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Non ci salvano belle parole

Meditazione della Parola di Dio di martedì 12 dicembre – Santa Lucia, Vergine e Martire, memoria

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Lettura
Il Vangelo di oggi si colloca ancora nella disputa con i capi. Dopo aver eluso con scaltrezza la domanda trabocchetto che gli avevano posto, Gesù racconta una parabola che è un chiaro messaggio: ci sono figli che si perdono in assicurazioni e attestazioni di fedeltà senza fare la volontà del padre, e ce ne sono altri ribelli e contestatori che segretamente sono obbedienti. Non ci salvano le parole, sembra voler dire Gesù a coloro che sanno parlare, perché Dio guarda il cuore, e il cuore penitente.
Meditazione
Le parole hanno il loro fascino e il loro potere ammaliante, ma non ci salveremo per aver detto “Signore, Signore”, bensì per l’adeguamento della nostra vita alla volontà di Dio. Sant’Ignazio, vescovo di Antiochia, nel primo secolo già lamentava che “molti hanno il nome del vescovo sempre sulle labbra” (poeti di corte), ma fanno poi di testa loro. A volte pensiamo che anche la fede si riduca a parole, a formule da recitare, novene e coroncine, processioni e feste patronali, ma non è così. Non basta usare formule forbite e affettate, quando il nostro vivere è lontano dal Vangelo. La parabola dei due figli parla chiaro, e chiunque abbia figli si è trovato a contatto con le due tipologie: il figlio che sa ammaliare con le parole, con ciance, con attestazioni di ubbidienza senza dare seguito nei fatti a ciò che dice, e quello scapestrato, ribelle, indisponente, sempre pronto a contestare, che però segretamente ama il padre e, alla fine, fa ciò che il padre desidera. La conclusione della parabola e l’applicazione che Gesù ne fa è inquietante: alla predicazione di Giovanni i pubblicani e le prostitute si sono avvicinati ed hanno creduto battendosi il petto, mentre i capi si sono limitati a “sentire” il messaggio senza darvi seguito nella vita. In quale dei due figli mi riconosco? Mi limito ad apparire o mi impegno ad essere? Meglio essere cristiani senza essere indicati come tali, che portare l’etichetta senza riscontri nella vita. Non saremo giudicati dalle parole, ma dai fatti: “Ho avuto fame e mi hai dato da mangiare, ho avuto sete e mi hai dato da bere…”. I pubblicani e le prostitute ci passano avanti, ci sorpassano sull’autostrada dell’amore perché, dopo aver perso tutto, anche la faccia, aderiscono a Gesù con immediatezza, mentre noi abbiamo ancora troppi titoli da difendere e troppi labari da onorare. Anche il presepe – che spero tu stia allestendo in casa – è affollato di poveri e derelitti che vanno verso la capanna, mentre i potenti restano chiusi nei loro palazzi.
Preghiera
“Un cuore affranto e umiliato tu, o Dio, non disprezzi”. Accetta, Signore, il mio cuore graffiato e a brandelli, e non guardare il mio vestito-maschera, che è come un sepolcro imbiancato. Aiutami a fare verità nella mia vita.
Agire
Stasera mi metto a pregare in pigiama, sentendo che Dio non mi giudica dal vestito.

***
Meditazione del giorno a cura di mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano-Calvi, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it
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ZENIT Staff

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