Corpus Christi procession

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Non c’è Pasqua senza la fede!

Commento al Vangelo della Domenica del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo 2015, Anno B

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Ecco la domanda che tutti, di fronte alla nostra vita, abbiamo nel cuore. Forse i più neanche lo sanno, seppellita com’è da altre ben più superficiali domande. Magari anche noi, ascoltando mille volte questo Vangelo e i suoi paralleli, l’abbiamo sfiorata sbadatamente. Ma quella che in questa Domenica del Corpus Domini la Chiesa pone a Gesù per bocca dei “suoi discepoli” è di una profondità impressionante: “Dove vuoi che andiamo a preparare perché “tu” possa mangiare la Pasqua?”.

La Chiesa dunque cerca sempre il luogo dove preparare la Pasqua “di” Gesù, perché senza di essa non può vivere, come affermavano i martiri di Bitinia. Nel 304 l’imperatore Diocleziano decretò che i cristiani non potevano tenere con sé la Bibbia, non potevano riunirsi la domenica per celebrare l’Eucaristia e nemmeno costruire dei luoghi per riunirsi. Ma la comunità di Abitene nell’attuale Tunisia, disobbedì e i suoi 49 fratelli furono scoperti in casa di Ottavio Felice mentre, di domenica, celebravano l’Eucaristia. Dopo essere stai arrestati comparirono davanti al Proconsole Anulino a Cartagine, e uno di loro di nome Emerito spiegò al Proconsole che non avevano obbedito all’Imperatore perché “Sine dominico non possumus”, ovvero che senza riunirsi la domenica in comunità per celebrare l’Eucarestia non potevano vivere da figli di Dio nelle prove che erano chiamati ad affrontare durante la settimana. Ebbene questi fratelli così realisti e umili furono martirizzati dopo aver subito torture atroci.

Comprendiamo allora la profondità della domanda dei discepoli: senza un “luogo” dove celebrare il sacrificio redentore di Cristo e passare con Lui dalla morte alla vita, senza un luogo dove sperimentare il suo perdono e ricevere gratuitamente la sua vita, la Chiesa non può compiere la sua missione. Per questo è disposta a versare il sangue pur di custodire il luogo dove rinascere e crescere nella speranza, nella fede e nella carità, nello zelo e nel coraggio per annunciare il Vangelo.

C’è dunque “una grande sala con i tappeti, già pronta” dove “preparare la Pasqua per noi”, dove Gesù come nuovo Mosè ha “eretto un altare ai piedi del monte con dodici stele per le dodici tribù di Israele”. Ecco perché non possiamo restarne senza! C’è la Croce, il suo altare, il letto d’amore dove ci unisce a Lui, ed è “già pronto” per noi.

C’è il “Didascalo”, il Maestro, che ci annuncia le parole dell’Alleanza con cui Dio si è legato a noi, e ce le insegna mostrandoci come siano immerse non più “nel sangue di capri e vitelli”, ma nel suo “sangue, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio” per “purificare la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente”.  Quella “sala” è dunque il luogo del perdono che cancella la malizia dal profondo del nostro cuore, perché ricolmo della vita di Cristo possiamo “servire” la volontà di Dio!

Per questo in quel luogo, “aspersi dal sangue” della “nuova ed eterna Alleanza” versato da “Gesù” suo “Mediatore”, noi che “siamo stati chiamati” nella sua Chiesa, possiamo “ricevere l’eredità eterna che ci è stata promessa”, la vita più forte della morte e del peccato.

Come non chiedere a Gesù “dov’è il luogo” dove Lui ci dona, compiuti nella sua Pasqua, “tutti i comandi” che Dio ha scritto nella sua Legge perché anche “noi possiamo eseguirli” nell’amore? Come non ascoltare oggi le sue parole per “entrare” anche noi “nel santuario” dove sperimentare le primizie della vita celeste, “attraverso la tenda più grande e perfetta non costruita da mano d’uomo”, attraverso cioè la sua carne?

Ascoltiamolo allora indicarci il cammino per giungere al luogo della sua Pasqua. Gesù non ci risponde dandoci un indirizzo, ma annuncia un fatto e invia due discepoli a viverlo: “andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo e là dove entrerà dite al padrone di casa: il Maestro dice; Dov’è la mia stanza perché vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Per conoscere il luogo la Chiesa e ciascuno di noi deve innanzi tutto obbedire a Gesù che invia “due discepoli”.

“Due”, come Adamo ed Eva, e per questo segno dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, “maschio e femmina”, e che nella diversità e nella complementarietà sono chiamati a diventare una cosa sola aperta alla fecondità; ma anche segno della frattura apertasi tra di loro in conseguenza del peccato con cui hanno disobbedito a Dio; “due discepoli”, come ogni matrimonio chiamato all’amore e così spesso ferito dalla concupiscenza e dall’egoismo; “due”, come gli apostoli inviati in missione a far presente sulla terra il potere del Vangelo che risana ogni divisione; “due”, come Pietro e Giovanni che corrono verso la tomba per vedere, credere e testimoniare la resurrezione di Gesù. “Due”, per significare che l’obbedienza alle parole di Gesù passa sempre per un “io” chiamato a trascendersi in un “tu”. “Due”, come Cristo e la sua Sposa, come ciascuno di noi e il nostro Sposo.

“Due”, per dire ciascuno di noi che siamo stati creati come persone aperte e destinate alla comunione, e non come dei lupi solitari gettati nel mondo; “due” per dire che per compiere la nostra vita nell’amore dobbiamo obbedire alla parola di Gesù che ci invia nella “città”, cioè nelle vie che definiscono le circostanze della nostra storia concreta dove “ci verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua”.

Ecco il segno! L’acqua della vita, il battesimo, e un uomo che ne attinge per noi, immagine dei pastori e dei catechisti che, nella Chiesa primitiva, guidavano i catecumeni nel cammino verso il sacramento della rigenerazione.

Fratelli, non c’è Pasqua senza la fede! Perché non si scherza, “chi mangia dubitando si condanna”… Non si può celebrare la Pasqua di Cristo senza aver scoperto il luogo dove immergere il nostro uomo vecchio. E non lo si può scoprire senza un serio cammino di fede, una iniziazione cristiana che ci accompagni, anche se già battezzati, a riscoprire il potere di Cristo risorto nelle acque che ci fanno rinascere a vita nuova.

Non potremo celebrare in pienezza la Solennità del Corpus Domini senza aver obbedito al Signore e “seguito” quell’ “uomo che ci viene incontro”, i missionari che cercano ciascuno di noi per accompagnarci al “luogo” dove Gesù realizza il “culmine e la fonte” di ogni liturgia e della vita cristiana.

Coraggio allora, “andiamo” ed “entriamo in Città” per “trovare” la comunità. Ecco dunque il “luogo”, la nostra comunità cristiana! In essa potremo ascoltare la Parola e ricevere il “corpo” e il “sangue” di Cristo perché si dia in noi lo stesso Mistero: divenire cioè il suo “corpo” e il suo “sangue” offerto per tutti nei luoghi che la storia ci preparerà.

Amiamo la nostra comunità e cresciamo in essa nella fede e nell’amore, nella certezza che Gesù in essa che è la primizia del Regno di Dio, verrà sempre a “bere il nuovo frutto della vite” con noi, la vita eterna che inizia già qui e si compirà in Cielo.

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Antonello Iapicca

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