Niger: l'opera delle Serve di Cristo tra povertà, spose bambine e fondamentalismo

Suor Marie Catherine Perseverance Kingbo, fondatrice della prima congregazione religiosa del Niger, racconta ad ACS la sua esperienza in un paese a maggioranza islamica

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«Ho ascoltato la chiamata di Dio ed ho lasciato tutto per servire i poveri». Così risponde suor Marie Catherine Perseverance Kingbo, fondatrice della prima congregazione religiosa del Niger, a chi le chiede perché una suora cattolica abbia scelto di vivere in un paese a maggioranza islamica.

Recentemente in visita nell’ufficio internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre – che da anni sostiene la comunità da lei fondata, la Fraternità delle Serve di Cristo – la religiosa senegalese racconta la sua storia iniziata con l’ingresso in una delle prime congregazioni africane, quella della Figlie del Sacro Cuore di Maria. «Qualche anno più tardi il vescovo di Maradi, nel Niger meridionale, ha chiesto il mio aiuto per questa giovane diocesi. Ho immediatamente capito che quella era la mia strada».

Nata nel 2006, la Fraternità comprende ora venti religiose provenienti da diverse nazioni africane che si prendono cura di ben centoventi villaggi. Il Niger è uno degli stati più poveri al mondo e la malnutrizione infantile è molto diffusa. «Il martedì e il giovedì – racconta suor Marie Catherine – almeno 600 mamme si rivolgono a noi perché non hanno cibo da dare ai propri figli. Ogni anno sfamiamo circa 23mila persone».

La carenza di cibo non è l’unica difficoltà che le suore devono affrontare. Il Niger è una nazione a netta maggioranza islamica – oltre il 92% dei nigerini sono musulmani – in cui operano diversi gruppi fondamentalisti legati ad al Qaeda e Boko Haram,  e la regione in cui si trova Maradi è tra le più critiche. I cristiani rappresentano appena lo 0,4% della popolazione ed è praticamente impossibile convertirsi. Abbandonare la fede islamica comporta l’essere ripudiati dalla propria famiglia e dalla comunità d’appartenenza. Nonostante il delicato contesto, le religiose sono riuscite in pochi anni a guadagnarsi la fiducia sia della popolazione locale che di molti imam. «Nei villaggi tutti riconoscono il valore del nostro lavoro – spiega suor Marie Catherine – È nelle città che incontriamo maggiori ostilità». 

I programmi educativi delle Serve di Cristo – sostenuti da Aiuto alla Chiesa che Soffre – sono molto apprezzati e in sempre più villaggi si auspica l’apertura di una scuola gestita dalle religiose. «L’istruzione è fondamentale in queste zone, soprattutto per contrastare alcuni costumi locali, come l’usanza di dare in sposa bimbe di appena dieci anni». Una piaga, quella delle spose bambine, che in Niger è alimentata dall’estremo livello di povertà. Circa il 77% delle nigerine contrae matrimonio in tenerissima età. Suor Marie Catherine e le sue consorelle informano le famiglie delle drammatiche conseguenze, sia fisiche che psicologiche, di una tale decisione. Combattere costumi tanto radicati non è semplice – specie per delle suore cattoliche in un ambiente fortemente islamico – ma le religiose hanno ottenuto notevoli risultati grazie ai buoni rapporti istaurati con gli anziani di ogni villaggio. «La mentalità dei nigerini inizia finalmente a cambiare e ora sono gli stessi genitori a chiederci di aiutare le loro figlie».

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ZENIT Staff

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