Nichols: "Aiutiamo i profughi di Erbil a superare il loro trauma"

Al rientro dalla sua missione tra gli sfollati del Kurdistan, il cardinale di Westminster definisce il loro possibile ritorno a casa “una questione complicata”

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A una settimana dalla conclusione della visita del cardinale Filoni in Iraq, un altro eminente porporato si è recato nel paese, per la precisione in Kurdistan, dove si concentrano un gran numero di profughi cristiani.

Giunto sabato scorso ad Erbil, il cardinale arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols, ha monitorato la presenza della Chiesa sul luogo dell’emergenza, in particolare il lavoro svolto dai “donatori del Kurdistan e di Baghdad per dare a queste persone una stabilità almeno temporanea”, ha spiegato il porporato ai microfoni di Radio Vaticana.

L’aiuto ai 120mila profughi di quest’area andrà dato “in modo tale da non ferire la dignità delle persone sfollate”, le quali non dovranno diventare “dipendenti” da aiuti esterni ma andranno, piuttosto, accompagnate nel superamento delle “esperienze traumatiche” vissute. “È necessario incoraggiarli ad assumere nuove responsabilità e riprendere a programmare il futuro”, ha aggiunto Nichols.

La questione dell’eventuale ritorno a casa dei profughi è, secondo l’arcivescovo di Westminster, “una questione molto complicata”, anche perché molti di loro “vengono dai villaggi della Piana di Ninive che prima di tutto deve essere liberata dal controllo dell’Is”. Quanto a Mosul e ai villaggi limitrofi, la situazione è compromessa dalla presenza di “mine antiuomo”.

È necessario, ha aggiunto Nichols, “istituire quegli elementi che rendono una società ‘stabile’, come riportare uno stato di diritto e un modello di giustizia in cui la gente può avere fiducia”. Altro obiettivo primario è restaurare la “coesione sociale”.

Il superamento dei traumi subiti è “un’opera lunga” ma il cardinale ha detto di aver parlato con gente “determinata e speranzosa” nel credere che, “con il tempo, questi risultati possano essere raggiunti”.

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ZENIT Staff

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