve essere considerata un atto offensivo nei confronti di alcuno e che, in particolare, il crocifisso rappresenta per la comunità valdostana un elemento religioso parte integrante della propria tradizione storica culturale”.

La Valle d’Aosta, in conclusione, sollecita il Governo italiano a ricorrere contro la sentenza della Corte di Strasburgo.

A Firenze, il presidente del consiglio provinciale Davide Ermini, a seguito della polemica relativa alla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che vieta di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche e, in generale, nei locali pubblici e negli uffici delle Pubbliche amministrazioni, ha acquistato un crocifisso e lo ha attaccato nel proprio ufficio di Palazzo Medici Riccardi.

In Toscana il presidente regionale dell’Unione delle Comunità Montane (Uncem), Oreste Giurlani, ha lanciato un appello a tutti i sindaci della regione a emettere un’ordinanza in difesa del crocifisso nelle scuole.

Giurlani, sindaco del comune di Fabbriche di Vallico (Lucca), ha firmato un’ordinanza con la quale ribadisce di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole del comune come “espressione dei fondamentali valori civili e culturali del popolo italiano”.

In Sardegna, a Carbonia, un gruppo di commercianti ha esposto un cartello in cui è scritto “Attenzione, in questo locale esponiamo il crocifisso”.

A Roma don Enzo Caruso, direttore per l’Italia del Movimento Mondo migliore, ha sottolineato che “nessuna corte ha il diritto di determinare le espressioni dell’identità culturale di un popolo” e ha definito la sentenza europea un “attacco a uno dei simboli più essenziali, che esprime l’anima stessa della civiltà italiana nonchè europea”.

Nel frattempo, i sondaggi continuano a confermare l’enorme sostegno di cui gode il crocifisso in Italia.

Una ricerca tra i telespettatori del programma “Domenica in” ha rilevato che il 96% degli interpellati vuole che il crocifisso rimanga nelle aule e nei luoghi pubblici perché “fa parte della nostra tradizione e identità culturale”.

Sembrerà paradossale, ma per ora il risultato della sentenza della Corte di Strasburgo è stato quello di far presente il crocifisso in tanti luoghi dove non c’era.

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ZENIT Staff

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