La scelta dei vescovi italiani di tenere ad Assisi la loro Assemblea Generale, fa pensare al “grande amore e alla venerazione che san Francesco nutriva per la Santa Madre Chiesa Gerarchica, e in particolare proprio per i sacerdoti”. Lo ha affermato papa Francesco nel suo messaggio inviato ai partecipanti all’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che si è aperta oggi.
Il Santo Padre ha quindi ricordato i tanti sacerdoti “attraverso i quali la maternità della Chiesa raggiunge l’intero popolo di Dio”, che “con la loro testimonianza hanno contribuito ad attrarci a una vita di consacrazione”, impegnati “tra la gente delle nostre parrocchie”, nell’educazione dei ragazzi, nell’accompagnamento delle famiglie, nelle visite dei malati a casa e all’ospedale, nel farsi carico dei poveri.
“Liberi dalle cose e da se stessi”, tali sacerdoti, “rammentano a tutti che abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta nella fraternità vissuta”, ha sottolineato il Papa.
“I sacerdoti santi – ha proseguito – sono peccatori perdonati e strumenti di perdono. La loro esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza; non sono rimasti turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti, perché sanno di essere nelle mani di Uno che non vien meno alle promesse e la cui Provvidenza fa sì che nulla possa mai separarli da tale appartenenza”.
Presbiteri di questo “spessore”, ha commentato Francesco, sono come “ponti” per l’incontro tra Dio e il mondo, “sentinelle capaci di lasciare intuire una ricchezza diversamente perduta”, forgiati dal “prezioso lavoro formativo del Seminario”.
Talora può accadere che “il tempo intiepidisca la generosa dedizione degli inizi e, allora, è vano cucire toppe nuove su un vestito vecchio: l’identità del presbitero, proprio perché viene dall’alto, esige da lui un cammino quotidiano di riappropriazione, a partire da ciò che ne ha fatto un ministro di Gesù Cristo”.
La formazione sacerdotale, infatti, è un “discepolato permanente, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui”, riguardando “integralmente la sua persona e il suo ministero”.
Il Santo Padre ha quindi ricordato che “non servono preti clericali, il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione”.
Soltanto il sacerdote che “tiene fisso lo sguardo in ciò che è davvero essenziale”, non smetterà di “fare dono di sé”; solo chi si conforma al “Buon Pastore”, può trovare “unità, pace e forza nell’obbedienza del servizio”; solo chi respira nell’“orizzonte della fraternità presbiterale”, può uscire dalla “contraffazione di una coscienza che si pretende epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni”.
In conclusione del suo messaggio, papa Francesco ha augurato ai vescovi italiani “giornate di ascolto e di confronto, che portino a tratteggiare nuovi itinerari di formazione permanente, capaci di coniugare la dimensione spirituale con quella culturale, la dimensione comunitaria con quella pastorale”.