Non c'è pace per i cristiani iracheni

Tre chiese colpite in meno di due settimane

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ROMA, venerdì, 19 agosto 2011 (ZENIT.org).- I cristiani iracheni non hanno pace, e in due settimane le loro chiese sono state l’obiettivo di ben tre attacchi, l’ultimo dei quali è avvenuto il 15 agosto, festa dell’Assunzione.

In questa occasione, padre Gewargis Elias, di Kirkuk, è riuscito a salvarsi dopo che lo staff di sicurezza aveva individuato un veicolo che trasportava apparecchiature sospette e gli ha ordinato di abbandonare la sua chiesa siro-ortodossa di Sant’Efrem pochi minuti prima di una forte esplosione.

Riferendo l’accaduto, l’Arcivescovo Louis Sako di Kirkuk ha detto all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS): “Oggi hanno attaccato la chiesa. Chi lo sa se domani attaccheranno il clero o il popolo?”.

Prima di quella di Sant’Efrem, altre due chiese di Kirkuk erano state colpite in questo mese. Il 2 agosto, infatti, sempre di mattina presto, delle autobombe erano esplose davanti alla chiesa siro-cattolica della Sacra Famiglia e alla vicina chiesa evangelica.

Più di 20 persone che si trovavano vicino alla chiesa della Sacra Famiglia sono rimaste ferite, per la maggior parte in modo non grave.

L’attentato alla chiesa di Sant’Efrem è stato invece più violento, e ha provocato una grande voragine nella parete principale. Lo stesso Arcivescovo Sako è stato svegliato dall’esplosione, avvenuta a meno di un chilometro dalla sua residenza, le cui finestre sono andate in frantumi.

Il presule ha visitato la chiesa di Sant’Efrem dicendo che è evidente che l’attentato è stato pianificato accuratamente. Nessuno ha rivendicato l’accaduto.

“Non c’è giustificazione per attacchi come questo”, ha dichiarato l’Arcivescovo. “Noi cristiani non abbiamo un ruolo in politica. Non causiamo problemi. Tutto ciò accade solo perché siamo cristiani. Forse i responsabili dell’accaduto vogliono svuotare la città dai cristiani”.

“Per favore, pregate per noi. Pregate per la pace e la stabilità. Abbiamo paura”, ha confessato.

Il governatore locale ha promesso al presule che il Governo fornirà guardie per le chiese e finanziamenti per riparare i danni, ma per monsignor Sako queste misure danno poca tranquillità a lungo termine.

Dal canto suo, l’Arcivescovo siro-cattolico Yohanna Petros Mouche di Kirkuk ha esortato i politici a garantire maggiore protezione ai cristiani.

A suo avviso, l’attacco alla chiesa della Sacra Famiglia è stato possibile solo a causa delle inadeguate condizioni di sicurezza nella provincia.

“Il Governo locale è debole e incapace di assicurare sicurezza e stabilità nella regione”, ha detto ad ACS, aggiungendo che la responsabilità è dei politici, più preoccupati del loro status che dei problemi dei cittadini.

Ad ogni modo, ha sottolineato che gli attentati non toglieranno la speranza alla comunità cristiana.

“Spero che tutto ciò che sta accadendo in Iraq oggi servirà solo a consolidare la fermezza della fede dei nostri cristiani e la loro solidarietà reciproca”, ha indicato. “Non importa quanto grande possa essere il male, non può scuotere cuori fedeli. Le anime coraggiose restano salde”.

Circa chi ha posizionato gli ordigni, l’Arcivescovo Mouche ha affermato che “forse aveva un passaporto iracheno, ma sicuramente non lo è nel cuore, perché un vero iracheno non strazia la carne del proprio fratello”.

Una decisa condanna degli attacchi è giunta anche dal Vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, monsignor Shlemon Warduni, che ha comunque ribadito la propria speranza nel futuro e ha chiesto preghiere per il suo Paese.

“Chiedo a chiunque di pregare per la pace e la sicurezza e di illuminare i Governi affinché facciano qualcosa di buono per l’Iraq e il Medio Oriente”.

“Per noi cristiani la forza è nel Signore”, “ma in questa situazione i fedeli possono perdere la speranza”, ha confessato. “Ma noi diciamo loro che dobbiamo aver fiducia in Dio, che dice ‘Non temete, io sono con voi’”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione