No alla droga, "flagello con radici profonde"

Francesco durante l’udienza generale ribadisce l’opposizione alla droga, dando eco all’impegno dei vescovi argentini contro una “tragedia che distrugge le famiglie” in espansione in America Latina

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L’opposizione ad ogni forma di droga è un punto fermo su cui la Chiesa non transige. È un concetto risuonato anche nelle scorse ore, dapprima nelle parole di mons. José María Arancedo, arcivescovo di Santa Fe, in Argentina, e poi in quelle del suo connazionale più famoso, papa Francesco, al termine dell’udienza generale di stamattina.

Il Vescovo di Roma ha salutato i familiari dei ragazzi della Comunità di San Patrignano presenti in piazza San Pietro, “ai quali – ha detto – mi unisco nel dire no ad ogni tipo di droga”. Il Santo Padre ha poi proseguito: “E questo forse farà bene dirlo a tutti. Semplicemente: no ad ogni tipo di droga! Forte!”.

L’energico appello di papa Francesco è sembrato l’eco di quanto, lo scorso 5 maggio, in apertura alla 107ma Assemblea Plenaria dei Vescovi della Conferenza Episcopale Argentina, ha affermato il presidente della Cea, mons. José María Arancedo.

Il presule ha annunciato che, svolgendosi l’Assemblea nel mese mariano di maggio, lo slogan dell’evento è un’invocazione alla Vergine: “Madre, aiutaci a costruire una società in pace, senza droga né violenza”.

Ricordando quindi che la fede ha una dimensione sociale, mons. Arancedo ha spiegato: “Non possiamo abituarci a convivere con il delitto della droga e con la violenza, e, peggio, ad essere indifferenti. La Madonna di Guadalupe ci obbliga ad impegnarci a costruire una società più solidale e a continuare a seguire il suo esempio: un impegno missionario per tutta la Chiesa latinoamericana”.

Per questo, nel corso dei lavori, si è parlato “con preoccupazione della realtà della droga, dei suoi aspetti di violenza e insicurezza, di affarismo e di morte”. L’arcivescovo ha definito questo fenomeno “un flagello con radici profonde”. La carenza sociale e affettiva, ha osservato, rende molti giovani “facile preda di una società che non ha limiti nella sua ansia di guadagno”.

Già lo scorso anno, l’Assemblea dei Vescovi aveva chiesto al governo argentino di dare priorità al grave problema sociale della droga, definita una “tragedia che distrugge le famiglie”.

Il flagello del traffico di stupefacenti in Argentina registra un allarmante aumento, il cui effetto devastante sono i 180mila tossicodipendenti della cosiddetta “droga dei poveri”, ossia il Paco (Pasta base di cocaina). Acquistabile per pochi pesos, attualmente il Paco rappresenta la terza dipendenza del Paese, dopo alcol e farmaci. E non solo. Il 10% della popolazione tra i 15 e i 64 anni, secondo la Pastorale Nazionale Cattolica per le tossicodipendenze, consuma abitualmente droga, mentre il 30% degli adolescenti che frequentano gli ultimi anni delle scuole medie, fa uso di marijuana.

Poche settimane fa, il vescovo della diocesi di Quilmes, mons. Carlos José Tissera, ha ribadito l’appello alle autorità affinché si impegnino maggiormente per contrastare la diffusione della droga.

“Nei quartieri della nostra diocesi – ha detto mons. Tissera – è visibile, con allarmante impunità, il commercio della morte. Questo problema deve essere affrontato da tutta la società: forze politiche, organizzazioni sociali e chiese. Ma è allo Stato che ci rivolgiamo per chiedere di raddoppiare gli sforzi”. Secondo il presule questa piaga “è il risultato inevitabile del capitalismo sfrenato e del consumismo, dell’emarginazione sociale e della tossicodipendenza”. Tale stato di cose “colpisce i nostri fratelli a tutti i livelli della società, ma arreca il male maggiore, e con crudeltà, ai più vulnerabili, ai poveri, ai giovani e ai bambini”.

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Federico Cenci

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