Non dirlo al mio capo

La fiction evidenzia come nel mestiere di avvocato il riconoscere i valori umani in gioco in ogni causa che si sta affrontando, sia la soluzione più giusta

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Lisa Martinelli ha 35 anni ed è vedova con due figli: il piccolo Giuseppe e l’adolescente Mia. La sua situazione è drammatica: non ha i soldi per pagare il mutuo della casa e, pur essendo un avvocato, non ha ancora trovato un lavoro. Dopo alcuni tentativi falliti proprio a causa della sua condizione di madre con due figli a carico, viene presa infine come praticante presso lo studio Vinci perché si è dichiarata senza impegni familiari. L’avvocato Vinci, molto bravo nel suo mestiere, giovane e avvenente, pretende molto sul lavoro con modi bruschi e sbrigativi e le giornate di Lisa si presentano molto complicate…
Il tema che intende affrontare questa nuova fiction della Lux Vide, iniziata su Rai Uno dal 28 aprile 2016, è particolarmente attuale e interessante. Accanto alle difficoltà, per una donna madre, di conciliare lavoro e famiglia, si aggiunge quella di venir rifiutata nei colloqui di assunzione, anche se mai ufficialmente, proprio per la sua condizione.
Vanessa Incontrada, dopo il successo conquistato nella fiction Un’alta vita sempre su Rai Uno, nelle vesti di donna sola (il marito era in carcere), madre di tre figli, che si rifà una vita in un nuovo ambiente di lavoro, si ritrova perfettamente a suo agio nell’esprimere ora le sue difficoltà di vedova non più giovanissima che accetta di fare la praticante in uno studio legale dove non c’è orario né limiti su cosa bisogna fare per compiacere il capo (studiare una causa o portare la macchina a lavare).
Nello sviluppo della storia (fino a questo momento sono andate in onda quattro puntate) le tematiche sociali che erano sottese nell’incipit della fiction si stemperano in qualcosa di più privato, né Lisa sembra molto idonea a proporsi come eroina di riferimento, quanto piuttosto come di una donna, che momento dopo momento, cerca di fare quello che può.
Lisa non si dimostra molto in grado di conciliare le sue due mansioni: di fatto si concentra pienamente sul lavoro, arrivando quasi sempre fuori tempo massimo agli impegni familiari; una situazione che la costringe a vivere perenni sensi di colpa che finiscono per renderla troppo accondiscendente con i figli, soprattutto nei confronti della terribile adolescente Mia (poco comprensibile che perdoni alla figlia il fatto di non essere andata a prendere a scuola il fratello, costringendo il piccolo a tornare a casa da solo).
Anche sul lavoro i problemi appaiono ben altri che la discriminazione nei confronti di chi ha dei figli e finisce per prevalere la componente sessuale.
Gli studi di avvocato non ci fanno una bella figura in questa fiction e se Lisa viene confermata nel suo lavoro per l’interesse nascente che Vinci sta provando per lei (e Lisa non sembra volersi sottrarre all’ambiguità della situazione), se il braccio destro dello studio, Marta Castelli, conta di fare carriera grazie al rapporto intimo che mantiene con l’avvocato, Vinci e un altro avvocato , che per un momento sembrano contendersi le attenzioni di Lisa, ci tolgono ogni dubbio sulla considerazione che hanno nei confronti delle donne che lavorano nei loro studi: “questa è la “mia” praticante – sottolinea Vinci – e tu compratene un’altra”.
Il tono generale della fiction è gioioso e le componenti drammatiche restano contenute e rapidamente superate. E’ questa una caratteristica, una “filosofia di vita” di tante altre fiction Lux Vide che vogliono trasmettere un atteggiamento verso la realtà sostanzialmente positivo e costruttivo.
Se l’ottimismo scaturisce da una fiducia di fondo nelle virtù umane come è accaduto in Ho sposato uno sbirro, Un passo dal cielo e ora Non dirlo al mio capo, il riferimento diventa più diretto alla fede in un Dio provvidenziale in Don Matteo  o in Che Dio ci aiuti.
La struttura del racconto è quella di sempre per questo tipo di fiction: in ogni puntata viene aperto e chiuso un “caso” (in Non ditelo al mio capo si tratta di casi giudiziari) mentre lungo l’arco delle puntate si sviluppa la storia sentimentale dei protagonisti ma anche i comprimari hanno una colorita personalità e una loro storia che si sviluppa nel tempo.
Anche gli adolescenti sono ben rappresentati, con la tormentata storia fra Mia e Romeo su cui cala il gelo di una grave malattia (evidenti i riferimenti a Bianca come il latte, rossa come il sangue).
Il tono è globalmente brioso, a volte pazzerello, un approccio giusto per superare gli ostacoli, quando si presentano, evitando che il racconto si incupisca. A volte la sceneggiatura tradisce qualche passaggio letterario: “da quando siete nati siete la mia vita. Conosco ogni vostro neo, ogni vostro capriccio, ogni sorriso che avete fatto da quando vi ho partorito…” dice Lea a sua figlia Mia.
Alla fine emerge l’anima segreta della fiction: dare sempre priorità alla componente umana, anche negli impegni professionali e bisogna riconoscere che non solo Lisa, ma anche Enrico Vinci ha la capacità di sbloccare le situazioni non con l’interpretazione rigorosa delle leggi, ma comprendendo le intime motivazioni di chi è coinvolto nella causa che si sta trattando.
titolo originale: Non dirlo al mio capo
Paese: ITALIA
Anno: 2016
Regia: Giulio Manfredonia
Produzione: Lux Vide
Durata: 50 minuti, su Rai Uno a partire dal 28 aprile 2016
Interpreti: Vanessa Incontrada, Lino Guanciale, Giorgia Surina, Chiara Francini
Per ogni approfondimento http://www.familycinematv.it/

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Franco Olearo

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