"Noi Padri Sinodali faremo proposte e il Papa poi ci orienterà"

Intervista a monsignor Hector Aguer, arcivescovo de La Plata, in Argentina

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di H. Sergio Mora

ROMA, sabato, 6 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Inizia domani in Vaticano il Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede. La grande Assemblea verrà inaugurata domani con una messa solenne in San Pietro, a cui parteciperanno centinaia di persone, tra cardinali, vescovi, sacerdoti ed esperti.

Tra questi c’è anche Hector Aguer, Arcivescovo della città argentina di La Plata, nominato dal Santo Padre come uno dei Padri Sinodali. Intervistato da ZENIT, mons. Aguer che ha sottolineato l’importanza della “trasmissione della fede” tra le diverse generazioni come punto centrale per la Nuova Evangelizzazione, attraverso la testimonianza dei cristiani, in modo da recuperare la moltitudine dei battezzati che ormai si sono allontanati ad una vita piena di fede.

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Eccellenza, cosa si aspetta da questo Sinodo?

Mons. Aguer: Il Sinodo è stata convocato appunto per discutere la Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede. Spero che questi due elementi non vengano dissociati.

Come nasce il concetto di Nuova Evangelizzazione?

Mons. Aguer: Il concetto di Nuova Rvangelizzazione ha subito una trasformazione. Lo utilizzò per la prima volta nel 1983 il Beato Giovanni Paolo II riferendosi all’evangelizzazione che la Chiesa avrebbe dovuto assumere come prospettiva per i prossimi 500 anni. In seguito è stato applicato alla situazione dei paesi con una vecchia tradizione cattolica, in cui è venuta meno la fede, per vari motivi, in particolare per l’assalto del secolarismo.

Con che s’identifica la Nuova Evangelizzazione?

Mons. Aguer: Con il rinnovamento profondo e permanente della pastorale ordinaria della Chiesa. L’obiettivo è sempre di trasmettere la fede, a volte anche in circostanze difficili.

Tra la Nuova Evangelizzazione e quella precedente, quali differenze ci sono?

Mons. Aguer: Solitamente faccio un confronto tra il nostro tempo e i primi secoli della diffusione del cristianesimo. A quel tempo il cristianesimo ha sfondato nel bel mezzo di una cultura pagana in declino e ha portato qualcosa di nuovo. Oggi il contesto sarebbe quello di paganesimo post-cristiano, quindi bisogna intervenire nei paesi in cui la cultura e la fede cristiana vengono minacciate e bisogna presentare nuovamente la novità permanente di Gesù Cristo e del suo messaggio.

E quale sarebbe la novità per l’uomo pagano post-cristiano?

Mons. Aguer: Ci sono particolari difficoltà, perché in questa grande esplicazione della modernità l’uomo è arrivato a sentirsi sempre più fiero di se stesso. Si trova nudo in un deserto, perché ha perso il senso della sua origine e della sua fine. Bisogna perciò ridare un senso alla sua esistenza, portandogli necessariamente la novità eterna di Cristo risorto.

Come comunicare allora questa “novità permanente”?

Mons. Aguer: Ogni generazione deve trasmettere la fede cristiana, che è l’opera principale della Chiesa. La Chiesa – come disse Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi – deve vivere il Vangelo. Ciascuno dei suoi membri dovrebbe sentire come una missione personale il trasmettere la fede, in famiglia, negli ambienti diversi di presenza ecclesiale, nei settori oggi più distanti o refrattari. Sono fermamente convinto che bisogna rimarcare l’importanza della trasmissione della fede.

Di generazione in generazione, sembra che la fede tenda a perdersi…

Mons. Aguer: Non credo all’implementazione di questo schema. Nella Chiesa c’è stato un rinascimento della cultura cristiana, della teologia, delle missioni. Anche questo stesso Sinodo è una grande opportunità.

Da dove riprendere?

Mons. Aguer: Per la vita della Chiesa, dalle comunità cristiane. Queste comunità hanno vissuto intensamente lo spirito del Signore e quindi la diffusione del cristianesimo è stata naturale per loro. È questo il modo di recuperare la vita piena nella fede e l’appartenenza ecclesiale per la moltitudine dei battezzati: vivere come le comunità cristiane.

È necessario, quindi, creare un nuovo contesto culturale per sentire la presenza di Dio?

Mons. Aguer: I segni della presenza di Dio, si esprimono naturalmente nella vita della Chiesa, nella liturgia e nelle manifestazioni culturali della fede. Il Papa ha insistito molto sulla bellezza, che per molti può essere una via per l’incontro con Cristo, ma soprattutto sulla testimonianza dei cristiani e la vita santa dei fedeli. Ricordiamo che i pagani sono stati colpiti dalle prime comunità cristiane proprio per l’amore fraterno tra i fedeli appartenenti.

È sufficiente l’emozione religiosa?

Aguer Vescovo: No, noi dobbiamo insistere proprio sul fatto che la fede non è solo un sentimento soggettivo o una vaga aspirazione religiosa, ma è l’incontro con Gesù Cristo e la piena adesione a Lui. Nella lettera <em>Porta Fidei, il Papa parla dei contenuti della fede e del Catechismo della Chiesa Cattolica, quali strumenti a nostra disposizione per diffondere la fede.

Lei ha accennato prima ad una pastorale ordinaria della Chiesa.

Mons. Aguer: L’Instrumentum Laboris del Sinodo si riferisce alla parrocchia come centro della nuova evangelizzazione, concepita quindi non come un luogo vissuto da persone in cerca di servizi religiosi, ma come centro integrante dell’evangelizzazione. Ciò presuppone un duro lavoro per pastori che devono fornire fedeli opportunità complete di formazione, incorporando la missione apostolica e caritativa.

Cosa propongono i Padri sinodali?

Mons. Aguer: Il Sinodo non è un Concilio, nè un’assemblea deliberativa; il suo scopo è di presentare al Santo Padre una serie di proposte con le quali egli orienterà la Chiesa attraverso un’esortazione post-sinodale.

C’è un’altra parte importante che è quella della preghiera….

Mons. Aguer: Come ogni assemblea ecclesiale, se non ci fosse la preghiera non si potrebbe considerare tale. Si tratta ovviamente di invocare lo Spirito Santo ed essere aperti alla Sua influenza. Sarebbe un paradosso se stessimo insieme come esperti che studiano un argomento.

Potrebbe sembrare curioso che l’iniziativa della Nuova Evangelizzazione parta da un Papa teologo?

Mons. Aguer: Al di là del suo lavoro teologico, e rispetto a tutti gli incarichi che la Chiesa suppone, credo sia ammirevole il lavoro del Santo Padre nell’approfondire ulteriormente il mistero di Cristo. Si nota dalle sue omelie, in cui si rivolge ai fedeli con una grande semplicità. È assurdo pensare che il Papa sia solo un teologo che parla a pochi. Anzi, il fatto che egli sia un teologo garantisce che ogni sua convinzione sia fortemente illuminata e di continua ispirazione per rinnovare le verità di fede.

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ZENIT Staff

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