No ad una guerra fatta per vendere armi. Sì alla guerra contro il male

Nell’Angelus, il Papa esorta a proseguire nella preghiera per la pace e a combattere contro l’odio fratricida, la proliferazione delle armi e il loro commercio illegale

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Ieri, centomila fedeli erano riuniti in piazza San Pietro per pregare per la pace nel mondo, centomila candele riflettevano la loro luce sul maestoso cupolone e sul colonnato del Bernini, centomila cuori intanto vibravano all’unisono al grido di Papa Francesco: “Non più la guerra! Non più la guerra!”. Dodici ore dopo lo scenario è differente: i fedeli sono numerosi, parecchi sono quelli del giorno prima, ma sicuramente un po’ meno di centomila. È giorno e non ci sono candele ad illuminare, ma solo i raggi del sole battente. Eppure l’emozione che pervade la piazza è la stessa.

Non sono giorni normali questi, sono giorni in cui si rischia una guerra mondiale, in cui per un sì o un no di alcuni si può porre fine alla vita di migliaia di essere umani e trascinare la Terra in una spirale di violenza. L’unica cosa da fare è affidarsi allora a quel Dio che ha creato un “mondo di armonia e di pace” e che disprezza la guerra, di cui Papa Francesco si è reso ormai portavoce, continuando ad incoraggiare ogni abitante del pianeta a percorrere “strade diverse” da quelle che parlano un “linguaggio della morte”.

Anche oggi, prima di introdurre la preghiera mariana dell’Angelus, il Santo Padre è tornato a parlare di pace, “in questo momento che stiamo fortemente pregando” per essa, e a denunciare il male esortando a “dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve, alla violenza in tutte le sue forme, alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale”.

Dalla finestra del Palazzo Apostolico, il Papa ha sollevato un dubbio straziante: “Questa guerra di là, questa di là, perché dappertutto ci sono guerre, è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale?”. 

Ormai è tempo di dire “no” ai conflitti, all’odio, alle violenze verso i fratelli. Tutti questi, ha affermato il Santo Padre, “sono nemici da combattere uniti e con coerenza”. Ma per pronunciare veramente questo “no” è necessario che ognuno di noi prenda “la decisione forte e coraggiosa di rinunciare al male e alle sue seduzioni e di scegliere il bene, pronti a pagare di persona”.

“A che serve fare guerre, tante guerre, se tu non sei capace di fare questa guerra profonda contro il male?” interroga il Pontefice, “non serve a niente!”. C’è quindi un’altra guerra, “più profonda” perché interna, a cui tutti siamo chiamati a combattere. Una guerra però ‘positiva’ perché l’obiettivo è la vera vittoria: “seguire Cristo” e “prendere la propria croce”.

Per essere discepoli di Gesù, ci sono tuttavia delle “condizioni”, sottolinea il Papa. Cristo stesso le ha spiegate nel Vangelo di oggi: “Non anteporre nulla all’amore per Lui, portare la propria croce e seguirlo”. Molta gente infatti vuole “entrare tra i seguaci” di Gesù, ma Lui “non vuole illudere nessuno” – afferma Francesco – perché “sa bene qual è la via che il Padre gli chiede di percorrere: è la via della croce, del sacrificio di se stesso per il perdono dei nostri peccati”.

“Seguire Gesù – ha rimarcato Bergoglio – non significa partecipare a un corteo trionfale!”, ma significa “condividere il suo amore misericordioso, entrare nella sua grande opera di misericordia per ogni uomo e per tutti gli uomini”. Il discepolo di Gesù, infatti, “rinuncia a tutti i beni perché ha trovato in Lui il Bene più grande, nel quale ogni altro bene riceve il suo pieno valore e significato”. Anche “i legami familiari, le altre relazioni, il lavoro, i beni culturali ed economici” passano in secondo piano di fronte alla “logica del Vangelo, dell’amore e del servizio”.

Il Papa si appella quindi alle coscienze di “cristiani, non cristiani, uomini e donne di buona volontà”, perché possano realmente recidere dal loro cuore  ogni tentazione di male vadano avanti “non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune”. Ringrazia poi tutti coloro che ieri sera hanno vissuto le quattro ore della Veglia. “L’impegno continua: andiamo avanti con la preghiera e con opere di pace!” ha detto loro il Papa, aggiungendo con vigore: “Vi invito a continuare a pregare perché cessi subito la violenza e la devastazione in Siria e si lavori con rinnovato impegno per una giusta soluzione al conflitto fratricida”. 

In conclusione, il Pontefice ha ricordato la ricorrenza odierna della Natività della Vergine Maria, una “festa particolarmente cara alle Chiese Orientali”. “Gesù è il sole, Maria è l’aurora che preannuncia il suo sorgere” afferma, invocando la sua intercessione di “Regina della Pace”.

Ai saluti, l’abbraccio del Successore di Pietro si è esteso a tutto il Medio Oriente. Il Santo Padre prega per ognuno di loro. Per il Libano, “perché trovi la desiderata stabilità e continui ad essere modello di convivenza”. Per l’Iraq, “perché la violenza settaria lasci il passo alla riconciliazione”. Per Israele e Palestina, perché il loro processo di pace, “progredisca con decisione e coraggio”. Per l’Egitto, “affinché tutti gli Egiziani, musulmani e cristiani, si impegnino a costruire insieme la società per il bene dell’intera popolazione”.

“La ricerca della pace è lunga, e richiede pazienza e perseveranza. Andiamo avanti con la preghiera” ribadisce Bergoglio. Prima di congedarsi con il solito “buona domenica e buon pranzo”, il Papa rivolge un pensiero alla Beatificazione, avvenuta ieri a Rovigo, di Maria Bolognesi, una “testimone del Vangelo”, afferma, che “spese tutta la sua vita al servizio degli altri, specialmente poveri e malati, sopportando grandi sofferenze in profonda unione con la passione di Cristo”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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